XIII

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ti amo ma mi rendi triste

Le settimane passavano.

Come si erano ripromessi, quel bacio non c'era mai stato. Non c'era nulla di più nel loro rapporto ed era stato un gesto azzardato, un bacio dato perché fuori di testa ed in crisi. Era solo un bacio a stampo, non voleva dire nulla.

Però per Minho voleva dire qualcosa.
Minho aveva provato qualcosa.
Minho provava amore ma lo nascondeva come se fosse un sentimento negativo.

Jisung gli pareva disperato. Si era messo in testa, forse per un minuto, di fare la parte del forte. Ci ha perso lui, uno come me non lo ritrova, è stato meglio così, non ho perso nulla. Ma quelle frasi erano solo ridicole constatazioni, perché entrambi sapevano che Jisung, per quanto volesse nasconderlo, ancora pensava di riavere il suo amore indietro. Ancora aspettava un ritorno, e più di aspettarlo ne faceva richiesta ogni giorno. Cosa che, cavolo, faceva imbestialire Minho. Jisung non era uno che si meritava di fare il sottone e il disperato per un rimbambito. E soprattutto non per l'ex di entrambi!

A quel proposito, Minho era combattuto. Non aveva più molto da cui proteggerlo, ormai, e non avrebbe più fatto differenza. Magari se glielo avesse detto si sarebbe perfino arrabbiato perché non gli era stato riferito prima. Però era comunque una cosa che avrebbe dovuto sapere.

Quindi, come al solito, Minho era andato a confidarsi con Felix. E per quanto il biondo fosse bravo a dare consigli, quella situazione era forse il doppio, forse il triplo più grande di loro. Perché era tutta una questione di punti di vista alla fine: Jisung avrebbe potuto capire o avrebbe potuto non capire, dipendeva tutto da quello. Ma di certo Minho e Felix non potevano predirre il futuro. Minho avrebbe preferito chiudere la bocca e scappare da tutti i problemi che non erano imminenti, Felix preferiva affrontarli. Minho diceva di non dirlo, che tanto ormai bisognava aspettare che Jisung ci passasse sopra e poi sarebbe stata questione chiusa, no? No. Felix diceva no, perché poi tutti i nodi vengono al pettine. Felix odiava nascondere le cose perché pensava che sarebbero venute a galla da sole e in maniera molto, molto più dolorosa.
Alle conseguenze aveva sempre una soluzione.

"E se Jisung si arrabbia perché non gliel'ho detto prima?"

"Gli spieghi com'era la situazione."

"E se non sono in grado di farlo?"

"Lo farò io."

In fondo, alla fine lo aveva convinto.

Minho guardava il telefono che gli scivolava dalle mani sudate. Si mordicchiava il labbro e fare respiri regolari gli sembrava un po' più difficile del solito.

Guardava l'altro. Incollato a quel cellulare, al solito. E chissà mai cosa stava facendo, mhm?

Minho lo chiamò. Di nuovo. Di nuovo. Non si staccava da quel maledetto cellulare, sembrava che tutti i suoi cinque sensi fossero concentrati al massimo e collegati alle onde del telefono al punto che erano incapaci di svolgere altre attività. Il corvino lo guardò e poi gli prese il telefono di mano.

"Ehi! Ridammelo! Non leggere, fatti i fatti tuoi! Dai Minho!" piagnucolava l'altro, la mano che cercava di raggiungere lo scaffale su cui l'aveva posato l'altro, dopo aver letto. Se Jisung fosse stato alto quattro cm in più, quanto Minho, ci sarebbe arrivato. Che peccato però, non ci arrivava.

"No. Apparte che ci sei sempre incollato, sembrerò tua madre ma a questo punto ti brucerai i neuroni. Ci sono un sacco di cose che puoi fare quando torni da lavoro, che hai anche la fortuna che torni presto." lo sgridò, per poi sospirare e roteare gli occhi.

"E per la cronaca, se scrivi a Suwon è ancora peggio. Non ti meriti di fare il disperato per quello, Jisung. E ti devo dire una cosa, e non mi stai a sentire se hai quello incollato agli occhi. È come se i cinque sensi ti si scolleghino dal cervello ogni volta che guardi il cellulare."

la luce -minsung Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora