3. 𝙔𝙤𝙪 𝙙𝙤𝙣'𝙩 𝙠𝙣𝙤𝙬 𝙢𝙚

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"Dopo quella sera solo graffi
Sul mio corpo come graffiti
Coprono me - Blanco"
🥀


Guardai la ragazza nel riflesso dello specchio e oltre alle occhiaie tremende - che necessitavano di una bella quantità di correttore quella mattina - notai le mie labbra gonfie, turgide e di un colore tendente al rossastro. Il ricordo della notte appena trascorsa con Aiden si fece vivido tra le mura della mia testa.

Avevo un immaginazione così talmente fervida che avevo fantasticato più volte su di lui nel corso degli anni.
Mentre ero annoiata sotto alle coperte.

Ma come succedeva sempre, lui era stato solo un momento che prima o poi sarebbe finito. Forse incastrato fra le pieghe dei miei ricordi, ma sarebbe comunque finito. Proprio come quell'attimo prima di raggiungere l'orgasmo: vorresti che quella sensazione non finisse mai, ma una volta che arriva il culmine e il respiro si calma tornando normale è tutto sparito.
Come feci io due ore prima, lasciandolo da solo tra le lenzuola sfatte della stanza 704, sgattaiolando via con le mie scarpe in mano come se fossi stata una ladra.
Sparita.

Non mi sentivo in colpa, i patti erano stati chiari fin dall'inizio: un ultima notte.
Me lo ripetei più volte mentre presi il tempo che mi serviva per truccarmi e rendermi il più presentabile possibile, prima di vestirmi e sistemare il resto della mia roba nelle valigie.

Un ora dopo mi trovai nella hall pronta a lasciare il Four Season per tornare a casa e rivedere la mia famiglia, mentre il ragazzo alla reception faceva strisciare la carta di credito della donna prima di me sul terminale di pagamento.

**

Un taxi mi accompagnò nella parte occidentale dell'Upper East Side, più precisamente sulla 69esima strada dove si trovava la nostra reggia. I grattacieli di lusso e le case in stile Beaux Arts mi passavano velocemente davanti agli occhi, i marciapiedi erano costeggiati da grandi alberi e le persone passeggiavano avanti e indietro. Mi beai di quella che percepivo come una sensazione familiare che trasmetteva tranquillità, come se fossi tornata nella mia confort zone. Quella era l'aria di casa.
Quella era la città che non dorme mai.

Inutile negare che mi fossero mancati i miei genitori, ma una volta fuori dall'imponente palazzo che mi guardava dall'alto al basso, incrociai le dita e pregai che mio padre non ricominciasse con la sua iperprotettività nei miei confronti. Dopo tutti gli anni che avevo trascorso in un altro stato, che mi lasciasse per lo meno respirare era il minimo che potesse fare.

Ringraziai il consierge che aveva gentilmente trasportato le mie valigie prima di aprire la porta della mia prigione ricoperta d'oro colato.

Con un sorriso stampato in faccia feci qualche passo, svoltai l'angolo e trovai mio padre pronto ad accogliermi nell'immenso salone, seduto su una delle poltrone con la sua solita postura perfetta. Mi presi qualche istante per guardarmi attorno per assicurarmi che non fosse cambiato nulla e respirai a pieni polmoni il profumo di casa.
No, non era cambiato nulla.

Mi voltai per andare a salutare mio padre e mi fermai per un attimo sui miei passi quando vidi che non era da solo. Dovetti deglutire la saliva che mi si era formata in bocca.
Forse il problema non era nemmeno che Aiden - che avevo lasciato senza neanche un ciao qualche ora prima - fosse seduto comodamente a bere Bourbon insieme a mio padre: c'era un'altra persona in quella stanza.

Una persona che catturava il mio sguardo come se fosse un magnete, un ragazzo che avrebbe dovuto avere pressapoco la mia stessa età, o forse un paio di anni in più. Non lo avevo mai visto in casa mia, eppure qualcosa di lui mi era familiare. Teneva il bicchiere di bourbon elegantemente in una mano, mentre con l'altra si copriva le labbra, le sopracciglia aggrottate con fare pensieroso e lo sguardo su di me.

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