Capitolo 1.

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Guardai il cielo pieno zeppo di stelle, una visione magica che mi avrebbe costretta a prendere in mano il mio blocco da disegno per catturarla, se solo avessi avuto la minima idea di dove fossi.

Era tardi e mi sembrava di stare sempre nello stesso punto nonostante camminassi da ore. Continuavo a sforzarmi di utilizzare i miei sensi per riuscire ad orientarmi ma iniziavo a stancarmi, la ferita sul mio avambraccio non la smetteva di sanguinare e la mia vista si stava pian piano offuscando...sarei collassata da un momento all'altro.
Perché mi ero separata dagli altri? Perché dovevo essere sempre così incoscente?
Non mi avrebbero mai trovata nel bel mezzo della foresta, probabilmente sarei morta qui, completamente sola.

Mi sedetti ai piedi di un grosso albero per riposare qualche minuto ma non riuscii a stare sveglia a lungo, l'ultima cosa che vidi fu una grossa ombra, che si avvicinava.

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Stavo correndo come un pazzo, sfrecciando nel silenzio della notte immerso nella vegetazione.

Correre era l'unico svago che mi era concesso, la mia unica valvola di sfogo, in una vita che sommersa da responsabilità e doveri a volte mi sembrava completamente vuota.
Nessuno osava disturbarmi in questi momenti, a meno che non volesse scatenare la mia ira e ritrovarsi con le ossa rotte in infermeria.

Mi fermai per un momento a guardare la luna, che quella notte sembrava splendere più del solito.
Accucciato su un vecchio tronco d'albero rimasi ammaliato dal paesaggio che mi circondava, la luce lunare donava un chiarore argenteo agli alberi che risaltavano al buio della notte e ogni tanto si vedeva qualche lucciola apparire tra le foglie degli arbusti...quasi come se mi trovassi in un sogno percepii un intenso profumo di latte e fragole.
Realizzai quasi immediatamente che però, non stavo sognando.
Qualcuno si trovava nel mio territorio.

Mi lasciai guidare dal quel dolce aroma, sino ad arrivare ai piedi del più vecchio albero di tutta la foresta, un salice che probabilmente era lì da centinaia di anni.
Seduta, quasi incoscente tra le enormi radici c'era una ragazza, una bellissima ragazza.
Aveva la pelle diafana, messa in risalto dai lunghi capelli scarlatti.
Notai per un attimo il suo sguardo vacuo, mentre cercava di rimanere sveglia e quel secondo fu sufficiente a farmi perdere il respiro, i suoi occhi avevano catturato i miei come calamite.
Erano due smeraldi pieni di pagliuzze dorate e anche se sembravano spenti in quel momento, erano i più belli che avessi mai visto.
Lei era la più bella cosa che avessi mai visto... e stava male, ma non era questo che volevo.
Volevo che mi guardasse piena di vita e che mi venisse incontro sorridendomi come mai aveva fatto, perché io ero lì ad aspettarla.
Perché lei mi apparteneva.
Perché io ero suo e lei doveva venire a prendermi.

Cosa direi ad un licantropo che prova una cosa del genere?
Gli direi che è incredibilmente fottuto.

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Non c'era una spiegazione scientifica, nessuno sapeva dire con certezza perché i licantropi avessero la fortuna, o sfortuna, a seconda dei i punti di vista, di trovare la loro anima gemella, il loro compagno, con un semplice sguardo.
Ci avevo pensato spesso ed ero sempre arrivata alla stessa conclusione:
'Che te ne importa? Tanto a te non succederà mai, e se dovesse accadere sicuramente ti ritroveresti con un pinguino o qualche procione dietro casa tua alla ricerca di cibo'.

Mentre cercavo di aprire gli occhi, che mi sembravano pesanti come macigni, realizzai di non essere più appoggiata al tronco del vecchio albero ma ero distesa su...un materasso?
Un comodissimo materasso per di più. Quasi gemetti alla splendida sensazione che mi davano le calde coperte che mi coprivano fino al collo, ero forse in paradiso?
"Qualcuno si sta svegliando?"
Non conoscevo questa voce roca e profonda, o meglio, mi era familiare ma non ne ricordavo il proprietario.
Cercai di alzarmi con qualche sforzo ma ricaddi pesantemente sul cuscino,  non si poteva certo dire che ero in gran forma.
"Non sforzarti, non sei ancora del tutto guarita"
Sentii una sfumatura di preoccupazione in quella voce che avrebbe messo sull'attenti chiunque, ma dovevo scoprire dove mi trovavo.
Ignorando il consiglio riprovai ad alzarmi e con un gemito di dolore riuscii a sedermi anche se un po' scomposta.
Non mi ero accorta di quanto mi facesse male la testa, me la presi fra le mani cercando di massaggiarla.
"Accidenti. Fa così male?"
Il letto si abbassò sotto un peso che non era il mio e una mano si posò dolcemente sulla mia nuca accarezzandomi i capelli, cosa che stranamente non mi diede fastidio.
Mi voltai per osservarne il proprietario e rimasi senza fiato.
Non perché fosse il più bell'uomo che avessi visto, o meglio anche per quello, ma era come se una parte di me fosse esplosa rivelando qualcosa che prima non conoscevo.
Lui mi scrutava con un po' di apprensione, mentre io mi persi ad osservare i suoi occhi: non sapevo ben definirne il colore ma sembrava che avessero rubato le sfumature del cielo quando è limpido, ma con qualche nuvola.
Aveva i capelli biondo cenere con qualche ciocca dorata che li illuminava e la pelle abbronzata, non come me che ero pallida come un fantasma.
Mi soffermai forse troppo a lungo sulla sua bocca carnosa che ad un certo punto si allargò in un sorriso compiaciuto.
Distolsi lo sguardo sforzandomi di osservare qualcos'altro.
La sua mano si era spostata dalla mia nuca e le sue dita si erano immerse tra i miei capelli, arricciandone le ciocche.
Quel semplice gesto mi face venire i brividi.
"Tranquilla non c'è niente di male, io ti ho osservata per ore."
"Cosa?" Avevo la voce roca, ancora impastata dal sonno.
Lui sorrise raggiante, il che mi lasciò un secondo inebetita.
"Ti spiegherò più tardi, ora dovresti mangiare qualcosa."
Tornai alla realtà.
Non potevo restare, dovevo tornare a casa e assicurarmi che gli altri stessero bene.
"Non ho fame, grazie ma devo andare."
Cercai di alzarmi ma lui mi afferrò saldamente un polso.
"Tu non vai da nessuna parte." ringhiò.
"Lasciami" cercai di suonare più minacciosa possibile ma lui non se ne curò affatto e non si mosse di un centimetro.
"Mi dispiace ma non posso lasciarti andare, tutto ma non questo."
L'ultima frase fu quasi un sussurro.
Mi trasse verso di se senza il minimo sforzo e mi ritrovai di nuovo persa a fissarlo mentre lui sembrava fare lo stesso.
"Potresti...potresti dirmi il tuo nome?"
Improvvisamente era passato dall'aggressività alla gentilezza.
Volevo dirgli di smetterla di fissarmi così, e di non cambiare argomento ma mi ritrovai a rispondergli.
"Taissa"
"Taissa...molte piacere, io sono Asher."

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Ora che era sveglia era ancora più bella.
Come immaginavo i suoi occhi erano vivaci e splendidi, mi scrutavano in cerca di risposte, ma avevo paura di confessarle la verità perché non sapevo come l'avrebbe presa.
Sapevo bene di non potermi trattenere a lungo, sopratutto perché vedendola sveglia e reattiva quasi mi faceva male il desiderio che avevo di saltarle addosso.
Ma dovevo ricordarmi che io avevo avuto ore per osservarla ed elaborare, mentre lei mi aveva visto per la prima volta solo da qualche minuto.
"Ti faccio portare qualcosa da mangiare, non muoverti."
Usai un tono abbastanza minaccioso, calcando molto sul non muoverti ma poi pensai di averla spaventata e me ne pentii subito.
Le rimisi apposto le coperte e mi avviai alla porta per avvertire Amanda di prepararle la colazione.
La osservai per un'ultima volta prima di uscire, quasi volessi nutrirmi della sua immagine, per catturarla e tenerla per sempre dentro di me.

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Se c'era una cosa che mi riusciva bene era quella di non saper eseguire gli ordini.
Era stato gentile, un po' brusco forse, ma non potevo trattenermi, specialmente a casa di uno sconosciuto.
Dovevo tornare a casa e assicurarmi che Dylan e gli altri stessero bene.
Mi alzai notando che fortunatamente le mie scarpe erano vicine al letto e dopo averle infilate aprii l'enorme finestra della camera da letto, accorgendomi di essere abbastanza in alto.
Saltare senza rompersi qualcosa non sarebbe stato semplice ma mi consolai pensando che almeno guarivo in fretta.
Salii sul davanzale, chiusi gli occhi e saltai senza pensarci troppo, atterrando con una grazia che non sapevo di possedere -non che potessi saperlo, visto che non mi ero mai gettata da una finestra in vita mia-.
Mi voltai un'ultima volta a guardare l'immensa villa che avevo alle spalle, per un attimo ebbi l'impulso di tornare indietro, ma lo scacciai in fretta ed iniziai a correre verso la foresta.

Angolo autrice ♥

Questa è la mia prima vera storia qui su wattpad, ero terribilmente ispirata da questo tipo di rapporto e non ho resistito a crearne una mia versione. -Si ho preso spunto da altre storie, prima fra tutte la saga di Twilight-
Non ho molto da dire se non che spero che vi piaccia, fatemi sapere il vostro parere :)

Capitolo revisionato il 19/05/2016

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