Chapter 1

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Capitolo Uno

Il ragazzo portò le gambe al petto e si strinse maggiormente nell'angolo della stanza buia, sobbalzando ad ogni minimo rumore e tentando invano di sopprimere i singhiozzi violenti e le lacrime che gli solcavano il viso. La paura lo stava consumando dall'interno, una morsa dolorosa gli attanagliava lo stomaco e gli artigliava il petto, impedendogli di respirare correttamente.
Harry sapeva perfettamente di trovarsi nel bel mezzo di un attacco di panico, ma non riusciva a tranquillizzarsi in alcun modo. L'ansia e il timore erano fin troppo pressanti e aveva bisogno di aiuto, di qualcuno che lo stringesse tra le braccia, qualcuno che gli spiegasse come riuscire a respirare e gli sussurrasse di calmarsi perché sarebbe andato tutto bene, ma.
Probabilmente le uniche parole che avrebbe ricevuto in quel momento sarebbero state quelle cattive di Ben non appena sarebbe tornato dal lavoro. Per questo motivo aveva bisogno di darsi una calmata prima che lui potesse vederlo in quello stato.
Non voleva assolutamente finire come l'ultima volta.
Recuperò il suo cellulare dalla tasca e con mani tremanti inserì il codice di sblocco. Digitò senza pensarci il numero di sua sorella e avviò la chiamata. Qualche secondo più tardi udì dall'altro capo del telefono una voce che gli sembrò totalmente differente, ma diede la colpa alle sue condizioni, dicendosi che, probabilmente, non riusciva a riconoscere la voce di Gemma perché l'attacco stava peggiorando.
- Gemma. - rantolò a fatica.
- Emh...amico, mi dispiace ma credo che tu abbia sbagliato numero. - lo informò la voce con un tono leggermente seccato.
- Oh...io...- Harry singhiozzò un paio di volte, incapace di articolare delle frasi di senso compiuto.
- Ehi stai bene? - il tono di quella voce cambiò totalmente.
- Non...riesco...
- Merda, stai avendo un attacco di panico. C'è qualcuno lì con te?
- No. - gracchiò il riccio, stringendo maggiormente il cellulare nella mano.
- Cristo. - sbottò la voce, poi sospirò. - Come ti chiami?
- Ha...Harry.
- Harry devi ascoltarmi attentamente, okay? Inspira ed espira lentamente. Come faccio io.
Harry provò ad assecondare quella voce che, per chissà quale assurdo motivo, riusciva a farlo sentire al sicuro. Quella piacevole sensazione l'aiutò decisamente ad ascoltare ciò che gli stava dicendo, concentrandosi unicamente su quelle parole e sul proprio respiro.
- Andrà tutto bene, Harry, devi credermi. Puoi respirare per me? 
Il ragazzo impiegò una decina di minuti per riuscire a tranquillizzarsi del tutto. La voce non l'aveva abbandonato neanche per un secondo, parlandogli con un tono gentile mentre attendeva pazientemente che l'attacco di panico scemasse.
- Va meglio?
- Si, decisamente. Grazie. - gli disse Harry con sincera gratitudine.
- Non ringraziarmi, Harry. Io sono Louis, in ogni caso.
Louis.
Harry sapeva che non sarebbe riuscito a dimenticare né quel nome, né quella voce - che trovava particolarmente acuta, ma al contempo così terribilmente dolce e melodiosa - per il resto dei suoi giorni.
- Come sapevi che... - cominciò con una certa curiosità, passandosi una mano sul viso per eliminare i residui delle lacrime di poc'anzi, prima di essere interrotto da Louis.
- Mia madre è un'infermiera. Conosco un paio di trucchetti anche io.
Prima che potesse replicare, Harry udì la porta dell'appartamento aprirsi e deglutì rumorosamente.
- Adesso devo scappare. - mormorò a voce bassa, tentando di nascondere il panico nel suo tono di voce. - Ti ringrazio ancora per avermi aiutato.
- Tranquillo, Harry. Ecco...semmai dovessi avere un altro attacco di panico sentiti autorizzato a chiamare  di nuovo il numero sbagliato.
- Io...si. Va bene. - il riccio sorrise appena, affondando gli incisivi nel proprio labbro inferiore. - Ciao, Louis.
- A presto, Harold!
Louis chiuse la chiamata ed Harry alzò leggermente un sopracciglio, assumendo un espressione confusa mentre osservava con sguardo assente lo schermo del suo cellulare.
Harold? Il suo nome non era Harold.
Scosse il capo, ridacchiando appena senza neanche rendersene conto. Salvò il numero di quel Louis senza farsi troppe domande sulla ragione per cui l'aveva fatto - facendo attenzione a registrarlo con il nome di Gems 2, in modo da evitare che Ben potesse insospettirsi e dare di matto - e poi prese un grosso respiro.
- Harry. - sobbalzò non appena udì la voce ovattata del suo fidanzato, seguita da un colpo violento alla porta. - Apri questa dannata porta.
Il ragazzo posò il cellulare nel primo cassetto del comodino, respirò a fondo e poi s'alzò. S'avvicinò con passi rapidi alla porta e l'aprì lentamente dopo qualche istante di esitazione.
- Cosa stavi facendo? - gli domandò Ben con la solita rabbia a deformargli i tratti del viso.
- Gemma mi ha chiamato. - balbettò Harry, deglutendo a fatica e sospirando internamente con sollievo non appena notò l'espressione del suo fidanzato rilassarsi leggermente.
- Bene.
Subito dopo l'uomo gli afferrò con una certa forza il viso, baciandolo rudemente e stringendolo a sé. Harry tremò, la sensazione di disgusto che non voleva abbandonarlo, e rispose passivamente a quelle attenzioni decisamente del tutto indesiderate. La labbra di Ben sapevano di birra e tabacco andato a male, un mix che riusciva a provocargli persino una spiacevole sensazione di vomito.
Lo sbatté prepotentemente sulla prima parete disponibile, mordendogli la pelle del collo nivea e abbassandogli i pantaloni e l'intimo con un solo strattone repentino. Senza nemmeno premurarsi di prepararlo adeguatamente Ben lo penetrò con violenza. Harry si ritrovò a tentare di trattenere i singhiozzi e le lacrime - perché sapeva che sarebbe stato peggio se solo si fosse permesso di piangere davanti a lui - e a gemere dolorosamente con una guancia schiacciata contro il muro. Quando l'altro raggiunse l'orgasmo si riversò dentro di lui e poi lo spinse sul pavimento. Chiuse la patta dei propri pantaloni, afferrò una sigaretta dal pacchetto che portava sempre con sé e la mise tra le labbra. Recuperò nuovamente le chiavi e indossò silenziosamente la giacca.
- Non aspettarmi. Vado da Gwendolyn per un paio di giorni. Ti chiamo domani. - Ben fece una pausa, fece scattare l'accendino regalatogli dal padre un paio di volte e poi accese il sottile bastoncino di tabacco. - Non c'è bisogno che te lo ripeta. Sai bene cosa ti aspetta se non rispetti le regole mentre non ci sono.
Non appena il riccio udì la porta dell'appartamento sbattere scoppiò nuovamente e pianse ancora una volta tutte le sue lacrime, rannicchiandosi sul gelido pavimento del corridoio e chiedendosi quando sarebbe riuscito a fermare tutto quello.
Quando riuscì ad alzarsi si recò direttamente in bagno, fece una rapida doccia e si lasciò cadere sul letto della loro camera, avviluppandosi nel candido piumone con il cellulare stretto al petto. S'addormentò così, facendosi cullare dalla braccia di Morfeo mentre ripensava dolorosamente a tutti i ricordi della vita che aveva prima di incontrare Ben.
Una vita che non gli era mai sembrata così lontana quanto negli ultimi anni.

Don't let me goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora