THE SEVENTEEN'S SECRETS- Sesta Parte
L'oscurità attorno a noi sembrava meno opprimente, come se la stanza stesse reagendo alle nostre parole, alla nostra decisione di affrontare la paura insieme. Eppure, sapevamo che non sarebbe bastato solo decidere. Dovevamo agire, dovevamo mettere in pratica ciò che avevamo appena detto. La maledizione non avrebbe ceduto così facilmente.
Hoshi mi strinse la mano più forte, e sentii il calore del suo tocco scaldarmi. "Hayun," disse, la sua voce piena di determinazione e affetto. "Abbiamo iniziato qualcosa di importante qui. Ma dobbiamo vedere fino alla fine. Come possiamo liberarci della paura? Come possiamo veramente guarire?"
Ci pensai per un momento, guardando negli occhi i ragazzi che mi circondavano. Ciascuno di loro portava un peso, una storia di dolore, di perdita, e di colpa. Ero certa che, in un modo o nell'altro, la maledizione si nutrisse di queste emozioni.
"Credo che il primo passo sia parlarne," risposi, la mia voce incerta ma ferma. "Dobbiamo confrontarci con ciò che ci fa paura, con i nostri ricordi più dolorosi. Se li teniamo nascosti, li lasciamo crescere e ci controllano. Ma se li affrontiamo insieme, possiamo spezzare il loro potere su di noi."
Mingyu fece un passo avanti, la sua espressione seria. "Ma non è facile, Hayun. Ci sono cose che... non ho mai detto a nessuno. Cose di cui ho paura, cose che mi vergogno anche solo a pensare."
Lo guardai con empatia. "Lo so, Mingyu. Ma proprio perché è difficile, è necessario. Non dobbiamo farlo subito, e non dobbiamo farlo da soli. Siamo qui l'uno per l'altro."
Gli altri annuirono lentamente, i loro volti una combinazione di paura e speranza. Sentivo che anche loro sapevano quanto sarebbe stato difficile, ma che avevano capito che era l'unica strada. Dovevamo aprirci, con fiducia e coraggio, per spezzare il ciclo che ci aveva intrappolato.
Dopo un lungo momento di silenzio, fu Wonwoo a parlare per primo. La sua voce era bassa, quasi un sussurro, come se fosse difficile anche solo iniziare. "Quando eravamo bambini," iniziò, "ho fatto qualcosa di terribile. Ho sempre pensato che fosse solo un gioco innocente, ma... qualcuno si fece male. Seriamente. E mi sono sempre sentito in colpa, come se tutto ciò che è successo dopo fosse colpa mia."
Lo guardammo, senza giudicarlo, ma con comprensione. Sapevo quanto fosse difficile per lui rivelare una cosa del genere, e sentii una morsa al cuore al pensiero del peso che aveva portato da solo per così tanto tempo.
"Non è colpa tua," disse Jeonghan con una dolcezza che solo lui poteva avere. "Eravamo solo bambini. Non potevi sapere cosa sarebbe successo."
Wonwoo annuì, visibilmente sollevato, anche se le lacrime gli rigarono il volto. Non c'era vergogna in quelle lacrime, solo il sollievo di non essere più solo nel suo dolore.
Uno alla volta, i ragazzi iniziarono a parlare. Hoshi parlò del peso che aveva sentito nel cercare di proteggere tutti, del terrore che provava ogni giorno all'idea di perdere qualcuno a cui teneva. Minghao confessò di essersi sempre sentito fuori posto, come se non meritasse l'amicizia e l'amore che gli altri gli offrivano. Joshua ammise di aver sempre avuto paura di deludere le persone che amava, di non essere abbastanza.
Era un momento di estrema vulnerabilità, ma proprio in quella vulnerabilità trovammo una forza che non sapevamo di avere. Ogni confessione, ogni lacrima, sembrava alleggerire l'aria pesante che ci circondava, come se la maledizione stessa stesse lentamente perdendo presa su di noi.
Alla fine, toccò a me. Sapevo che dovevo parlare, che dovevo condividere il mio segreto più oscuro se volevo davvero essere libera dalla maledizione.
"Ho sempre avuto paura di rimanere sola," dissi, sentendo la mia voce tremare. "Ho perso qualcuno a cui tenevo tanto, e da allora ho sempre cercato di tenere le persone vicine, anche quando sapevo che era sbagliato. Ho fatto errori, ho ferito chi mi voleva bene, tutto per paura di essere abbandonata di nuovo."
Hoshi mi guardò, i suoi occhi pieni di comprensione e amore. "Non sarai mai sola, Hayun," disse con una certezza che mi fece credere alle sue parole. "Non finché ci sarò io. Non finché ci saremo noi."
Quelle parole, così semplici e sincere, fecero crollare l'ultima barriera dentro di me. Sentii una lacrima scendere lungo la mia guancia, ma era una lacrima di sollievo, di liberazione. Avevo sempre pensato che affrontare la mia paura significasse combatterla da sola, ma ora capivo che la vera forza veniva dal condividerla, dall'affrontarla insieme.
Lentamente, il freddo nella stanza cominciò a dissiparsi, e una nuova sensazione prese il suo posto. Era calore, era pace. Era come se un peso enorme fosse stato tolto dalle nostre spalle, come se finalmente potessimo respirare liberamente.
Guardai i ragazzi intorno a me, i miei amici, la mia nuova famiglia. Sapevo che la strada non sarebbe stata facile, che avremmo ancora avuto momenti difficili. Ma per la prima volta da quando questa maledizione era iniziata, sentivo che avevamo una possibilità reale di vincere.
Avevamo trovato la chiave per spezzare il ciclo: non era nel combattere la maledizione con la forza, ma nell'affrontare i nostri demoni interni, nel guarire insieme. E sapevo che, qualunque cosa ci aspettasse, l'avremmo affrontata con coraggio, speranza e amore.
Insieme, uscimmo dalla stanza, pronti a lasciarci alle spalle l'oscurità delle catacombe e a camminare verso una nuova alba, una vita libera dalle ombre del passato.