23- Un piccolo miracolo.

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<<Il giudice, ha stabilito un giorno di permesso per te.
Ma dato il tuo ultimo comportamento, dovrei strappare in mille pezzi il documento.
Che facciamo Ciro?>> mi chiede la direttrice, con i suoi occhi color ghiaccio, a traffigermi ogni speranza.

<<Che giorno sarebbe?
Se lei decidesse di non strapparlo?>> chiedo serio, mentre fisso il documento.

Lei, si raddrizza sulla sedia.

<<Domenica.
Ah è ovviamente una prova.
Mi aspetto il peggio da te, come sempre.>>

<<Vabbuò direttrice.
È tutto?>> chiedo, velando l'entusiasmo di poter vedere la piccola Miriam.

Le farò una sorpresa, non le dirò nulla.
Per il momento.

<<È tutto.
Puoi andare da Miriam.
Vedo che ti fa lavorare, per questo preferisco che tu vada da Lei.>>

Lino, mi accompagna in cucina, avremmo dovuto fare una lezione proprio in quella parte di carcere.
Ovviamente, con la guardia a supervisionare il tutto...in questo caso il prescelto è Lino, che già sa che deve smammare perché io e Miriam ammà sta assieme.

La vedo, di spalle, all'entrata della cucina del carcere, con un maglione di colore blu, praticamente indossa tutto quello che suo fratello Alessandro, le comprava.

Lo vedo, guarda il cibo, come suo nemico e scommetto che nu mangia niente, pecché tant ij nu la pozze cuntrullà.

Si autopunisce, per autodistruggersi.

<<O sapeva ca nu magne.
O faje ancore.
Lo so, ti aspettavi Totò ma la direttrice ha deciso me, per l'attività.
E comunque era questo ca vulev a direttrice.>> dico, omettendo del permesso, voglio fargli una sorpresa anche se nu simme annamurat.

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Sobbalzo, quando udisco la sua voce, tanto da sbattere contro il ripiano del frigorifero, sibilando di dolore, spalanco gli occhi, quando riconosco il suo timbro, che poi con la sua frase mi spiega il motivo per cui mi aspettavo Totò mister zucchero filato o la ragazza timida, che lo stesso rossiccio poco fa, ha mirato, mi pare si chiami Gemma.

Mi gratto la nuca dolorante, così rapidamente che mi viene un male al collo.

Imbambolata, lo osservo posare una tazza nel lavello per poi accendere la macchina del caffè elettrico espresso.
I suoi movimenti sono fluidi, calmi e calcolati.
Come se abbia studiato, nei minimi dettagli, come si sarebbe comportato una volta entrato in stanza.

Tutto l'opposto mio che, imbarazzata fino alla punta dei piedi, chiudo il frigorifero restando ferma accanto a esso.

Mi limito nervosa, a guardarlo chiudere sul retro della macchina espressa, il contenitore d'acqua, per poi accenderla e appoggiarsi, con le braccia incrociate al petto, al ripiano.

Mi limito nervosa, a guardarlo chiudere sul retro della macchina espressa, il contenitore d'acqua, per poi accenderla e appoggiarsi, con le braccia incrociate al petto, al ripiano

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 CIRO RICCI. 𝐓𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐜𝐢𝐞𝐥𝐨 è 𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora