Capitolo 16 "Pianoforte"

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Dopo la giornata passata con Annika sono davvero, davvero stanco. Lo stress che ho subìto è sia psicologico che fisico, perciò sono allo stremo delle forze; dopo ore e ore, mi precipito all'appartamento. Prima di entrare, però, sento qualcosa provenire dal suo interno: è musica, il suono di un pianoforte. Cauto e attento a non fare rumore, entro. La melodia che sento è malinconica e sognante, mi trasporta via come un fiume che scorre. È suonata con grande maestria, proviene da una stanza che non avevo mai notato prima; mi avvicino ad essa, e non appena entro scorgo Helya intento a suonare, dietro al pianoforte al centro della stanza. Sembra non essersi accorto minimamente della mia presenza. Tuttavia non voglio interromperlo, e resto ad ascoltare sognante, sorpreso dalla sua immensa bravura. Ci mette passione, sentimento, quel pianoforte sembra filtrare la sua anima tormentata.
"A volte mi chiedo cosa se ne facciano i Non-morti di un vecchio pianoforte." Dice, appena finisce. Si era accorto da un pezzo di me.
"Chopin?" Gli domando.
"Esatto. Come hai fatto a indovinare? Non è molto famosa come sinfonia."
"Da ragazzino coltivavo segretamente la passione per la musica. Comprai una piccola tastiera e decisi di imparare a suonarla da autodidatta, di nascosto a mio padre. Poi lui mi scoprì e si infuriò come non mai...la ruppe in mille pezzi. Finii in punizione per un mese."
"Doveva essere davvero difficile vivere con una persona del genere, non è così?"
"Beh, alla fine quello che pretendeva era che diventassi avvocato, nulla di più. Non mi faceva nemmeno frequentare i ragazzi della mia età, aveva paura che le passioni altrui avrebbero potuto influenzarmi e deviare il mio cammino verso quel mestiere."
"Tremendo." Mormora
"E tu, invece? Suoni molto bene, come hai imparato?"
Ad Helya sfugge un sorriso un po' nostalgico:
"Mia madre era una cantante lirica. Le avevo promesso che sarei andato al conservatorio per studiare pianoforte e che un giorno avrebbe cantato sul palcoscenico accompagnata dalla mia musica...Non ho mai mantenuto quella promessa. Lei perse il lavoro, e io decisi di intraprendere una strada diversa, anche per cominciare a portare qualche soldo a casa; e così divenni poliziotto... Sono morto prima di ottenere il mio primo stipendio."
"E tuo padre?"
"Non l'ho mai conosciuto. Mamma diceva che mi vedeva solo come un errore non previsto. "
Silenzio. Molte volte, riesco a pensare soltanto a quanto sia crudele il destino. Questa è una di quelle volte.
"È successo tanti anni fa, Dean... Sono quasi cinquanta, oramai. Vecchi rimpianti, roba passata."
"Già."
"Piuttosto dimmi, tu come te la cavi? Con il piano, intendo."
"Ehm, io? Non proprio bene, credo di aver dimenticato quasi tutto, è da troppo tempo che non suono."
Helya si sposta un po' di lato, invitandomi a sedermi accanto a lui sullo sgabello. Accetto il suo invito.
"Non ricordi proprio niente di niente? Avanti, ci deve essere qualche cosina che sai suonare."
"In effetti..."
Mi scrocchio le dita, poggiandole tremolanti sui tasti del piano. Mille ricordi mi salgono alla mente, sia belli, che brutti. Cerco di far mente locale, e di ricordare come faceva quella melodia;
Inizio a premere i tasti, e mi accorgo che producono musica. La musica... è così bella.
"Credo che quell'accordo sia in 'fa'. Guarda, così." Helya afferra la mia mano e posiziona le mie dita sui tasti in maniera differente.
"È vero!" Sorrido, riprendendo a suonare.
"Non sei niente male. Occhio, quello è un 'do' maggiore." Mi corregge, riposizionando nuovamente le mani sui tasti. Il suo tocco è così delicato, e quelle dita sottili così veloci e abili... Quest'uomo è in grado di fare così tante cose... E poi ci sono io, che l'unica cosa che so fare è piangermi addosso dalla paura.
"Mi piace come suoni. Mi piace davvero." Mi sussurra, e comincia a improvvisare anche lui sulla tastiera, seguendo la mia melodia principale, che si trasforma in un brano a quattro mani. Ad un tratto il piano sembra emanare delle vibrazioni, ed è come se quelle note, quelle armonie, si fondessero, fino a diventare una cosa sola. Come le nostre anime.
Stiamo facendo l'amore attraverso la musica di un pianoforte, senza bisogno di toccarsi o di baciarsi. È qualcosa di incredibilmente meraviglioso, e vorrei che non finisse mai.
Helya mi abbraccia da dietro. I suoi baci, sulle spalle, sul collo, sulla nuca, mentre continuo a suonare. Si sfila la maglietta.
Cesso di suonare all'istante.
"Perché hai smesso?"
"So già che mi distrarresti troppo."
Helya ride di gusto, si alza dallo sgabello, e vedo per la prima volta la sua schiena scoperta: vi è un grosso tatuaggio sopra, rappresenta due ali, con al centro una grande "M" stilizzata.
M?
Michael?
"Helya, quel tatuaggio..."
Lui, svelto, si volta dall'altra parte, come per nasconderlo, come se si fosse scordato di avercelo. Si rimette la maglietta imbarazzato.
"Questa cosa non deve uscire da qua. Intesi?"
"Voi avevate una storia?"
"Dean, non deve saperlo nessuno, è chiaro? Non sto scherzando."
Si ricompone in fretta, aggiustandosi il ciuffo ribelle davanti alla fronte.
"E nessuno deve sapere nemmeno di quello che sta succedendo tra noi due. Sappilo."
"Che cosa? Ma perché?" Protesto.
"Fallo e basta. L'ho già perso in passato. Non deve accadere di nuovo."
Helya fa per andarsene, ma prima che possa fare ciò lo afferro per il braccio.
"Non andartene."
"Dovresti andare a dormire, Dean. Domani è l'ultimo giorno prima della partenza, devi essere riposato per affrontarlo. Vale lo stesso per me."
"No, Helya!" Mi oppongo, anteponendomi tra lui e la porta:
"Quello che stiamo facendo è sbagliato? Perché mai dovremmo tenerlo nascosto? È qualcosa che va contro le regole?"
"Dolce, piccolo, ingenuo Dean... Credevo fosse ovvio."
Sento come un macigno piombarmi addosso. Come se Helya avesse afferrato il mio cuore e lo avesse stritolato e gettato via. Era qualcosa che non mi aspettavo affatto, mi lascia completamente senza parole.
"I Non-morti hanno dimenticato tutto. Persino come si ama. Non sanno amare, Dean...solo noi possiamo farlo, perché ricordiamo. E io ho un disperato bisogno di amare. Sento l'esigenza di farlo. Ma non ho mai detto che per la comunità in cui viviamo adesso sia una cosa normale. È meglio che nessuno venga a saperlo, fidati. C'è un'altra cosa che devi sapere: non sono stato il primo ad avere i ricordi. Michael è stato il primo in assoluto."
"Che cosa? Tu...mi ami solo perché hai bisogno di farlo? Solo perché sono l'unico capace di ricordare?!"
Helya abbassa lo sguardo, tacendo.
"Mi hai davvero deluso." È l'ultima cosa che dico, prima di correre via, sbattendo la porta alle mie spalle.

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