Miss americana & The Heartbreak Prince

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'Cause nobody's gonna win, just thought you should know
And I'll never let you go 'cause I know this is a fight
That someday we're gonna win

L'ora di matematica porta con sé solo una cosa: la guerra fredda tra me e José.

Siamo come la Russia e gli Stati Uniti nel dopoguerra e la cosa mi piace da morire perché so che ho le capacità di batterlo anche nel suo habitat, questa scuola.

Il professore, dalla sua tribuna VIP che dà direttamente sul nostro scontro, però non fa altro che spargere benzina su questo conflitto.

Al momento io e il figlio di Satana siamo fuori dalla classe per una delle nostre sfide matematiche: abbiamo entrambi un cervello così pieno di materia grigia, peccato che questa risorsa nel suo cranio venga malamente sprecata.

"Cosa mettiamo in palio oggi?" chiede lui passandosi la lingua sul labbro inferiore. Sta già pregustando la vittoria, lo stronzo.

Il problema di questa sua domanda? L'unica cosa alla quale teniamo entrambi è la gloria e l'avere il massimo a scuola. "So che i professori sono indecisi tra noi due per il candidato a fare il discorso alla fine corso avanzato."

"E allora? Ci batteremo anche per quello..."

"Il perdente dovrà proporre l'altro come candidato. Senza farli decidere in base alle loro osservazioni." La mia risposta resta sospesa nell'aria finché lui non alza gli angoli della bocca formando un arco quasi impercettibile.

"Accetto"

Non ci stringiamo la mano, non lo facciamo mai, nemmeno ci tocchiamo quando mettiamo le regole alle nostre sfide. La cosa va avanti da ormai una settimana e le vittorie si alternano per lo più. Ma ogni volta che sono io a vincere sento che la sua rabbia mi rende quasi euforica: farlo arrabbiare è diventato ufficialmente il mio hobby preferito.

Rientriamo in classe sentendo il richiamo del professore. Ci chiude sempre fuori mentre scrive l'espressione più difficile del capitolo del libro alla fine dell'ora. Una volta in ogni metà della lavagna, per dare a me e José un campo di battaglia ben designato.

Prendo uno dei pennarelli e Irina fa partire un timer di sette secondi nel quale io e il mio avversario studiamo i numeri dell'espressione.

I numeri sono lì, immobili sullo sfondo bianco della lavagna e aspettano solo me.

Il tempo dello studio scade e José si butta subito sui calcoli, ma è la stessa cosa che faccio io. Risolvo le parentesi tonde per prime e le elimino passando alle quadre. Mi servono alcuni secondi per lavorare sulle frazioni, ma, quando lancio un'occhiata allo spazio occupato dai ragionamenti del mio nemico, noto di avere un vantaggio di un passaggio.

Non mi lascio prendere dall'ansia e vado avanti, risolvo la parentesi graffa e l'espressione rimane in forma lineare. Finisco i calcoli basilari nello stesso momento nel quale li completa anche lui e il risultato è uguale: 4.

Quella cifra sembra osservarci mentre il professore ci scruta dal fondo dell'aula e annuisce venendo verso di noi.

"I calcoli sono corretti." Decreta poi. "Quelli di entrambi. E avete finito nello stesso momento, quindi oggi, anche se con un senso di amarezza, sono costretto a dichiarare la sfida finita in pareggio ragazzi. Vi rifarete sabato, quando ci rivediamo." Poi prende le sue cose e se ne va, la campanella suona e noi siamo liberi di tornare a casa.


Durante l'intervallo, ogni intervallo, Savanna viene a salutarmi. Si fa ogni mattina alle 10.30 spaccate un piano di scale e irrompe nella classe mia, di José e Leandro. Inutile dire che, nel momento nel quale varca la soglia, ogni singolo sguardo cade su di lei.

"Sempre qui, Sav?" le chiede Leandro circondandole le spalle con un braccio mentre lei è appoggiata al termosifone con me.

"Vengo solo per te, Leo" gli dice lei con una nota di sarcasmo nella voce.

"Ma grazie mille, tesoro. Credo che Manuel però farà vedere il suo lato protettivo da fratello maggiore se verrà a sapere di questo nostro feeling"

"Faremo in modo che non venga a saperlo allora"

Leo le stampa un bacio sulla tempia e si stacca da lei per raggiungere il mio lato del termosifone.

"E a te come va principessa? Il mio compagno di banco non mi permette nemmeno di simpatizzare con te: è troppo occupato a fare finta di odiarti per ammettere che sei intelligente come poche e che sei anche simpatica." Dice Leo facendo spostare di qualche centimetro me e Sav per ritagliarsi un posticino accanto al termosifone.

"Io e José non ci odiamo. Tra di noi c'è solo una fortissima rivalità accademica che potrebbe aver dato origine a un'antipatia onnipresente." Leandro inclina la testa, come se avessi utilizzato dei termini troppo ricercati per il suo vocabolario. "Sì, diciamo che ci odiamo" ammetto mentre trattengo una risata.

Oggi José non c'è. Lui e la sua famiglia sono partiti per un congresso che finirà oggi.

Io mi sto già preparando alle frecciatine che ci lanceremo non appena lui tornerà in classe, seduto al banco davanti al mio, ma devo ammettere che la dinamica che si è creata tra di noi non è poi così terribile: lui mi tiene testa, non scappa con la coda tra le gambe alla prima risposta a tono che gli do. Anzi, mi risponde anche peggio quando non mi ignora per partito preso.

"Ana" sento la voce di Irina chiamarmi e subito mi volto nella sua direzione.

"Dimmi" tra di noi si è creata una certa distanza dalla gara al maneggio, ma sono stata io a mettere un muro che resterà dov'è finché non avrò preso una decisione.

"Zach passa a prendermi dopo scuola per andare al maneggio, vieni con noi?" il suo tono è speranzoso e io proprio non me la sento di darle questa delusione quando non le ho ancora dato una risposta per quanto riguarda il mio ruolo nel pantheon del centro ippico.

"Va bene" le sorrido e nei suoi occhi passa una scintilla.

Devo decidere cosa fare con quella dannata proposta.


Non. Riesco. A chiudere. Occhio.

Sono ore che mi rigiro nel letto cercando di contare i miei respiri pur di addormentarmi. Ho provato anche la tecnica dei marines, elencare tutto quello che si vede nella stanza, ma nulla, non riesco ad addormentarmi.

La proposta di Irina mi rimbomba nella testa come una maledetta filastrocca, come una canzoncina che si continua a ripetere.

Devo prendere una decisione, non posso più temporeggiare e sperare di smettere di pensarci. Se accetto cosa potrebbe mai succedere di male? Cioè, so cavalcare discretamente da quello che mi dicono e ho partecipato a così tante competizioni tra i nobili di Fravenia che ormai ho perso il conto, ma la cosa notevole è che quelle competizioni le ho vinte sempre io.

Se mi tirassi indietro invece cosa accadrebbe? Nulla, ecco cosa.

Sono mesi che aspetto che mi succeda qualcosa che rivoluzioni la mia vita e finalmente quel qualcosa si è presentato proprio alla mia porta. Se lo mandassi via sarebbe come darsi la zappa sui piedi.

Soffoco un grido nervoso nel cuscino e penso a Efren, che ha saltato così in alto e poi sembrava come più sicuro di sé stesso, penso a Ophelia, con cui domani voglia andare a fare una passeggiata, penso a Stardust, che avrebbe davvero bisogno di allenarsi e iniziare a gareggiare, e poi penso a me stessa e capisco che ho davvero bisogno di qualcosa che renda Ana von Habsburg diversa dalla principessa Ana von Habsburg.

Quindi prendo la mia decisione. Dopotutto cosa può succedere se accetto?

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