Capitolo 27

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L'alba si insinuava timidamente tra le fessure delle persiane, tingendo di rosa tenue la stanza di Kira. La ragazza si alzò dal letto, stiracchiandosi e sbadigliando. La notte era trascorsa in un vortice di pensieri, ognuno più confuso dell'altro. Aveva provato a dormire, ma il suo cervello era troppo occupato a rimuginare sugli ultimi avvenimenti. Si avvicinò alla finestra e respirò profondamente l'aria fresca del mattino, sperando che l'ossigeno potesse ossigenare anche il suo stupido cervello.
Dopo essersi fatta una doccia rinvigorente e indossato i suoi abituali abiti da allenamento, Kira uscì dalla sua stanza. Si fermò davanti alla porta di Haruki. Non ce l'aveva con lui, sarebbe stato impossibile per Kira avercela con Haruki.

Haruki era tutto ciò di cui aveva bisogno: un fratello, un confidente, una madre affettuosa che sapeva quando darle uno schiaffo mentale per spronarla e un amico fidato che sapeva ascoltarla anche nei suoi momenti di silenzio. Ogni sfumatura della loro relazione era complessa e bellissima, un amalgama di sentimenti puri e profondi. Era una presenza costante nella sua vita, un punto di riferimento che scintillava nel caos del suo carattere difficile e delle sue ostinazioni. Anche nei momenti di silenzio, quando Kira si ritirava nel suo mondo, Haruki c'era, calmo e comprensivo, pronto a tollerare il suo umore pungente e a proteggerla come nessun altro. Kira avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, era sempre pronta a proteggerlo come se fosse un tesoro prezioso.

Decise di entrare nella sua stanza, muovendosi in punta di piedi come fosse una riverenza sacra. Un silenzio avvolgente la circondava mentre si avvicinava al letto. Haruki era là, profondamente addormentato, i capelli disordinati e il viso sereno, avvolto in un sonno liberatorio. Kira non volle disturbare quel momento prezioso. Con delicatezza, accarezzò la guancia di Haruki, si soffermò un attimo a guardarlo, perdendosi nei suoi lineamenti familiari, sentendo un misto di pace e affetto che riempiva il suo cuore.

Si ritrovò a chiudere gli occhi per un momento, immersa in uno di quei ricordi che, nonostante il tempo trascorso, sembrava tornare a galla con la stessa intensità del dolore provato.

Era una notte buia, come tante altre da quando la loro vita era stata stravolta, ma quella stanza sembrava avere un calore diverso. Erano passati ormai un paio di mesi da quanto erano stati salvati dalla squadra di Marvin, e alla fine avevano deciso di restare in quell'istituto e ricominciare. In fin dei conti Marvin e gli altri non erano così male e poi loro non sapevano dove altro andare. Dopotutto avevano anche smesso di esistere.

Quella notte Haruki si era precipitato nella sua stanza, con gli occhi gonfi e il viso solcato da lacrime fresche, si era gettato tra le braccia di Kira.
Le sue spalle tremavano sotto la maglietta, e il suo viso era contorto dal dolore. Si stringeva a lei come un bambino spaventato, le dita affondate nella sua maglietta. Kira si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. Con un gesto delicato, lo attirò a sé, stringendolo forte. "Tu sai ancora respirare," gli aveva sussurrato lei. Era la frase che si erano ripetuti infinite volte, in quelle celle buie, per ricordarsi che erano ancora vivi, che la speranza non era morta.
Haruki si rifugiò nel suo abbraccio, il suo corpo tremante trovava conforto nella sua presenza. Le sue braccia si strinsero forte intorno a lei, come se temesse di perderla, mentre le lacrime gli scivolavano dagli occhi. Kira lo teneva stretto, come se potesse rimediare a tutto il male subito solo abbracciandolo. La loro vicinanza era un ancoraggio, una salvezza in quella tempesta infinita di ricordi strazianti. In quel momento, erano solo loro due, isolati dal mondo esterno, uniti da un legame indissolubile.
Quante notti avevano passato così, avvinghiati l'uno all'altra, cercando rifugio nel calore umano? Troppe per contarle.

Quella notte, e molte altre dopo, Kira aveva fatto da rifugio a Haruki. Lo aveva cullato tra le sue braccia, ascoltando i suoi incubi, asciugando le sue lacrime. In quei momenti, sentiva di essere l'unica ancora di salvezza per lui. E lui, a sua volta, le dava la forza di andare avanti. Ma poi, gradualmente, le cose erano cambiate. Gli incubi di Haruki erano diventati meno frequenti, e quando venivano, lui li affrontava da solo. Haruki non piangeva più. Non cercava più il suo abbraccio. Aveva smesso di essere quel ragazzo vulnerabile che si faceva consolare da lei. Ma non aveva mai smesso di esserci.

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