CAPITOLO 44

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Una settimana.

Passarono sette giorni da quando Liam se ne andò via da me, lasciando dentro di me il vuoto più assoluto. Sette giorni da quando il mio cervello aveva smesso di ragionare. Sette giorni in cui spesi la maggior parte del mio tempo a letto a fissare il vuoto. Sette giorni nei quali evitai tutto ciò che potesse portarmi a lui. Sette giorni di pianto: piansi la sera tra le lenzuola calde, ricordando quanto fosse bella la sensazione del dormire con lui, con la testa poggiata sopra il suo petto che, grazie ai battiti del suo cuore, mi cullava. Piansi una o due volte quando uscii dalla doccia, ricordando il calore del suo corpo bagnato che avvolgeva il mio dopo esserci fatti la doccia la prima volta insieme. Piansi quando lo vidi due giorni dopo la nostra rottura, a lezione; i battiti del mio cuore accelerarono e i miei occhi diventarono immediatamente lucidi appena fece il suo ingresso; non dissi niente e in meno di qualche manciata di secondi ero già fuori la sala, diretta ai bagni. Piansi in quel misero bagno, ricordando quanto il mio povero cuore non reggeva tutto quel peso. Quando tornavo nella sala, cercai di evitarlo nel miglior modo possibile, ed in qualche modo ci riuscì.. I nostri occhi non si incontrarono mai, e forse, fu meglio così.

Successe lo stesso nelle due lezioni successive.

Sette giorni di rabbia di tristezza ed di ansia nel vederlo spuntare prima o poi da qualche parte. Sette giorni di pensieri. Arrivai solo a poche conclusioni: che dopo due mesi dal nostro primo incontro lo amavo sufficientemente da far si che occupasse un posto grande nel mio cuore, che la mia teoria sul fatto che non mi avesse detto la completa verità non cambiava... e che il giorno dopo sarei tornata a Parigi. Dovevo e volevo cambiare aria, schiarirmi le idee e cosa più importante: volevo la mamma. I suoi abbracci mi mancavano così tanto da sentirne il più grande bisogno. Avevo già preparato tutto e avevo avvertito gli insegnanti che sarei mancata quasi tutta la settimana.

-

"Sei sicura di volerlo fare?" chiese Joye.

Piegai l'ultima maglia e la posai in valigia, prima di annuire verso la mia compagnia e amica.

"Sicurissima." annunciai tirando su un sorriso.

"Vuoi che ti accompagni? Insomma, posso saltare le prime ore non è un proble-"

"Tranquilla Joye, vado da sola, so badare a me stessa" la rassicurai

"Ma non voglio che ti succeda qualcosa, preferirei accompagnarti e-"

Cominciò a farneticare e, anche se trovai adorabile quel suo modo impacciato, la fermai, abbracciandola forte forte. Sentii la sua voce affievolirsi, il suo respiro regolarizzarsi e le sue braccia ricambiare la stretta.

"Non mi succederà nulla, devi fidarti." sussurrai.

"Scusami, è che sono così arrabbiata! Non è possibile che sia riuscito a farti arrivare a questo punto, a far si che ti allontanassi da me, ..da noi tutti." rispose sciogliendo il nostro abbraccio e guardandomi fissa negli occhi.

"Starò via per un paio di giorni, tornerò, promesso. D'altronde, mi serviva una pausa già da un po' di tempo. Ho bisogno di ritornare a casa mia." le spiegai.

"Va bene." sospirò "Lasciami almeno accompagnarti al taxi."

"Dovrebbe essere qui tra 20 minuti." ricordai

Chiusi la valigia e posai il beauty-case sopra di essa, agganciandolo al manico. Mi infilai scarpe e giubbotto e afferrai la borsa da terra prima di voltarmi verso la stanza e controllare se avevo lasciato qualcosa.

"Pronta?" chiese

"Pronta."

La brezza del lunedì mattina ci accolse una volta fuori i dormitori e la gente guardava curiosa quella povera ragazza, dagli occhi spenti e freddi come il ghiaccio, camminare a testa bassa, e con tanto di valigia in mano, per il cortile dell'accademia.

Whisper ; Liam PayneWhere stories live. Discover now