Capitolo 16

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ALEXA'S POV
Il suono della mia sveglia cominciò a riempire le mie orecchie, di nuovo, costringendomi ad alzarmi, ancora una volta, tutto questo è diventato terribilmente monotono, forse l'unica parte non scontata e diversa delle mie giornate è la scuola, anche se è una diversità cattiva, i loro insulti cambiano ogni volta e interrompono la noiosità della mia vita, anche se in peggio...

Dopo aver insultato il suono del mio telefono, troppo forte per i miei timpani, entrai in bagno lavandomi e asciugandomi, per poi indossare una felpa extra-large bianca, un leggins nero e le mie all stars bordeaux.

Asciugai velocemente i miei capelli lasciandoli mossi, per poi intrecciarli in una lunga treccia laterale, e dopo essermi truccata leggermente, afferrai lo zaino nero e bianco da terra per poi scendere al piano di sotto.

"Alexa quando torni da scuola comprami il pane" mi urlò Eva dalla cucina, mentre uscivo di casa.

Sbuffai, passandomi velocemente le mani sul viso, odiavo fare la spesa e non riuscivo a memorizzare l'italiano, ero negata, non sapevo dire nemmeno "come stai?" correttamente.

Ricominciai a camminare senza voglia, ritrovandomi velocemente la scuola e gli altri studenti nel cortile dell'edificio mentre aspettavano che la campanella suonasse.

Rallentai il passo, abbassando la testa e infilando le mie mani fredde nelle tasche grandi davanti la mia felpa.

Arrivata al centro del cortile cominciai a sentire la gente ridere, ridere di me, ormai grazie a quei ragazzi ho imparato tutti gli insulti che esistono nella lingua italiana.

"Ma guarda chi c'è" mi richiamò Antonio con altri ragazzi dietro di lui, mentre si piazzavano davanti a me.

Mi preparai a ricevere i peggiori insulti che potessi immaginare, ma ad un certo punto non vidi nemmeno nemmeno più il gruppo di ragazzi e ragazze che mi circondavano, solo una felpa nera, davanti a me c'era solo un pesante felpone nero che trovai stranamente familiare.

"E tu chi sei?" sentii dire da un ragazzo tra i tanti raggruppati lì.

"Già, chi saresti tu?" urlò una ragazza contro il ragazzo, evidentemente pazzo, davanti la mia figura.

Lui non disse niente, si girò semplicemente verso di me prendendomi per mano e portandomi via dalla scuola.

Non alzai la testa per cercare di capire chi fosse, ma il suo tocco mi ricordava quello di un ragazzo che tanto sto cercando di dimenticare.

"Calum?" non so nemmeno io perché l'ho detto, ma nella mia mente sembrava sensato, quel ragazzo mi portava a pensare a Calum.

Lui si bloccò ma senza girarsi verso di me, e mentre teneva ancora la mia mano nella sua, potevo sentire il palmo della sua grande mano sudare sempre di più.

"Calum sei tu?" gli chiesi non sapendo se volessi davvero una risposta, allontanando la sua mano dalla mia e facendo qualche passo indietro.

Lui si girò verso di me sospirando leggermente, e alzando la testa, così da permettermi di riconoscerlo, ed era proprio lui.

Rimasi bloccata per qualche secondo, ma poi mi avvicinai a lui appoggiando una mano sulla sua guancia, così calda e morbida, avevo bisogno di essere certa che lui fosse lì, perché per quanto non volessi ammetterlo, io volevo che lui stesse con me, ma non potevo farglielo capire, così ritirai velocemente la mano abbassando la testa, il suo sguardo era troppo difficile da sostenere.

Senza dire niente mi incamminai verso il supermercato più vicino che ci fosse, sentendo dietro di me i passi di Calum che ripercorrevano i miei.

Comprai il pane per mia nonna, uscendo dal supermercato con ancora Calum dietro di me.

"Potresti almeno dire qualcosa" gli dissi mentre camminavo verso casa mia.

"Luke mi ha detto che hai raccontato cosa ti è successo a quel ragazzo, Antonio" mi rivelò seguendomi.

Non risposi, non volevo parlarne, ero stanca, così continuai a camminare verso casa.

"Cosa gli hai detto?" mi chiese avvicinandosi di più a me, ma senza ricevere una risposta da parte mia.

"Alexa, cosa ti è successo?" mi chiese ad alta voce afferrandomi il braccio e facendomi girare.

"Non voglio parlarne" gli risposi mordendomi il labbro inferiore, trattenendo le lacrime, ormai ci ero abituata.

"Alexa, ritorniamo in Australia, staremo meglio lì" mi propose avvicinandosi a me.

"Forse per te sarà anche così, ma non per me, non c'è più niente lì per me" gli risposi girandomi e ricominciando a camminare verso casa.

Ma stavolta non sentii le sue vans camminare sull'asfalto, i suoi passi dietro di me erano scomparsi, e ogni passo in meno era come un battito perso, volevo che mi seguisse, ma forse era meglio così, gli avrei solo complicato la vita, e non ne valgo davvero la pena.

Professor HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora