Capitolo 34 "Vortice"

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Ricordo benissimo tutta la strada percorsa all'andata, poiché sono stato attento a dove Jamie mi stava portando. Fortunatamente ho un buon senso dell'orientamento, e non faccio fatica nel tornare indietro. Tuttavia, è come se una pesante malinconia mi assalisse, per tutto il tempo. Mi gira intorno, come un branco di avvoltoi, lacerando il mio umore. Essa si mescola all'ansia, alla preoccupazione verso ciò che mi attende una volta arrivato. Non ho più avuto notizie di Helya, e il pensiero di essere all'oscuro sulle sue condizioni mi inquieta non poco. Sento fin troppo la sua mancanza: affretto il passo, ogni qual volta che il suo viso mi ritorna in mente. Rivederlo è il mio desiderio più grande.
"Perdonami" mi ha detto mio padre, poco fa. Me ne infischio: ma sì, puoi anche pensare che io ti abbia perdonato, se ti fa sentire la coscienza meno sporca. Puoi anche confondere la mia indifferenza con il perdono. Come ho già detto, non mi importa più: sono stato ingenuo a pensare che approfittarmi di Jamie fosse sbagliato e ingiusto. Ho sbagliato, nel cercare di non ferirlo. Alla fine, mi ha voltato le spalle, anche lui.
L'unica persona al mondo che perdonerò, sarà Helya:
ho deciso di tornare, perché nonostante ciò che abbia fatto in passato, non è stato un atto rivolto a me. Ciò che conta è il presente: e ormai ne sono sicuro, lui non mi farebbe mai del male. Magari è proprio l'unico per cui io conti qualcosa, e gli ho voltato le spalle. Devo rimediare, a tutti i costi.
Una volta giunto all'interno dell'edificio, dopo aver corso per i suoi innumerevoli corridoi suddivisi in piani che sembrano non avere fine, spalanco la porta della stanza d'ospedale davanti alla quale sono giunto, e mi rendo conto con grande sorpresa che Helya non è lì. Entrambi i letti presenti all'interno della camera sono vuoti e ordinati, non c'è nessuno, a parte l'anziana infermiera che ormai mi è conoscente, che è intenta a rassettare qualche utensile sparso qua e là; mi rivolge uno sguardo amichevole:
"Cerchi di nuovo Helya, giovanotto?"
Annuisco appena, in un cenno veloce. La donna ridacchia sotto i baffi:
"L'abbiamo dimesso da un paio di giorni. Sembra si sia ristabilito del tutto, anche se ogni tanto ha qualche vuoto di memoria. Per il resto è come nuovo."
Un calore piacevole comincia ad espandersi per tutto il mio corpo, e mi sento come avvolto da una sensazione di gioia pura ed estrema, che affievolisce il dolore accumulato nelle ultime ore, facendomene dimenticare, almeno per un po'. Il mio cuore ha ripreso a battere, e sento che sta reagendo contro le lame affilate che cercano di ostacolare il suo battito. Di corsa, senza pensarci sopra, mi dirigo all'appartamento. È da tanto tempo che non vi torno, mi sembra un'eternità.
Quando apro la porta, irrompendo in quell'ambiente, Helya è lì, proprio come mi aspettavo: indossa solo un paio di jeans, ed è rivolto verso la finestra, dandomi le spalle, e mostrando la sua schiena nuda. Il taguaggio che vidi quella volta, adesso è completamente rovinato: sembra essere stato scorticato, strappato via con tutta la pelle, che adesso si è rimarginata quasi del tutto, compromettendo però il disegno. Ora, somiglia più ad un'accozzaglia di linee messe lì a caso. La benda bianca attraversa ancora metà della sua schiena, sembra essere stata cambiata da poco.
Si volta lentamente, ma di certo non si aspetta di ritrovarsi me davanti: sussulta, non appena mi vede.
Beh, è la stessa cosa che succede a me; il suo corpo assomiglia a una di quelle antiche sculture in marmo raffiguranti le divinità greche, nella loro estrema perfezione fisica. Seppur sia ricoperto da cicatrici, non perde la sensualità estrema che lo caratterizza, quella famosa aurea che lo rende così attraente. La visione delle sue spalle nude, del suo petto, del suo busto, delle sue braccia possenti, mi manda la mente in tilt. Provo all'improvviso un acuto desiderio perverso, tutto ciò che vorrei in quell'istante è farlo mio, solamente mio. È impossibile resistervi. Ma i pensieri di Helya, al momento, non sembrano essere i miei medesimi:
"Dean, sei tornato! Credevo che avessi deciso di andare via per sempre..." I suoi occhi risplendono di verde. Sembrano di nuovo vivi, emanano ancora quella luce piena di emozione che nonostante la sua perenne aria fredda continua a splendere. Riescono a far trasparire la piacevole sorpresa, la gioia e il sollievo che sembro avergli procurato.
Cerco di focalizzarmi il più possibile su ciò che ho da dirgli, a cui ho pensato per tutto il tragitto, evitando di farmi distrarre dalla sua bellezza eclatante:
"Nella vita bisogna fare delle scelte, con la consapevolezza di non poter più tornare indietro in seguito. Una scelta fatta senza pensare alle conseguenze non è una scelta saggia: è ciò che hanno sempre cercato di insegnarmi, cosa ironica, dato che io non avevo il diritto di fare delle scelte, poiché erano gli altri a farle per me. Tu, Helya, mi hai insegnato a pensare mille volte prima di scegliere qualcosa, prima di agire, o reagire. Hai lottato contro la mia impulsività, con tutte le tue forze, hai cercato di proteggermi e a rimediare i miei errori. Tu hai scelto me, quel giorno, hai scelto di trasformarmi nel tuo Non-morto. Hai commesso degli errori in passato anche tu, molto gravi, ma non importa, perché io ho fatto la mia scelta: ho scelto di amarti. E non mi tirerò indietro, mai. Io ti amo, e lo farò fino alla fine dei miei giorni."
Helya rimane lì, fermo impalato, non sapendo cosa fare. Di certo non era preparato a sentire tali frasi, così su due piedi; la sua espressione è qualcosa di davvero meraviglioso: ha come un mezzo sorriso sognante dipinto sul volto, le sopracciglia sono inclinate, mentre i suoi occhi si stanno inumidendo. Mi avvicino a lui, afferrandogli il polso, stringendolo forte, e sbattendolo al muro, lo bacio con passione, dolcezza, dando sfogo a tutto il mio desiderio. Le mie labbra affogano tra le sue, le nostre lingue si intrecciano in una danza erotica. Sento il suo corpo vicino, la sua pelle sotto il mio tatto: mi sembra quasi di riuscire a captare le vibrazioni del suo animo, come un pianista sente le note che i tasti del suo pianoforte producono. Lo stringo talmente forte e intensamente da pensare di poter scomparire tra le sue braccia. Il suo cuore batte di nuovo così forte, come se da un momento all'altro dovesse fuoriuscire direttamente dal suo petto. Amo ogni centimetro di lui: il calore che emana, il profumo che manda in estasi i miei sensi...
Avvolti da quel passionale vortice, non mi rendo conto che ci siamo trascinati fino alla camera da letto; non mi sono nemmeno accorto che addosso mi sono rimaste solo le mutande. Il pudore comincia a ripresentarsi, anche se cerco di ignorarlo.
Helya afferra la mia mano, stringendola forte non appena nota il lieve tremolìo che la attraversa. È possibile notare una leggera tensione anche nei suoi lineamenti.
"Stai tremando..." Sorride dolcemente, accarezzandomi il volto: "Hai paura?" Mi chiede.
Sì. Sto morendo dalla paura, anche se vorrei fare di tutto per non farglielo notare. Mi sento come un adolescente la sua prima volta.
"Tranquillo. Anch'io ne ho." Mi sussurra all'orecchio, con la stessa dolcezza. Eppure quella frase mi dà sicurezza, anche se forse dovrebbe ottenere l'effetto contrario. Mi fa sentire più sicuro: anche lui ha paura, e di certo è più esperto di me in questo genere di cose. Mi fa pensare che sia normale, un po' di ansia.
"Lasciati solo andare. Non devi fare niente." Sento la sua mano scivolare lungo il mio busto, scorrendo lentamente, generando brividi ovunque. Più giù, sempre più giù.
Seguo il suo consiglio, e lascio che sia lui a condurre il tutto: mi abbandono completamente alle sensazioni contrastanti che provo in seguito:
all'inizio, un forte dolore, che immagino sia inevitabile, nonostante Helya faccia di tutto per limitarlo al minimo. In questo è molto scrupoloso e premuroso, pensa continuamente a come mi sento, mi chiede se vada tutto bene. C'è sintonia, comunicazione, tra di noi. Cerco di sopportare quella minuscola sofferenza, perché ciò che mi interessa è farlo sentire bene.
Poi, dopo qualche minuto, comincio a provare una sensazione di immenso piacere anch'io. Un piacere unico, impareggiabile, non paragonabile a tutti gli altri tipi di piacere esistenti. Le sue mani, la sua bocca, sono capaci di mandarmi in estasi, darmi i brividi. La sua lingua esplora avidamente ogni mio punto erogeno, bramosa di passione.
A un certo punto mi sembra quasi di poter toccare il cielo con un dito: mi sento libero, felice, come mai mi sono sentito in vita mia. Le nostre anime, i nostri corpi, le nostre menti e i nostri cuori sono un tutt'uno. Si sincronizzano automaticamente, in maniera naturale, diventiamo una cosa sola. Quella sensazione di estrema libertà data da quel piacere comincia ad aumentare, e aumentare, sempre di più, fino ad offuscare i miei sensi. Non vedo, né sento, né odo più nulla. Solo io e lui, i nostri sospiri e il battito dei nostri cuori.
"Ti amo, Dean." Mi sussurra, in un abbraccio esausto. Crolla al mio fianco, col fiato corto; l'intero suo corpo gronda di sudore, ma nonostante la innegabile stanchezza, scoppia a ridere. Una di quelle risate adorabili e dolci, quelle di cui potresti vivere. Si porta le mani dietro la nuca e prende una lunga boccata d'aria, inspirando a pieni polmoni. Sembra felice. Lo è. E lo sono anch'io.

Non l'ho perso, alla fine. Avrei potuto farlo, già, per sempre. Ma è tornato da me, è qui. E non lascerò che qualcun altro me lo porti via, mai più. Adesso, siamo più vicini che mai, siamo una cosa sola.
"Non fumi?" Gli chiedo, dato che accendersi una sigaretta è un classico, in situazioni come questa. Helya si volta di fianco, guardandomi negli occhi, con gentilezza:
"Non ne sento più il bisogno; poiché la peggiore astinenza che potrei mai provare è quella dalle tue labbra." Si avvicina e mi bacia un'altra volta. È così piacevole: i suoi baci hanno un potere curativo immenso, per la mia anima, come un'anestesia capace di portare via tutto il dolore. Helya ha il sapore della felicità:
"Non mi chiedi nemmeno se mi sia piaciuto!" Contesto, intenzionato a provocarlo.
"Tsè, non ho bisogno di chiederti nemmeno questo, poiché a giudicare dai tuoi versi sembravi apprezzare eccome."
Quella frase mi fa arrossire come non mai, cosa che sembra divertirlo ancora di più, dandogli un nuovo pretesto per prendermi in giro.
"Sempre il solito bastardo, non ti risparmi mai." Borbotto, tirandomi su le coperte fino al naso, e lui ridacchia.
"Ti ha fatto molto male?" Mi chiede dopo qualche secondo, storcendo la bocca preoccupato. Scuoto la testa, in cenno di 'no'.
"È un dolore che fa solo bene." Rispondo.
"Grazie, Dean." dice sfiorandomi le labbra, improvvisamente serio: "Per essere rimasto nonostante tutto. Grazie per non avermi abbandonato."
Ci fissiamo a vicenda per molto tempo. Forse aspetta una mia risposta, ma sono talmente incantato da non riuscire a formulare nessuna frase di senso compiuto.
Capendo che non ho nulla da dire, Helya si volta dall'altra parte, facendo per addormentarsi.
Faccio scivolare alcune sue ciocche chiare tra le estremità delle mie dita, cullandolo. Quando mi accerto che stia ormai dormendo, gli stampo un leggero bacio sulla nuca.
"Sono io a doverti ringraziare, per essere rimasto." Penso a tutte le volte in cui Helya si è aggrappato con tutte le forze alla vita, tutte le volte in cui ha resistito, in cui ha lottato, senza mai mollare. Mi piace pensare ingenuamente che abbia fatto tutto ciò solo per me.
"Non smetterò mai di dirti che ti amo, sì, ti amo anch'io." Gli sussurro all'orecchio. Poi, afferro la sua mano, abbandonandomi anch'io alla stanchezza, lasciando che il sonno prenda il sopravvento.

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