Fotografie della tua assenza.

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Zayn

Fui risvegliato dal leggero rumore di un paio di colpi battuti sulla porta. Mi stiracchiai sul materasso della mia camera da letto, rivolgendo gli occhi alla luce del sole che trapelava dolcemente attraverso le tapparelle socchiuse. 

Mi sollevai e camminai verso l'uscio, facendomi largo tra la miriade di fogli stropicciati che giacevano sul pavimento come foglie autunnali sul terreno. 



"Mamma?" domandai, scoprendo il mio timbro ancora graffiato dal sonno.



Tossicchiai un paio di volte.



"Harry" ribatté una voce in risposta, ed io sbadigliai sguaiatamente mentre aprivo la porta. 



Ad accogliermi fu la figura, snella e spossata, del mio amico. Era coperto da un elegante cappotto nero che gli copriva persino i polpacci, e teneva tra le mani due tazze fumanti di quelle che, dal profumo, identificai come tè. 



"Mi ha aperto tua madre" mormorò mentre si addentrava, lasciando entrambe le tazze sulla scrivania — interamente ricoperta di fogli anch'essa — e prendendo posto sul mio letto disfatto.


"Ha fatto anche il tè per entrambi"



"È ancora qui? Pensavo fosse andata a lavoro" constatai ad alta voce, stiracchiandomi ancora una volta e grattandomi un fianco scoperto. 



"Sbaglio o passa più tempo in casa?" notò il riccio, liberandosi del cappotto e passandosi la mano grande tra la massa scompigliata di capelli. 



Annuii più volte.



"Hai ragione. Da quando sono tornato, mi sembra che le dinamiche qui dentro siano cambiate un po'. Certo, vedo ancora mio padre di rado, ma le poche volte che ci incrociamo in corridoio, almeno non mi saluta con un grugnito" gli spiegai, recuperando un paio di cartacce incastrate sotto il tappeto e buttandole nel cestino. 



"Ha accettato il fatto che tu non voglia frequentare l'Università?"



"Credo di sì" dissi in un sospiro, prelevando una delle tazze e porgendogli la seconda.



"Anche se non l'avesse accettato, sarei comunque andato per la mia strada" 


Un sorriso increspò le labbra del mio amico, e nonostante tentasse di apparire spensierato, colsi l'evidente nota di malinconia che gli inumidiva gli occhi verdi. 

Non chiesi immediatamente. Lasciai che si rilassasse, che bevesse la sua miscela calda e si godesse il leggero silenzio che aleggiava nella stanza.



"E tutti questi fogli?" 



Fu il mio turno di sorridere stavolta, mentre scandagliavo con lo sguardo la marea di pezzi di carta bianca che sommergeva la mia moquette, il mio letto, la mia scrivania. 



"Ho un anno di tempo, ricordi?" 



Le labbra di Harry scomparirono oltre la tazza bianca, ma dai suoi occhi grandi potei facilmente leggere del disappunto.



"Sei qui solo da una settimana! Avrai tempo per progettare il tuo futuro" si beffeggiò di me, sollevando gli occhi all'espressione "progettare il tuo futuro". 



Lui sapeva già di appartenere alla fotografia.

"È una cosa che Amsterdam mi ha aiutato a capire", così mi aveva detto tre giorni dopo il nostro arrivo, "Voglio immortalare le cose belle prima che mi sfuggano di mano per sempre" 



"La fai facile tu! Hai la strada spianata! Io invece non so da dove cominciare" mi lagnai, prendendo un lungo sorso di tè ed osservando Harry terminare il suo. 

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