THE SEVENTEEN'S SECRETS- Seconda Parte
Accettai l'invito di Hoshi senza esitazione, anche se il mio cuore batteva più veloce del solito e una parte di me si chiedeva se stessi facendo la scelta giusta. Non sapevo esattamente a cosa stessi andando incontro, ma la determinazione a scoprire la verità era ormai troppo forte per essere ignorata.
Il giorno seguente, Hoshi mi chiese di incontrarlo nel cortile sul retro della scuola, un luogo isolato che solitamente veniva evitato dagli studenti per via dell'atmosfera opprimente e delle storie di fantasmi che vi aleggiavano. Quando arrivai, trovai Hoshi già lì, seduto su una vecchia panchina di legno, con lo sguardo perso tra gli alberi che circondavano l'area.
"Sei venuta," disse, alzando lo sguardo verso di me. C'era una nota di sorpresa nella sua voce, come se non si aspettasse davvero che io accettassi l'invito.
"Te l'ho detto, voglio aiutare," risposi, cercando di sembrare più sicura di quanto mi sentissi. La verità era che non avevo idea di cosa stesse per succedere, ma ero determinata a non tirarmi indietro.
Hoshi annuì e fece un gesto verso la panchina accanto a lui. Mi sedetti, cercando di nascondere il nervosismo che si insinuava dentro di me. Per qualche minuto, rimanemmo in silenzio, immersi nei nostri pensieri. Poi, con voce bassa, Hoshi iniziò a parlare.
"Il nostro compagno di classe... la sua morte non è stata un incidente. Lo sospettavamo già, ma ora ne siamo sicuri. C'è qualcosa di oscuro che si aggira in questa scuola, qualcosa che ci segue da molto tempo." La sua voce si abbassò ancora di più, come se avesse paura che qualcuno potesse ascoltare.
"Qualcosa che vi segue?" ripetei, cercando di capire cosa stesse cercando di dirmi.
Hoshi si girò verso di me, e per la prima volta da quando lo conoscevo, vidi nei suoi occhi un'ombra di paura. "Non siamo come tutti gli altri, Hayun. Io e gli altri Seventeen... siamo legati da qualcosa di molto più profondo di una semplice amicizia. Quando eravamo bambini, fummo adottati insieme da un uomo misterioso. Lui ci ha cresciuti come fratelli, ma a un prezzo."
Mi fermai un attimo a riflettere. La storia che Hoshi mi stava raccontando sembrava uscita da un racconto dell'orrore, eppure non riuscivo a non credere alle sue parole. C'era qualcosa nel suo tono di voce, nella sincerità con cui mi guardava, che mi impediva di dubitare.
"Quale prezzo?" chiesi, con un filo di voce.
"Ogni dieci anni, qualcuno di noi muore," rispose Hoshi, la voce quasi spezzata. "È come una maledizione che ci perseguita, e nessuno di noi sa come spezzarla. Pensavamo di essere al sicuro questa volta, ma ci siamo sbagliati."
Il mio respiro si fermò per un istante. Le parole di Hoshi erano come un pugno allo stomaco, una verità oscura che non avevo mai immaginato di dover affrontare. "E il nostro compagno di classe... è stato lui, questa volta?"
Hoshi annuì, gli occhi pieni di un dolore che mi spezzava il cuore. "Sì. E ora sappiamo che la maledizione non è finita. C'è qualcosa o qualcuno che continua a perseguitarci, e non ci fermerà finché non avrà ottenuto ciò che vuole."
Sentii il sangue gelarsi nelle vene. "Cosa possiamo fare?"
Hoshi mi guardò intensamente, il suo sguardo penetrante. "Abbiamo bisogno di qualcuno al di fuori del gruppo, qualcuno che non sia toccato dalla maledizione, per aiutarci a trovare una soluzione. E tu... sei l'unica persona di cui mi fido abbastanza per chiedere aiuto."
Le sue parole mi lasciarono senza fiato. Non sapevo come rispondere, ma sapevo una cosa: non potevo tirarmi indietro. "Farò tutto il possibile per aiutarvi," dissi infine, con più fermezza di quanto mi sentissi in realtà.
Hoshi mi sorrise, un sorriso triste ma grato. "Grazie, Hayun. Da questo momento in poi, fai parte del nostro gruppo. Ma ricordati: una volta dentro, non potrai più tornare indietro."
Mentre pronunciava quelle parole, sentii il peso della responsabilità schiacciarmi le spalle. Ma allo stesso tempo, una strana determinazione iniziava a crescere dentro di me. Ero pronta ad affrontare qualsiasi cosa pur di aiutare Hoshi e gli altri Seventeen, anche se significava mettere in gioco tutto ciò che conoscevo.