10- Chi t'ha fatt mal?

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Siamo arrivati, alla famosa scuola, sono sceso dal furgone e mi sono stiracchiato.

Che noia!

È la tipica scuola per gente altolocata, snob e con la puzza sotto il naso.
È una bella struttura, almeno, non vedo cancelli arrugginiti e muri scrostati.

E poi rimango ipnotizzato quando vedo il suo dolce visetto, mentre è affacciata alla finestra.

È un lungo gioco di sguardi, e come se i nostri sguardi oltrepassino la nostra anima.

Tecnicamente, io e lei, non siamo nulla, ma quando ci guardiamo è come se nell'aria qualcosa cambi.
Io sorrido come nu sceme, e lei oltre ad essere sempre più bella, non pare essere timorosa e assente.

Io sorrido come nu sceme, e lei oltre ad essere sempre più bella, non pare essere timorosa e assente

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Poi distolgo lo sguardo, innervosito.

Che cazzo combino?

Sono Ciro Ricci, e non un cazzo di agnellino dinanzi alla prima ragazza dolce che incontro.

Mi devo dare un contegno o ne andrà del mio prestigio.

Arriva, la preside, con l'aria di chi sta per impartire nuovi ordini e attività.

La soglia della mia pazienza vacilla, quindi o uccido qualcuno o mi chiavo qualcuno sfogando il mio temperamento.

Ma non posso farlo.

Non posso, devo sforzarmi di essere un ragazzo normale, e non il solito criminale guastafeste.

Non è assolutamente facile, tutta quella tenerezza, che parte dagli occhi, e giunge alle sue guancie e alle sue labbra rosee, mi fanno venire voglia solamente di fare cose impure.

Questa brutta, racchia di preside, sembra stia facendo un sermone, anziché presentarsi e presentare la scuola.

<<Siete qui, per respirare l'aria culturale  e capire come gestire le attività scolastiche in un augurio di libertà.>>

Certo, come se una volta usciti dal carcere, noi detenuti siamo benvenuti in un istituto del genere.

Avremo sempre e solo una brutta nomea.

E poi vengo nuovamente catapultato nelle sue iridi, vedo il suo dolce sorriso verso, di me e capisco che mi sento soddisfatto e appagato, meglio di vedere più ragazze squirtare a causa mia.

Lo so, non è poetico ma so n'omme che vulit?

Non facciamo che rendere più salde le catene immaginarie dei nostri sguardi.

Quando gli occhi parlano, senza emanare fiato, trasmettono un'infinità di  cose, sensazioni, percezioni, che nemmeno l'intero vocabolario sarebbe in grado di esprimere, basta sapere decifrare la luminosità di quelle iridi, come un semplice tocco immaginario che può farmi tremare le viscere, facendomi sentire quelle strane smancerie delle ragazze, chiamate farfalle nello stomaco.

Io lo paragono ad una ripetuta successione di infarti.

<<Cazz Cirù ti stai addolcendo.
Ossaje quante ti puoi chiavare!>>

E se non fossi qui, a cercare di fare bella figura, mantendo la parola data, giuro che avrei steso a terra Edoardo, per sfogare questo immenso nervosismo.

Così, cerco di ascoltare, l'infinito discorso ipocrita della preside.

Dopo, i tre chiattili che detesto sopra ogni cosa, ci mostrano l'intera struttura, pensata per i chiattilli da altri chiattili.

È bella la scuola, più del carcere, ma è sempre un luogo imposto.

Improvissamente udiamo un forte suono, è la campanella che segna ogni cambio di ora, e di conseguenza ogni materia scolastica.

Mentre percorriamo i corridoii, è la prima ora sembra sia volatilizzata, con il sermone della preside, ora osservo l'intero corpo studentesco che ci guardano a loro volta, intimoriti e schifati.

Noto da lontano, Miriam e una ragazza tirarla verso di lei, per evitare che ci scontrassimo e guardassimo.

Vengo catapultato in una quarta classe, l'età che combacia con la mia era anagrafica.

Stare chiuso, in una classe mi soffoca.

Così decido di andare a vedere, per conto mio l'auditorium.

Mentre oche giulive mi scrutano dandomi del "bono" io sono totalmente indifferente.

Ne ho avute un'infinità di ragazze, ho fatto le migliori scopate ma nessuna è candida, dolce e innocente come Miriam.

Sarà il brivido della novità?
Nah io credo che se una persona ci piace da subito, è molto difficile, dimenticarla.

E finalmente, pensierosa esce dalla sua classe, mi incammino velocemente e la tiro dal braccio, facendola sussultare e  spaventare.

Ci chiudiamo in uno spazio stretto e angusto, cioè lo stanzino del bidello.

Le tappo la bocca, per non farla urlare, poi mi guarda e sembra essere al sicuro.

E poi noto, che indossa nuovamente una felpa pesante, per essere in un periodo autunnale.

<<Ma sei pazzo?
La promessa?>>

<<Ue so troppe domande, principè.>> dico ridendo, ricevendo solamente uno sguardo torvo da parte sua.

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<<Vuoi metterti nei guai e farti scoprire?
Dai, può essere un'opportunità per respirare un po' di aria genuina.>>

Mi guarda esasperato.

<<Mo so capit.
Mi vuoi tenere a bada, come si fa con gli animali.
Nu te ne import niente e me.>>

Sbatto i piedi a terra, nervosa.

<<Non è vero.>>

<<Rimmil!
Per caso, te import coccos?>>

Mi importa, di lui, tantissimo ma non voglio essere una delle tante, quindi taccio nevroticamente.

<<Io ti ho fatto una domanda precisa.
Hai fatto la promessa, per altro?>>

<<Nu se responne a na domand, cu nata domanda.
Ij so Ciro Ricci e pozze fa semb chella ca vogl ij.
Rimmil, chi ta fatt mal, pe essere sembra accussì, una gattina timorosa?
A te, te import coccos e me?>>

Mi accarezza il viso, spostandomi una ciocca ribelle dietro l'orecchio, annuisco, inebetita.

<<Devo andare la prof mi cerca.>>

Scappo via, dolcemente emozionata, febbrilmente imbarazzata.

 CIRO RICCI. 𝐓𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐜𝐢𝐞𝐥𝐨 è 𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora