27. L'acquario di Poseidone

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"Ci sono pesci, pesciolini e squali."


     Nelle strade di Atlantide c'è la vita di un popolo scivolato negli abissi. Non sono comuni pescatori, ma sudditi di una corte prospera. La ricchezza la percepisci nei piccoli dettagli: la pulizia maniacale, la cura dei luoghi pubblici, il vezzo decorativo delle facciate dei palazzi con ghirigori e acrobazie di piante, fiori, murales, conchiglie e inserzioni in oro, per spiazzare l'occhio del visitatore senza mai annoiarlo.

     Dante, mi scongiura di tenere lo sguardo fisso a terra, ma è impossibile. Atlantide è la città perduta. Atlantide è un'isola sprofondata nel mare millenni fa. Noi siamo i primi mortali che l'attraversano. Siamo gli umani che hanno il privilegio di cibarsi della loro cultura. Nessuno ne saprà mai nulla. Nessuno. Solo noi. Se sopravviveremo.

    Per una volta benedico il giorno in cui gli dèi piombarono in casa, per la prima volta non ripudio il sangue che scorre nelle mie vene, non mi sottraggo al mio destino di giudice e accatto la prova che mi è stata imposta.

     «Sembrano elfi.» Mormoro vicino l'orecchio di Dante che tenta di azzittirmi con un pizzicotto. «Sembrano antichi, voglio dire. È come se avessero imbottigliato la città di Troia.» Mi sembra di incanalare questa sensazione ad ogni passo.

     «La pianti di dire scemenze! Ci stanno dando la caccia!» Sibila Dante con i denti vicino alla mia guancia.

     «Ti correggo: MI stanno dando la caccia, a te vogliono solo rispedirti nell'Oltretomba! A proposito, come mai sei qui?» Chiedo, invadendo la direzione dei suoi passi.

     Dante sbatte le palpebre, quasi in imbarazzo, sbuffa e guarda oltre le mie spalle la città che prende vita. «Non c'era molto da fare laggiù.» Riesce a bofonchiare.

     «Per questo mi hai seguita? Non avevi nulla da fare e sei venuto a vessarmi?» Il mio sguardo è cinico.

     «Vessarti? Sono l'unico che a mala pena ti sopporta! Dovresti essermi grata, anzi no, dovresti baciare la terra dove cammino!» Allunga una mano sulla mia testa spingendomi verso il suolo.

     Mi divincolo dalle sue manacce: «Quanta confidenza, si può sapere chi te l'ha data?»

     Dante afferra senza grazia il mio gomito, mi spinge dentro un vicolo stretto e, a due centimetri dal mio viso, sussurra: «La tua lingua.» I suoi occhi sono rapaci in attesa di ghermire le mie labbra che si schiudono involontariamente. «Ricordi la prima sera?» Diabolico, irritante, irriverente, bastardo! Lo odio, lo odio, lo odio!

     «Ricordo di non aver sentito nulla tra le tue gambe quella sera, pensavo fossi un eunuco, in effetti!» Il suo sorriso non è per nulla infastidito dalle mie parole.

     «Vuoi provare ora?» Gettati ai corvi!

     «No, grazie, mi lascerò catturare da ragazzi più gentili di te!» Faccio per muovermi, ma le sue braccia mi sbarrano l'uscita.

     «I ragazzi gentili non sanno cosa ti serve.» Il suo respiro si incanala nel mio orecchio, è caldo e sensuale. 

     Mi sta solo provocando o fa sul serio?

     «Se non fosse per la freccia di Eros, non noteresti neanche la mia presenza.» Faccio breccia nel suo muro e passo oltre la sua incredulità.

     Sollevo il mio cappuccio, non ha senso nascondersi. Lo specchio di una vetrina rimanda il riflesso preciso della mia figura. "Anche quando pensi di essere bella, non sei un granché." Le parole di un mio ex riaffiorano e adombrano i miei occhi. I candidati sono sotto il giogo delle frecce d'oro di Eros e non solo. Afrodite non mi ha solo guarita con le sue gocce, c'è un'illusione di bellezza che ammanta la mia pelle. Ecco da dove viene l'intraprendenza di Dante. Illusione. Inganno. Eros e Afrodite insieme.

Il giudizio di ElenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora