Capitolo 15

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Si tolse un sasso acuminato dalle gengive, sputacchiando sangue e carne. Non c'era paragone con il sangue degli Scavii, ma il sapore di quei mutanti era davvero terribile. Non sono buoni nemmeno da mangiare.

Osservò il cadavere dell'Argara mentre si rinfilava un pezzo di tibia al suo posto, arricciando le fauci dal dolore. Quel giovane si era rivelato molto più vivace del suo compagno, lo aveva atteso e gli aveva sferrato subito un calcio sulle zampe posteriori, spaccandogliene una. Ma aveva peccato d'esperienza. Le gambe potevano essere un punto nevralgico per i suoi simili, ma non per i licantropi. Se quello stesso calcio gli fosse arrivato sul muso a quest'ora poteva essere lui quello fatto a brandelli per terra, chissà. Aspettò qualche secondo che l'osso della zampa si rimarginasse, poi tornò dove aveva lasciato l'umana.

La vide in cima all'albero che lo guardava, triste. «Quindi... Posso tornare?» domandò, insicura.

Ary tornò nella forma più consona a fare discorsi, sorpassando il primo Argara che aveva ucciso e balzando sul tronco dell'albero. «No, ero venuto qui per farmi una passeggiata» rispose, ironico, poi allungò una mano e l'afferrò nuovamente per la cintura, ignorò il suo lamento e la lasciò cadere a terra.

La guardò contorcersi nel terreno sbuffando. «Muoviti Seta» sbraitò di fronte a quella dimostrazione di debolezza: non riusciva nemmeno ad alzarsi. La prese sotto un'ascella e la sollevò, l'odore di lacrime gli fece storcere il naso.

«Non mi chiamo Seta...» fece lei tra i singhiozzi, non guardandolo.

Ary sbuffò. Che cos'aveva da piangere? «5qualcosa muoviti.»

La vide prendere fiato e guardare il cielo, addolorata. «Mi chiamo Emma.»

Finalmente si era ricordata il suo nome, che carina. «Non me ne importa nulla, muoviti» iniziò a camminare, trascinandosela dietro.

Ma la cara umana aveva deciso di fare la zavorra. Ary si fermò, la strattonò, la chiamò mostro, poi, non vedendo ancora nessuna reazione se non lacrime su lacrime, si inginocchiò con la schiena rivolta verso di lei. «Sali, forza» ordinò, imprimendo nel tono tutto il suo potere, come era solito fare. Peccato che lei non lo avvertisse minimamente.

«P-posso?»

Ary ringhiò, poi la sentì stringere le gambe sulla sua vita e avvinghiargli il collo con le braccia. Passò le sue mani sotto le ginocchia di lei e si alzò in piedi. In effetti, come gli aveva detto Eev, non pesava nulla, sicuramente a causa di un'ossatura molto più leggera e delicata rispetto alla loro.

«Grazie Ary,» la sentì mormorare dopo un po' che camminava, quando finalmente aveva smesso di piangere, «e scusami se vi ho chiamati mostri, ero fuori di me...»

Ary scrollò le spalle. «Ho sbagliato anche io, quella situazione ha fatto infuriare me tanto quanto te, se non avessi imposto la mia autorità sugli altri, Eev o Bli ti avrebbero sicuramente riportata indietro subito, facendoti ragionare. E non sarebbe successo tutto questo» spiegò, sotterrando per qualche secondo il suo orgoglio. «Non ho valutato bene la situazione e ho reagito d'istinto allontanandoti.»

La sentì tirare su con il naso. «Non credevo tu riuscissi a fare certi ragionamenti» osservò, ingenuamente.

«Non credevo che darmi dell'idiota fosse un modo per ringraziarmi» sibilò lui a denti stretti.

Emma rise sommessamente appoggiando la fronte sulla sua spalla. «Ancora grazie e ancora scusa, prometto, per il futuro, di essere più comprensiva rispetto alle vostre... Usanze.»

«Non devi esserlo, anche io le detesto» disse Ary, come se fosse la cosa più naturale al mondo.

«Come?» Lo stupore nel tono dell'altra lo offese non poco.

L'umana dal passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora