13 - Incubi e confessioni

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Il parco era illuminato dai chiari raggi della luna, l'erba un mare argentato.

La luce delle stelle si rifletteva sull'acqua calma del Lago Nero rendendola scintillante.

Una figura uscì silenziosa dal portone d'ingresso della scuola dirigendosi verso la riva del Lago dove un'altra figura, seduta di spalle su una roccia un po' più grande delle altre, la stava aspettando.

Aveva un magnifico ed elegante vestito rosso arricchito da ricami dorati: il corsetto aderente, senza spalline, lasciava intravedere le spalle esili coperte da uno scialle di seta, anch'esso scarlatto, e dai lunghi capelli biondi lasciati sciolti. La gonna ampia ma leggera frusciava mentre la ragazza camminava a passo svelto sull'erba umida della notte.

La luce lunare era sufficiente per illuminarla e rendere distinguibili i lineamenti del viso: gli occhi, verdi come smeraldi, brillavano; le labbra incurvate in un sorriso dolce e impaziente.

Mettendo piede sul terreno più ghiaioso della riva l'altra figura si accorse del suo arrivo.

Si alzò in piedi girandosi verso di lei, raggiante.

Gli occhi scuri sembravano fremere dalla gioia, i capelli quasi ramati spettinati dalla lieve brezza che soffiava piacevole.

E le sue labbra. La ragazza sapeva molto bene cosa avrebbe voluto fare con quelle labbra...

Il suo sorriso si accentuò ulteriormente al pensiero.

"Sei arrivata! Pensavo non saresti più venuta" disse lui senza smettere di sorridere.

"Te l'avevo promesso, e io mantengo sempre le mie promesse" rispose lei avvicinandosi e lasciando che il ragazzo la abbracciasse.

Si sentiva sicura, protetta. Tra quelle braccia si sentiva a casa.

"Ti amo" sentì la necessità di dire, alzando lo sguardo e fissando i suoi occhi.

"Ti amo anch'io" disse lui ricambiando quello sguardo profondo.

"Con tutto il mio cuore, per sempre"

Le loro labbra si avvicinarono fino a toccarsi, e a quel punto sarebbero potuti rimanere così per l'eternità, niente avrebbe potuto separali...



"Aaahh, nooo!"

Celaena si svegliò di scatto tirandosi su a sedere ansimando, ricadendo sul cuscino esattamente tre secondi dopo per essersi alzata troppo bruscamente. I capelli arruffati disposti a mo' di aureola sul guanciale, le mani che si tenevano saldamente la testa per cercare di far smettere di girare quello che le stava intorno.

Ma la Serpeverde sapeva che non sarebbe servito a molto.

Con gli occhi sbarrati, cercando di riprendere a respirare normalmente, giaceva distesa rigidamente sul letto provando a cancellare quell'immagine dalla sua mente... senza successo.

Ma cosa diavolo le era preso?

Il tutto era iniziato qualche settimana prima: all'inizio la ragazza aveva dato la colpa al gesto totalmente stupido, insensato e traumatico del Grifondoro, ma col passare delle notti il sogno si era inesorabilmente presentato, ogni volta più vivido e reale della precedente.

Sogno? Sarebbe stato meglio chiamarlo incubo, perché lei che baciava Stefan Grifondoro, per di più dopo avergli detto che lo amava, altro non poteva essere che un orribile, terrificante incubo.

La Serpe e Il GrifoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora