Uno, due, tre, quattro… dieci giorni. Dieci giorni senza vederlo, in cui la vita di Manuel è andata avanti tra un servizio e un altro, un cliente e un altro, un disegno e un altro.
Perché lui nel tempo libero disegna. Volti, il più delle volte. Quelli che immagina o quelli che gli rimangono impressi: per strada, sulla metro, al semaforo mentre è sulla sua moto, al ristorante. Ovunque.
Per un periodo ha provato una rabbia enorme nei confronti della vita, per quella possibilità che non ha mai avuto e che solo pochi eletti hanno: di seguire la propria passione, essere totalmente spensierati.
A trent’anni sente che quella rabbia è riuscito ad accantonarla abbastanza, di sicuro non comanda più la sua vita. Ha accettato il fatto di aver dovuto mantenere sua madre per un periodo che inizialmente avrebbe dovuto essere un paio di mesi, il tempo di trovare un nuovo lavoro, e che poi si è trasformato in un anno; così lui studiava, lavorava, e alla fine ha ceduto.
In quell’università non ci ha più messo piede dopo la rinuncia agli studi e non sono servite le discussioni con sua madre che lo supplicava di non mollare mentre il senso di colpa la divorava. Gli diceva che con il nuovo lavoro lo avrebbe aiutato lei, che lui avrebbe potuto studiare e basta, senza correre tra i tavoli ogni sera fino a tarda notte.
Ma la stanchezza di Manuel era arrivata al limite. Stanchezza fisica vera e propria, perché finiva per dormire poche ore a notte e la mattina le lezioni erano un ronzio nella sua testa. La concentrazione non c’era, così come la voglia che è lentamente venuta a mancare.
Quanto ha amato e ama sua madre. E quanto è grande il rancore nei suoi confronti, dentro di sé.
“Ho due notizie per te. Una brutta e una bella. Decidi te da dove devo partire!” Claudia è davanti a lui, a un’ora dall’inizio del servizio mentre è intento a sistemare i tavoli.
“Quella brutta…”
“Ok. Ha appena chiamato Simone Balestra per supplicare un tavolo all’ultimo minuto”
“Ah.” Effettivamente è una brutta notizia. O forse dovrebbe.
“E la buona?”
“La buona è che possiamo dare a Silvia quella parte di ristorante, stasera. Lei serve il suo tavolo e tutta la zona sotto la veranda, mentre tu sei di qua…”
Non risponde. Alza il calice che ha in mano, verso la luce, per controllarne le eventuali macchie. Torna con la pezzetta su una parte del bordo con un gesto automatico. “Hai capito, Manuelì?”
Ancora silenzio, perché nella sua mente c’è caos. Sta pensando nel suo solito modo: disordinato, privo di senso. Perché la razionalità non gli appartiene e alla fine quegli elementi si mescolano per far uscire una soluzione casuale e istintiva.
“Li servo io. Quella è la mia zona. Sarò professionale, non preoccuparti.” non la guarda nemmeno in faccia, si preoccupa solamente di posizionare il calice al suo posto prima di passare al successivo.
“Come vuoi…” sussurra Claudia, allontanandosi senza aggiungere altro.
Da un lato è sicura che Manuel sarebbe professionale in qualsiasi caso, ma dall’altro sa che la sua preoccupazione della serata sarà quella di tenerlo d’occhio ugualmente.
Quando Simone fa il suo ingresso nel ristorante, seguito da Laura e altri sei amici, Manuel è di spalle al bancone. Li vede dal riflesso dello specchio, ma non si volta. Vorrebbe non avere una reazione, vorrebbe sentire tutto ciò che sente con qualsiasi cliente, ovvero il nulla, ma è consapevole di doversi in qualche modo arrendere.
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L'appuntamento [Simuel]
FanfictionSimone è un ricco imprenditore, Manuel un cameriere. Simone ha una regola: mai andare a letto con la stessa persona più di una volta.