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Manuel ha provato per tutto il tempo a non cadere in quella che crede essere la trappola del “Mi piaci”. Avrebbe voluto dirgli “Anche tu”, ma gli è sembrato già troppo lanciarsi sulle sue labbra; una dimostrazione ben più forte di due parole.

L’ascia di guerra è sempre lì dietro la schiena, a portata di mano, accompagnata dall’incapacità di fidarsi appieno delle persone che non siano sua madre. Lo ha visto sulla sua pelle, quella di Anita, quanto le relazioni possano essere illusorie, e per tutta la vita ha cercato di tenersene alla larga.

Ci ha pensato tante volte, a come sarebbe stato affidarsi completamente a qualcuno, e la risposta dentro di sé è sempre stata la stessa: orribile.

Più o meno il percorso consisteva in quattro fasi: conoscenza, euforia dei primi giorni, perdita del controllo, delusione.

“Hai perso le parole?”

Simone lo guarda da qualche minuto, dall’esatto momento in cui Manuel ha iniziato a fissarlo senza proferire parola. Lo fissa nella speranza di capire quale sia effettivamente il grado di inaffidabilità di questa persona. Alto, se considera anche il grado di fascino.

“Vorrei poterti leggere nella mente”

“Sì?” sorride, sistemandosi meglio sul letto, in modo che i loro visi siano l’uno di fronte all’altro.

“Sono una persona un po’ complicata…”

“Io direi più spaventata, ma correggimi se sbaglio”

“No, non ho paura. Però te posso di che non è facile, con uno come te… e nun me riferisco solo alla tua condizione economica. È tutta la vita che scappo dalle persone”

“Da me non sei scappato realmente, però…”

“E non sai quanto me da’ fastidio, sta cosa…”

Simone non riesce a togliersi quel sorriso dalle labbra; anzi, ora è ancora più accentuato dopo la risposta di Manuel.  “Anch’io scappo, di solito…”

“Sì, l’avevo capito… soprattutto negli ultimi giorni in cui m’è parso de parlà con un muro. T’ho scritto e nun m’hai manco calcolato”

“Ero davvero impegnato”

“Non è vero, l’hai fatto apposta”

“Un po’, ma come vedi sono qua”

“Semo du scemi, allora…”

“Forse. Resta il fatto che non ti fidi di me, quindi anziché sognare di potermi leggere nella mente, chiedimi quello che vuoi… anzi, facciamo così. Tre domande tu e tre domande io.”

“Me potresti dì pure tante cazzate…”

“Te ne accorgeresti. Sei un tipo sveglio”

“Ah, grazie!” ironizza, sorridendo appena, e inizia a pensare alla serie di domande che vorrebbe fargli e che non gli ha ancora fatto. Quelle più personali, che forse adesso potrebbero ricevere una risposta. “Che mi dici sulla tua famiglia?”

“È a Milano. I miei si sono separati dopo un brutto episodio in famiglia, quando ero molto piccolo. Poi si sono riavvicinati con il tempo e ora vivono lì. Mio padre è insegnante, mia madre lavora per un’azienda estera da remoto e tra pochi anni, quando andranno entrambi in pensione, credo si trasferiranno in una città di mare e passeranno lì la loro vecchiaia. Prossima domanda?”

L’istinto lo porterebbe a chiedere di più su quel brutto episodio che ha nominato, ma non lo fa. Percepisce che Simone se lo aspetta e che è pronto a negargli una spiegazione.

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