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"Puoi camminare più piano?" chiedo cercando di non perdere il passo

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"Puoi camminare più piano?" chiedo cercando di non perdere il passo.

"Dai tesoro, siamo quasi arrivati."

"Hyunjin, se corro mi fanno male i piedi." Sbuffo, lamentandomi, ma lui non rallenta di un centimetro.

"E va bene." Senza alcun preavviso, le sue mani mi sollevano da terra. Il pavimento scompare sotto di me, e mentre mi tiene in braccio con estrema facilità, sorpreso mi aggrappo alle sue spalle per non cadere, divertito.

"Sul serio?" Non riesco a fingermi scocciato e il mio sorriso mi tradisce. "Non bastava rallentare un po'?"

"Siamo in ritardo"  mi risponde con gli occhi puntati verso la strada, ignorando  tutte le persone attorno a noi.

"In ritardo per cosa? Pensavo andassimo a vedere il tuo nuovo studio."

Lui però non mi risponde e divento sempre più sospettoso, ma non posso riuscire a contenere il mio entusiasmo. Se davvero mi sta portando dove dice, non vedo l'ora di vedere il luogo dove potrà finalmente fare ciò che ama. È una sensazione forte, così inspiegabile, e diventa ancora più intensa ogni volta che guardo il suo volto illuminarsi. È come se la sua felicità nutrisse la mia.

"Devi chiudere gli occhi adesso."

Lo faccio senza obiettare, lasciandomi guidare nel buio. Dopo qualche passo mi posa a terra, ma le sue mani rimangono strette lungo le mie braccia e il suo respiro si fa sempre più vicino.

"Allora?" Chiedo con un pizzico di entusiasmo di troppo.

"So che non è perfetto, ci sto ancora lavorando" mi dice, un po' esitante.

"Insomma, per ora credo possa andare, però..." Sento le sue insicurezze venire a galla, ronzare nell'aria come piccole onde di tensione, e voglio cancellarle una a una. Mi avvicino di un passo e allungo le mani per trovarlo.

"Sarà stupendo" sussurro con un sorriso. "Posso aprire gli occhi?"

Le sue dita vagano per qualche secondo sul mio viso, lungo le mie guance, sulle mie labbra e raggiungono le ciocche che mi coprono gli occhi. Le sposta, accarezzandomi i capelli e portandomeli dietro l'orecchio. Poi mi fa girare di qualche passo su me stesso e sospira.

"Puoi guardare, se vuoi."

Il fatto è che prima di aprire gli occhi, non so cosa aspettarmi. Forse un posto molto ordinato, pulito, con scaffali geometrici, qualche macchina fotografica ben sistemata e dei quadri appesi alle pareti. Poi li apro e allora mi rendo conto di trovarmi in un mondo che racconta di lui ogni dettaglio.

È una vetrina piccola, la luce calda filtra attraverso le tende sottili e l'insegna in legno sopra la porta, dipinta a caratteri sottili, sembra invitarmi a fare qualche passo avanti. All'interno ci sono scaffali pieni di fotocamere, libri, quaderni, riviste... mi chiedo quando abbia avuto il tempo di comprare tutte queste cose. Noto subito che sulle pareti, appese con fili e mollette, ci sono i suoi lavori e sul retro intravedo un fondale bianco, quello che usa sempre per le sue fotografie.

Maybe In Another Life || HyunlixDove le storie prendono vita. Scoprilo ora