Tu mi hai protetto con la tua gelosia.

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Louis

Passai il giorno seguente al mio arrivo a Doncaster in compagnia della mia famiglia e di Liam. 



Al mattino, dopo aver dormicchiato un paio d'ore scarse, mi alzai e mi diressi in cucina, assaporando il silenzio della mia vecchia casa e fermandomi ad osservare il sole sorgere dalla finestra sopra il lavabo. 

Trovai nel ripiano in alto la tazza con la quale ero solito fare colazione, quella con su stampati i supereroi Marvel. Leggermente commosso la presi, la riempii di latte e cereali, e mi sedetti di fronte all'isola della cucina.



Liam mi raggiunse poco dopo, strofinandosi gli occhi con il pugno chiuso ed augurandomi il buongiorno.


In una notte avevo conosciuto quel ragazzo, o almeno i pezzi di lui che aveva deciso di concedermi. Mi aveva parlato della sua famiglia, della sua incontenibile passione per lo skate, di come avesse conosciuto Harry, della sua secolare amicizia con Zayn trasformatasi in qualcosa di più intenso. 



E quando io "Ma Harry sa di tutto questo?" avevo domandato, lui era scoppiato a ridere.



"Glielo diremo, prima o poi" mi aveva concesso, affondando la testa sul cuscino e sbadigliando sonoramente.



Dopo aver procurato a Liam un bicchiere di vetro ed averlo riempito di succo all'arancia, lui prese posto accanto a me ed entrambi facemmo colazione in completo silenzio.

 Silenzio che venne rotto dall'entrata di due bambine minute, strette nei loro pigiamini azzurro pastello. 



Dapprima non si accorsero neppure della nostra presenza poi, soffermatesi sulle nostre figure, ebbero un lieve sussulto.

 

Rimasi col cucchiaio colmo di cereali a mezz'aria, a fissare le mie due sorelline minori bloccate sul posto, con i capelli biondi arruffati acconciate in due trecce e gli occhi impastati di sonno. 



Provai una profonda delusione nell'esatto momento in cui mi resi conto che non mi avessero riconosciuto, ma poi Phoebe diede una gomitata vigorosa alla sorella che, offesa, "Hey, ma che fai?" la rimproverò, massaggiandosi il punto in cui l'aveva colpita.



"Li vedi anche tu?" aveva chiesto quella, puntando lo sguardo prima su di me e poi su di Liam.

 

Daisy aveva annuito, accigliandosi leggermente.



A quel punto, scambiatesi un'occhiata complice, le gemelline sorrisero, ed il secondo successivo corsero ad aggrapparsi alle mie ginocchia.

 Io abbandonai il cucchiaio nella tazza, tirandomele sulle gambe ed abbracciandole così forte da fargli male, ma loro non si lamentarono.



Si staccarono qualche minuto dopo solo il tempo necessario per chiedermi dei souvenir che erano loro stati promessi, ed io e Liam ridemmo, commossi e sollevati. 



Qualche attimo dopo, probabilmente svegliate dalle nostre voci, fecero la loro comparsa in cucina Charlotte e Félicité. 

Le due, col volto pallido ed i capelli acconciati rispettivamente in una coda di cavallo ed in un chignon scomposto, si poggiarono una mano sulla bocca alla mia vista, soffocando un gridolino. 



"Non è possibile" sussurrò Charlotte, strabuzzando gli occhi azzurri come i miei. 

Félicité invece scoppiò a piangere il secondo successivo, poi corse nella mia direzione e la sorella la copiò, tenendo le braccia aperte nell'attesa di un abbraccio.



Ci stringemmo in silenzio per quelle che mi sembrarono ore, io e le mie sorelle, sangue del mio sangue, pezzi del mio cuore che mi ero lasciato alle spalle. 



Fu in quel momento che mi resi realmente conto di quanto egoista ed insensibile potessi essere stato a fuggire via da loro, dalla mia famiglia, dal posto in cui ero cresciuto. 

Non mi ero preoccupato di ferire nessuno, avevo pensato solo a Michael, a quell'amore così deludente che per anni mi aveva imbottito di promesse impossibili da mantenere, alla nuova città in cui mi sarei trasferito, a me stesso. 



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