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La vendetta
Con l'amaro in bocca
Ti consuma dentro





















ADMETUS

Bisogna essere forti quando si entra in questo mondo.
Bisogna stringere i denti, rompersi le unghie e sapere usare la mente in modo impeccabile.
Non si deve lasciare la corsa, non si deve rompere il contatto.
È come nella vita: chi si butta a capofitto nelle cose può rischiare di farsi male.
Chi fa parte del nostro lato non può permetterselo per nulla al mondo.
E se questa città ti sta stretta, non puoi scappare.
Non ti è permesso.
Anche pensarlo ti è vietato.
Perchè ormai ci sei dentro fino al collo.

«A che stai pensando?»
Però lei... lei ha tutte le carte in tavola per bruciare questo mondo che la costringe a rinchiudersi in una gabbia, e riuscire a vivere libera nell'altro lato.
Dove potrebbe diventare regina, se volesse.

«Non chiedermi nulla, seguimi e basta»

«Dove mi stai portando, Admetus?»

«In camera mia»

«Perchè?»
La sua mano abbandona la mia e impunta i piedi per terra con espressione allarmata.

«Cosa? Hai paura di stare da sola con me ora Lifeweaver

«Ma figurati»

«E allora che problema hai?»

«Tutti quelli che ci vedranno penseranno male»

«Che pensino male allora»
Allungo di nuovo la mano e stringo lievemente il suo polso esile con le mie dita. Sembra non mangi da giorni.
Arrivati in cima alla torretta, apro la porta e la invito ad entrare. Il suo sguardo si posa in ogni angolo possibile della stanza con curiosità e io non posso fare a meno di vedere le sue espressioni cambiare ogni secondo.
Scruto il suo viso mentre osserva le foto di famiglia incorniciate, poste al di sopra della cassettiera dal legno castagno. Tutte ritraggono me e i miei genitori quando ero piccolo e mi tenevano sempre con loro.
All'improvviso sento il potere formicolare nel sangue e scorrere nelle mie vene.
Ma non è il mio.
Mi avvicino subito ad Alcestis e la giro verso di me, prima che rompa tutte le foto con la magia.

«Guarda me. Non farti condizionare, puoi controllarlo. Coraggio, Lifeweaver»
La guido con i miei respiri e i miei gesti e piano piano non sento più la pressione che scorreva dentro le mie vene.
Mi sento di colpo più leggero.

«Ti ricordi che cosa ti ho detto il giorno che sono rimasto a casa tua?»

«Si»

«Cosa ti ho detto?»

«Che sono bellissima ovviamente»
Il suo sorriso provocante mi fa scattare la mano e tiro una ciocca dei suoi capelli verso di me, ritrovandomi il suo viso vicino e il suo profumo al posto  dell'ossigeno.

«Non fare la bambina. Ti avevo parlato del tatuaggio, ricordi?»

«Si, mi ricordo»
Il suo respiro accelerato è una dura prova per il mio corpo.

«Te lo faccio ora»

«Ma dopo dovrò passare la notte con il braccio fasciato»

«La particolarità dei nostri tatuaggi è che non serve un tempo di fasciatura»

«Quindi appena finirai di farmi il disegno non ci sarà bisogno di fasciarlo?»
Scuoto la testa e lei, contrariamente a cosa pensavo, annuisce. La faccio accomodare sulla mia sedia e poi preparo tutto l'occorrente.
Non vedo l'ora di marchiare la sua pelle.
Prendo lo strumento con l'ago e inizio il lavoro. La sua pelle candida si sporca di inchiostro e io, invece di dispiacermi per averla resa impura, mi compiaccio di questo ago che entra ed esce dal suo braccio.
Sono malato.

Promise-noi e nessun altroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora