5. La pausa degli dèi

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"Gli dèi scomparvero.

Troia fu abbandonata a sé stessa."


     Eros, dio dell'amore, del desiderio e dell'attrazione sta tendendo il suo arco, piccolo, sgraziato e consunto tra le sue mani. Alcune scintille dardeggiano ad ogni suo tocco e ne sembra divertito.

     «Chissà quanti cuori sta spezzando?» Mi auto-domando.

     L'anfiteatro è in un momento di pausa, i tre Grandi Dèi si sono allontanati, trascinandosi dietro l'amato conduttore, Ermes, per recuperare i rispettivi famosissimi, bellissimi e perfettissimi prescelti.

     «Hai paura, umana?» Ares mi si avvicina con disinvoltura nella sua tunica rossa, arricchita da fibbie protettive in metallo che ricordano un'antica armatura.

     Il mio posticino, dove mi sono rannicchiata da qualche istante, è un angolino scomodo della cucina, solitamente riservato da Giulia e da me al secchio della pattumiera.

     «Paura?» Faccio da eco alla domanda del dio della guerra e, senza aspettare una sua reazione, continuo: «Sono al cospetto di tutti gli dèi dell'Olimpo! Ovvio, che ho paura! Ma una parte razionale di me, si chiede: gli dèi non hanno nulla da fare?» Ares ridacchia e io continuo. «Ieri, ho avuto molta più paura, Ade, mi ha fatto paura. E oggi, come se non bastasse, la mela d'oro di Eris mi ha centrata in pieno.»

     «Eris!» Sibila Ares tra i denti stretti. «Ha osato calpestare il dio della guerra! Se incrocerà di nuovo il mio cammino, la mia spada trafiggerà il suo cuore e getterò il suo corpo nel Tartaro!»

     Non so, come Ares riesca a farmi sorridere, forse lo trovo un po' grottesco o forse il mio cervello è così strafatto di dèi che mi sembra, quasi normale, parlare di trafiggere il cuore di una dea con una spada e gettare i suoi resti nel Tartaro.

     «Fa male?» Chiedo ad Ares. «Fa male essere colpiti dalle frecce di Eros?»

     Ares guarda Eros che sta ancora armeggiando con il suo piccolo arco, fa schioccare la lingua in senso negativo, di disprezzo verso il dio dell'amore, ma poi scivola lungo la credenza e si siede nell'angolino della pattumiera, insieme a me.

     «Sì. Le sue dannate frecce fanno male.» Lo osservo con la coda dell'occhio e non capisco cosa manchi ad Ares per essere uno dei Grandi Dèi. Lo avrei messo volentieri al posto di Ade. Certo, forse l'essere solo il figlio di Zeus non basta, come promozione nelle alte sfere dell'Olimpo, ma con lui riesco a parlarci più volentieri.

     Mi colpiscono i suoi occhi ardenti, il carattere deciso e impulsivo. Ares è il fuoco. Forse lui è come me o come la parte di me che tengo nascosta. Quante volte avrei trapassato volentieri il cuore dei clienti maleducati? Quante volte avrei gettato nell'abisso del Tartaro chi mi ha fatto un torto?

     «Quindi Eros ti ha preso di mira? Ha osato puntare il suo arco contro il dio della guerra? E ha scoccato la più distruttiva delle sue frecce?» Ares divampa alle mie parole. Forse non dovrei rivolgermi a lui in questi termini. Eppure, lo vedo sbollentare all'istante, quando il suo sguardo incrocia quello di Afrodite.

     «Per lei accetterei di essere trafitto da miliardi di dardi. Scenderei nel Tartaro a mani nude. Per lei sopporterei qualsiasi punizione di mio padre. Potrei anche accettare la mortalità. Per lei qualsiasi cosa.» Pronuncia ogni enunciato guardando negli occhi Afrodite che arrossisce e per l'imbarazzo si schermisce con la sua mano lucente. Ares non resiste, si alza e corre da lei, come se gli fosse mancato l'ossigeno.

Il giudizio di ElenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora