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Si sono guardati senza dire niente per almeno cinque minuti; il tempo in cui Simone lo ha raggiunto, aperto la porta per poi indicargli l’ingresso con una mano per invitarlo ad entrare.

Manuel ha aspettato che l’altro poggiasse la giacca con uno di quei movimenti lenti e sicuri da cui ne deriva il suo vacillare: per la bellezza, la camicia e quella cravatta; l’aria di chi è tornato a chiudersi in se stesso senza lasciare spazio alla troppa confidenza.

“Preferisci un amaro o vuoi davvero dell’acqua?”

“Quello che preferisci tu. Mi va bene tutto”

“Allora qualcosa di forte.”

Lo vede scegliere la bottiglia dalla vetrina e versare qualcosa che crede essere del rum.

Lo ringrazia, appena gli porge il bicchiere, e la sensazione che prova è quella di imbarazzo. Non crede di essersi mai sentito così, non crede di aver mai provato difficoltà davanti a un altro essere umano.
Ha sempre pensato di poter affrontare qualsiasi situazione perché Manuel Ferro ha sempre la risposta pronta, sa sempre cosa dire, quando dirla e come dirla.

Davanti a Simone è crollata qualsiasi convinzione e vorrebbe ammetterlo, dirglielo, capirlo.

“Mi dispiace per come t’ho trattato l’altra sera”

“Te l’ho già detto, non c’è problema. Tu, piuttosto… passata la febbre?”

“Sì, m’è durata un giorno. Però la mia responsabile a lavoro mi ha impedito di tornare prima di domani. Dice che me devo riposà…” sorride, sedendosi meglio su quel divano che lo ha visto nudo la prima volta.

“Beh, forse ha ragione. Non è il massimo, se sei ancora debilitato”

“Io me debilito se sto fermo.”

“Non credo, di solito è quello che dice chi è troppo abituato a lavorare. Invece c’è bisogno anche di riposo, soprattutto in un lavoro fisicamente stancante come il tuo”

“E chi me lo sta dicendo? L’imprenditore che è tornato da lavoro a quest’ora della sera?”

“E chi te lo dice che tornavo da lavoro?”

“La tua borsa da lavoro che portavi dietro e l’abbigliamento, presumo”

Simone sorride, nascosto dietro al bicchiere di Rum. Non crede sia stata una buona idea bere adesso senza aver cenato. La voce di Laura la immagina già. Se solo sapesse, lo cazzierebbe a brutto muso per questo.

Si lascia andare all’indietro sulla poltrona, allentando il nodo della cravatta, e mentre lo fa non stacca gli occhi da quelli di Manuel. Sa quello che sta facendo, sa benissimo l’effetto che riesce ad ottenere con la sua bellezza e il suo fascino. E gli piace tremendamente, soprattutto se la persona davanti a sé cerca di fingere indifferenza come fa Manuel.

“Grazie per i vestiti, comunque… non erano urgenti, potevi davvero tenerli”

Vede Manuel irrigidirsi e mangiarsi la lingua.

“Che fai, me metti alla prova?”

“In che senso?”

“Volevi vedere come t’avrei risposto adesso, dopo la sfuriata dell’altra sera?”

“Perché sei sul piede di guerra?”

“Io non sto sul piede di guerra”

“Sì, invece. Tu non ti fidi di me, e lo capirei se il motivo fosse che sono uno sconosciuto. Tu non ti fidi di me per quello che sono e per quello che ho. Se fossi un cameriere non ti comporteresti così e non mi guarderesti come se dovessi studiarmi”

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