Fra le sue forti braccia

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Ester

Uno schiaffo, tanto forte da farmi voltare la faccia. 

Una spinta violenta. Caddi su un freddo e duro pavimento. 

Un battito sordo del cuore, il sangue che ribolle nelle orecchie, una botta alla testa, i polmoni svuotati d'aria. Senza ossigeno. La vista offuscata. 

Poi...un altro schiaffo, più doloroso, più violento di qualsiasi altro schiaffo che avessi mai ricevuto in vita mia. 

Sentii il sapore metallico del sangue in bocca, sputai. 

Nero. 

Non notavo altro colore adesso. 

I miei occhi non vedevano più, si rifiutavano di osservare il mio carnefice mentre mi percuoteva, mi uccideva.

Stavo morendo. 

Un calcio sferrato contro il mio addome, un altro ben assestato al fianco sinistro. 

Un altro colpo secco al petto. 

Era il mio cuore che si era sbriciolato oppure una costola che si era spezzata per via della furia di quei colpi? 

Supplicando il mio patrigno di smetterla strisciavo lungo il pavimento insanguinato della cucina, artigliando le mattonelle viscide, scivolose come fossero ancore di salvezza. 

Tossii e mi sentii mancare. Quel che avevo intorno prese a girare violentemente. 

Il dolore era lancinante, troppo forte per lasciarmi respirare liberamente, ma non abbastanza da permettermi di perdere i sensi. 

Volevo annullarmi, dimenticare questo mondo.

Un altro pugno, in pieno viso. 

Un lampo illuminò a giorno quel nero in cui mi stavo smarrendo. 

Un rivolo di sangue mi colò giù, lungo il mento, raggiungendo il collo. 

Dalla bocca mi sfuggì un lamento soffocato ed il mio udito fece fatica ad afferrare le parole del mio assassino, schiumante di collera. 

" Come hai osato fare accordi con quel ragazzo ? Contro di me? Contro tuo padre che ti ha dato tutto? Grazie a me hai una casa, del cibo, dei vestiti! " tuonò severo

Prendendo il coraggio a due mani mi voltai verso di lui, i miei capelli frustarono le mie guance intrise di sangue e sudore: " Grazie a te?" dissi urlando " Tu non sei mio padre, non lo sei mai stato. Tu hai un tetto sopra la testa e del cibo grazie a me! Non osare dire che fai tutto questo per me! " 

Non avevo più nulla da perdere. Mi stava uccidendo. 

" Quel ragazzo è uno degli avvocati più bravi ed ambiti dell'intera città. Che avevi intenzione di fare? " ringhiò a denti stretti, con i pugni chiusi pronti a colpire ancora, ad affondare nel mio corpo. 

" E' soltanto un ragazzo che si è approfittato di me, come tutti gli altri! " risposi disperata, fra le lacrime. 

E non era una bugia. Lo pensavo, davvero. Gianluca mi aveva mentito, si era approfittato della mia voglia di rivalsa, mi aveva distrutta dentro più di qualsiasi altro uomo che aveva tastato il mio corpo negli ultimi anni. Lui non era stato coerente, era stato un bugiardo. E adesso...stavo morendo sotto quei colpi violenti perché il mio patrigno era venuto a conoscenza della visita di Gianluca a scuola. Se un cliente, un avvocato tra l'altro, veniva a cercare anche di giorno una come me...qualcosa non andava, non quadrava. Una persona conosciuta e stimata come Amantea non avrebbe mai rischiato di farsi vedere con una squillo. Una prostituta. Una ragazza finita come me. Io ero finita. 

" Tu non mi servi più!" minacciò puntandomi un dito contro. 

" Ester! " urlò Anastasia, lanciandosi di slancio nella stanza. 

Cosa ci faceva lì? Non era andata via? Non doveva essere sul ciglio della strada in attesa di un uomo da soddisfare? 

Costrinsi i miei occhi ad aprirsi, a vedere. 

" TU!" sbraitò quel bastardo, voltandosi verso la nuova arrivata. 

Artigliò l'aria con le mani e per poco Anastasia non ne pagò le conseguenze. 

Non potevo permetterlo. 

Afferrai una caviglia del mio patrigno e cercare di fargli perdere l'equilibrio, lui mi sferrò un altro calcio malevolo al fianco in risposta, ma Anastasia non rimase ferma a guardare. 

La mia dolce Ana afferrò una bottiglia di birra, che fino a qualche minuto prima il nostro "padrone" stava scolando, e con forza gliela ruppe sulla testa. Il vetro tagliente andò in frantumi, il liquido schizzò un pò dovunque. 

Sgranando gli occhi, terrorizzata, lo vide cadere a terra privo di sensi. 

In seguito, recuperando la freddezza di prima, scavalcò il corpo di quel pazzo e  si chinò su di me accertandosi delle mie reali condizioni. 

" Sei ridotta male, devi andare subito in ospedale. " 

Scossi la testa lentamente: " N...no" soffiai. 

Se fossi andata al pronto soccorso poi sarei dovuta ritornare dal mio patrigno prima o poi, ed io non ne avevo alcuna intenzione. 

" D...dobbiamo, d...dobbiamo andarcene da qui! " consigliai alla mia migliore amica, aggrappandomi ad una delle sue braccia. 

Lei deglutì a vuoto: " Dove andremo?" 

" Via..." mormorai, non avevo più forze per parlare. 

Anastasia ci pensò su un attimo, poi recuperò il suo smartphone da una tasca posteriore dei pantaloni: " Ho un'idea" 

                                                                                                *****

Qualcuno mi raccolse da terra e mi sollevò con delicatezza estrema. 

Una mano scostò i miei capelli appiccicati al viso, accarezzandomi con dolcezza. 

Mi ritrovai fra solide e forti braccia con un lato della faccia premuta contro un petto caldo e duro. 

Non poteva essere Anastasia. 

Un respiro caldo conquistò il mio volto e sciolse il ghiaccio ed il dolore che portavo dentro.  

Non riuscivo ad aprire gli occhi, in quel momento desideravo solo lasciarmi andare. 

Ero stanca oltre ogni limite. 

Forse...forse adesso potevo riposare. 

" Sei al sicuro, adesso. Resisti, guarirai. Non temere, quel bastardo non ti toccherà mai più " promise una voce profonda, maschile. 

Era familiare, così come quel grazioso e intenso profumo che invadeva le mie narici. Chi era?  

Non riuscivo ad associare tutto quel che avevo appreso ad un volto. 

Almeno fino a quando quel ragazzo non sussurrò: " io ti aiuterò, lo farò " 

Era lui, era Gianluca...

Broken Ice...l'amore è bianco o neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora