Chapter 15

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Capitolo quindici

Harry prese a canticchiare allegramente il motivo di una canzone, sbattendo energicamente il composto all'interno della ciotola con una frusta. Il timer del forno trillò in quel preciso istante e s'apprestò a sfornare la teglia di cupcake al caffè che aveva preparato poco prima.
Li posizionò attentamente su un vassoio d'esposizione, stando ben attento a non scottarsi con la teglia bollente, poi uscì fuori dalla cucina. Mise i cupcake nell'apposita vetrinetta, tra quelli al cioccolato e alla vaniglia, aggiunse il cartellino colorato - su cui v'era scritto con una calligrafia ordinata "al caffè" - e sospirò serenamente, scostandosi un riccio dal viso con aria soddisfatta.
- Pensi di riuscire a gestire la situazione per un paio d'ore? - Allyson gli si parò improvvisamente davanti, i capelli di un viola intenso leggermente scompigliati e un'espressione completamente seccata. - El ha dimenticato il cellulare a casa e il suo manager mi ha chiesto di portarglielo al più presto possibile, prima che le venga una crisi isterica.
Il ragazzo ridacchiò, lanciando un'occhiata ai pochi clienti presenti quella mattina e poi sorrise ampiamente all'amica.
- Nessun problema, Ally.
- Grazie, H. - la venticinquenne infilò la mantellina nera con un piccolo sbuffo, recuperando il suo cellulare e le chiavi dell'auto dalla sua borsa. - Per qualsiasi problema non esitare a chiamarmi. In ogni caso, tornerò prima che tu possa anche solo rendertene conto.
- 'Sta tranquilla! - Harry roteò appena gli occhi, spingendola gentilmente verso l'uscita con uno sguardo rassicurante. - Me la caverò. Ora va' e salutami El.
- Va bene, va bene. - ridacchiò lei, scuotendo appena il capo. - A dopo.
Il riccio osservò per qualche istante l'amica allontanarsi dalla vetrata che dava sulla strada, prima di tornare in cucina per mettere da parte l'impasto che avrebbe finito di preparare non appena Allyson sarebbe tornata. Subito dopo appese il grembiule al gancio della parete e ritornò in sala, cominciando a ripulire il bancone con una certa tranquillità, canticchiando tra sé e sé il motivo della canzone che proveniva dalle casse del solito vecchio stereo.
Era più di una settimana, ormai, che le cose parevano essere ritornare quasi del tutto come prima.
Ben era cominciato a sembrare più allegro del solito, evitando di urlargli contro per tutto il tempo. Con Louis, invece, la situazione era rimasta esattamente la stessa dopo quella confessione e i baci che s'erano scambiati. Il liscio non ne aveva fatto più cenno, comunque, né aveva insistito per ricevere una risposta ed Harry gliene era terribilmente grato.
La confusione non aveva affatto abbandonato la sua mente - anzi, se possibile era decisamente aumentata - e più ci rifletteva, più tutto gli appariva incomprensibile, una matassa aggrovigliata che, qualsiasi cosa pensasse, non riusciva a disfare in alcun modo.
Di tanto in tanto aveva fatto riemergere l'argomento con Zayn, ma quest'ultimo s'era limitato ad offrirgli una spalla su cui piangere, consigliandogli semplicemente di prendersi del tempo per fare chiarezza su ciò che provava.
Harry, alla fine, c'aveva rinunciato a tentare di capirci qualcosa poiché, ne era consapevole, non avrebbe mai potuto lasciare Ben se voleva davvero sperare di non restarci secco.
In quell'istante il solito suono delicato dei campanelli posti sopra la porta della Road House lo distrasse da quelle congetture, annunciando l'arrivo di un cliente. Harry si stampò l'usuale sorriso cordiale sulle labbra e mise da parte lo straccio che aveva utilizzato per ripulire la superficie del bancone.
Quando alzò lo sguardo, però, il sorriso scomparve completamente dal suo viso. Il fiato gli s'incastrò in gola e una sensazione di panico cominciò ad assalirlo.
Che diavolo ci faceva lei lì?
Tentò di prendere dei grossi respiri, stringendo con forza il bordo del bancone.
In fondo lei non lo conosceva, si disse. Non avrebbe mai potuto sapere chi fosse perché, andiamo, Ben non avrebbe mai potuto parlarle di lui.
Per questo s'impose di calmarsi e fu grato del fatto che la donna non avesse notato per niente il suo repentino cambio d'umore, impegnata com'era ad esaminare i dolcetti esposti nella vetrinetta.
- Salve! - Gwendolyn lo salutò con un tono di voce cordiale, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli rossi. - Vorrei ordinare...oh! Aspetta un momento.Tu sei Harry?
Harry gelò sul posto, la gola improvvisamente secca e il respiro che cominciava a farsi più rapido. Come diavolo faceva a conoscerlo?
- Uhm.
- Sei il fratello minore di Ben! - continuò lei con un sorriso raggiante sulle labbra rosee ricoperte di lucidalabbra.
Qualcosa all'interno del riccio si spezzò per quella che fu la milionesima volta. Avvertì chiaramente le lacrime premere urgentemente per uscire - perché, si, Ben le aveva raccontato di lui, ma le aveva mentito, dicendole che lui era solamente il suo fottuto fratello minore - e lui le ricacciò prontamente indietro. Non aveva alcuna intenzione di scoppiare proprio davanti a lei.
- Già. - mormorò fiocamente, evitando di guardare direttamente negli occhi grigi della rossa.
Harry non s'accorse della presenza di Niall sino a quando lui non gli toccò gentilmente la spalla, l'apprensione nello sguardo e l'espressione apparentemente neutra.
- Ciao! Io sono Niall, il migliore amico di Harry. - fece l'irlandese in direzione di Gwendolyn, stampandosi sulle labbra il suo solito sorriso, sebbene in quel momento avrebbe voluto solamente sbatterle in faccia chi in realtà fosse davvero il suo Ben. - Tu devi essere la fidanzata di Ben, non è vero?
- Non esattamente. - precisò lei con un certo imbarazzo, arrossendo e schiarendosi leggermente la gola. - Ma spero di diventarlo presto.
Il riccio s'irrigidì e l'amico prese a massaggiargli gentilmente la schiena, nel tentativo di tranquillizzarlo.
- Ogni tanto do una mano qui. Posso occuparmi io della tua ordinazione, dimmi pure.
La donna annuì e ordinò un tè e un cupcake ai mirtilli da portar via. Niall s'accinse ad occuparsi di quell'ordinazione, senza allontanarsi troppo dal fianco del suo migliore amico.
- Non sapevo che lavorassi qui, Harry. Ben mi ha detto che stai cercando di diventare avvocato, non è così? - tentò di fare conversazione lei.
Il riccio si limitò ad annuire in tutta risposta, timoroso che la sua voce potesse spezzarsi, sfregando distrattamente la pelle all'altezza della gola con le dita, come a voler sciogliere il nodo che gli si era formato poco prima, per poi stringere nella mano l'aereoplanino di carta, in un gesto che, ormai, era divenuto del tutto inconsapevole.
- Ecco a te. - esclamò Niall, porgendole il sacchetto e il bicchiere di carta sigillato.
- Beh è stato un piacere incontrarti, Harry.
Gwendolyn pagò la sua ordinazione e ringraziò profusamente entrambi prima di salutarli cordialmente e andare via dalla sala da tè. Non appena la porta si richiuse docilmente alle sue spalle, Harry riprese a respirare. S'accasciò fiaccamente sulla prima sedia vicina e singhiozzò sommessamente.
- Oh Harry. - l'irlandese lo strinse a sé con forza, non sopportando l'idea di vederlo piangere per l'ennesima volta. - Andrà tutto bene, vedrai.
Il riccio affondò il viso nel petto del biondo, stringendo la stoffa del suo maglione in una silenziosa richiesta d'aiuto. Certo, aveva fatto maledettamente male sentire quelle parole, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era che Ben, quella volta, l'avrebbe ucciso sul serio.
Se Gwendolyn avesse raccontato a Ben di averlo visto lavorare lì, lui l'avrebbe ammazzato di sicuro.
E, come poche volte era accaduto, si rese pienamente conto di essere fottutamente terrorizzato.

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