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Pov Hamilton

La casa che mi trovai davanti era spaziosa e ben curata, come la padrona di casa, una signora adulta, bionda, la quale mi aprì la porta.

<Mamma se é il fattorino pago io!> disse Lucia urlando dal piano di sopra mentre scendeva freneticamente le scale.
Si bloccò quando mi vide, non nascose tutto il suo stupore nel vedermi lì.

<Cosa ci fai tu qui?> mi chiese arrabbiata

<Volevo scusarmi> balbettai imbarazzato

<Scuse non accettate, puoi andare> mi liquidò lei

<Tesoro.. non essere così avventata, é venuto fino a qui, ascolta cosa ha da dirti almeno> le suggerì la madre

Lucia prese un cardigan dall'armadio e uscì in giardino, la seguii in silenzio, dopo una lunga pausa, che vi giuro, sembrava infinita, si mise dinanzi a me e mi osservò senza proferire parola. Il mio linguaggio del corpo chiedeva venia da ogni poro, ero veramente dispiaciuto e solo quando fissai i miei occhi lucidi nei suoi capii quanto aveva e stava soffrendo.

<Toto ha fatto la spia, non è vero?> fece un sorriso dolce amaro

<Lucia io..> provai a dire

<Lo so> mi interruppe. <Volevo evitare esattamente questo> disse abbassando lo sguardo, improvvisamente i suoi piedi erano diventati interessantissimi da osservare.

Le misi un dito sotto al mio mento e le sollevai il volto, costringendola a guardarmi nuovamente

<Non provo pietà o compassione ma ammirazione. Sei la persona più forte e coraggiosa che io conosca> affermai dolcemente

<Beh non la pensavi proprio così prima, vuoi che ti faccia un promemoria delle tue parole?> mi provocò

<So cosa ho detto e me ne sono pentito all'istante. Mi hai fatto spaventare stamattina e ho reagito così, seppur sbagliando, non voglio giustificarmi> dissi

La nostra conversazione fu interrotta dal fattorino che suonò al citofono; a pagare le pizze alla fine fui io, dal momento che la madre aveva chiesto alla pizzeria di aggiungerne una in più proprio per me. Lucia oppose molta resistenza, ma alla fine mi ero comportato da vero stronzo e mi sembrava il minimo, anche per il disturbo arrecato.
Mangiammo in tranquillità, Lucia e la madre erano molto affiatate e complici, avevano un bellissimo rapporto; una volta terminata la cena, ci mettemmo nuovamente in giardino per finire il discorso iniziato in precedenza.

Lucia era andata a recuperare le sue cose al piano di sopra, ero riuscita a convincerla a tornare, ma la via per il perdono era lunga, dopotutto me lo meritavo. Ero seduto comodamente sul divano mentre aspettavo la mia preparatrice, quando la madre si avvicinò a me

<Sii paziente, abbaia ma non morde. La vita non è stata clemente con noi, soprattutto con lei, correre era il suo più grande desiderio, aveva sacrificato tutto, quel giorno, una parte di lei è morta.> spiegò lei dolcemente

Ascoltai attentamente le parole della donna, non potevo nemmeno immaginare la sofferenza che si portava dietro Lucia e più mi raccontavano qualcosa, più mi sentivo stupido per averla giudicata senza sapere.
Quando sentimmo dei passi scendere le scale, la madre si tacque ed io mi alzai in piedi pronto per tornare a Imola.

<Hai preso tutto? Possiamo andare?> le chiesi

<Si> rispose lei, indaffarata nella ricerca delle chiavi della sua moto

<Possiamo andare con la mia macchina> dissi ingenuamente

La vidi bloccarsi per un nano secondo, sembrava terrorizzata all'idea, poi si riprese subito e, citandomi, mi provocò dicendo
<Sul quel catorcio io non ci salgo>, il che mi fece molto ridere.

Gara d'amore // Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora