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Non si può scappare dal passato, certi avvenimenti non si dimenticano, ti puoi abituare al dolore che ti provocano, ma certe sensazioni restano vive sulla pelle.

La mattinata al paddock era iniziata in modo tranquillo, ero arrivata al MotorHome prima di tutti, si può dire che oggi ho aperto io il circuito, decisi di fare qui colazione e poi avrei aspettato Lewis; oggi il programma prevedeva un giro della pista in bicicletta e avevo bisogno di prepararmi mentalmente per affrontare al meglio i miei mostri. Dopo alcune ore, vidi il mio pilota varcare la soglia del MotorHome e venirmi incontro.

<Sei qui da molto? Ho bussato alla tua porta stamani ma non ti ho trovato> esordì lui

<Quante volte devo dirti che tra i due il pappamolle sei tu?!> risposi scherzosamente io

Prendemmo le biciclette e prima di partire, lanciai un ultimo sguardo a Toto, in cerca di sostegno, il quale mi mimò un segno zen, e poi partimmo. Il giro iniziò bene, mantenemmo un ritmo sostenuto e costante, iniziai a diminuire involontariamente il mio, più ci avvicinavamo a quella maledetta curva; iniziai a sudare, la vista si offuscò, sentivo la pelle andare a fuoco e la pedalata diventava si faceva sempre più pesante, così come il mio respiro.
Provai a resistere con tutte le mie forze, più mi sentivo cadere, più provavo a restare in equilibrio, fino a quando non sbandai e caddi; per fortuna non mi feci niente anche perché ero quasi ferma ormai, mi feci solo qualche graffio. Hamilton interruppe all'istante la corsa, aveva intuito che qualcosa non andava e aveva rallentato, come vide per terra, venne subito da me

<Lucia stai bene? Ehi! Rispondimi> mi richiamò preoccupato

<Sto bene, ho avuto solo un capogiro, forse è colpa del sole> dissimulai

<Ma se è nuvolo> rispose confuso lui

Non aggiunse altro, mi caricò in spalla e mi portò ai box, nel modo più discreto possibile. Quando i miei occhi incontrarono quelli di Toto, gli mimai uno "scusami", mi sentivo di aver fallito; ero vulnerabile in quel momento, mi sentivo a pezzi, come il giorno in cui mi dissero che non potevo più correre. Lewis mi fece sedere per terra in un angolo appartato, recuperò una bottiglietta di acqua e me la porse, non disse una parola si limitò a guardarmi cercando di carpire informazioni dai miei gesti.
Wolff, con molta discrezione, si allontanò dai meccanici e ci raggiunse, mise una mano sulla spalla di Hamilton

<Ci penso io, tu va a prepararti. Non fare parola con nessuno di quello che hai visto, per favore> gli disse

<Vorrei sapere che sta succedendo Toto> affermò deciso il pilota

<Non spetta a me parlarne, ora vai> ordinò il team principal e l'inglese eseguì.

Era ora di pranzo, mi ero ripresa quasi del tutto, mi era rimasto un gran mal di testa ma non potevo prendere alcuna medicina a stomaco vuoto, così mi diressi nell'area ristorante e lì fu la mia fine. Vidi Kimi, il fratello di Charles, in piedi difronte a me, con la bocca aperta dalla sorpresa; fino ad oggi ero riuscita a evitarlo alla grandissima, come lui, molti altri miei colleghi delle categorie inferiori.

<Lucia?> domandò come se avesse visto un fantasma

<Ciao Arthur> dissi con un filo di voce

<Come st..> provò a chiedere

<Ti prego, fai finta di non conoscermi, almeno oggi per favore> lo supplicai

<Vi conoscete?> chiese Charles, una volta che ci raggiunse
Guardai il ragazzo supplicante e per fortuna, mi diede corda e disse che ci eravamo appena incontrati. Deve aver collegato all'istante cosa volevo intendere, è sempre stato un ragazzo sveglio.

Gara d'amore // Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora