Jesse - Capitolo 8

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Io e i miei compagni ci trovavamo in mensa. Stavo sbranando l'insalata visto che, fortunatamente, le cuoche avevano pensato anche al mio organismo pretenzioso. Nel frattempo, provavo a recuperare le lezioni perse in quel giorno copiandole sul mio quaderno da quello di Christina. Se Davis pensava solo un attimo che avrei permesso di rimanere indietro con gli argomenti, si stava illudendo.


-Ti fa ancora male il naso? i domanda Edward.


Quella volta il vigliacco si sedette vicino a Christina. Sapeva benissimo che ero furiosa con lui quindi cercò di non farmi incazzare ancora di più.


-Ti ho già detto di non rivolgermi la parola.


-Forza, Gloria, quanto tempo sarai ancora arrabbiata con me?


-Tutta la mia vita. Neanche dopo che me ne andrò da questo carcere non ti perdonerei.


Edward sbuffò e rinunciò a rompermi le scatole con le sue domande sceme. Mi stavo concentrando intensamente sullo scritto quando qualcuno mi picchiettò la spalla per attirarmi l'attenzione. Un ragazzo magro con i capelli riccioli mi fece un sorriso storto prima di darmi un biglietto stropicciato.


-Grazie, dissi.


Dopo che se ne andò, mi sbrigai ad aprirlo e scoprire chi preferiva mandarmi una frase tramite un foglio invece di dirmelo direttamente in faccia.


"Ci incontriamo dopo l'allenamento della sera, sul campo di sgura. Non tardare. Jesse"


-Chi è? mi chiede Christina curiosa.


-Un amico.


Ignorai lo sguardo trucidante di Edward e infilai il biglietto in tasca buttando allo stesso tempo un occhio su Davis, che era ad un tavolo più in la con sua sorella ed un altro professore. Non sapevo come avrei potuto scappare da lui per incontrarmi con Jesse, ma poco mi interessava. Ero sospesa e se mi ignorò tutta la giornata, speravo che mi ignorasse anche allora.


L'allenamento della sera doveva trascorrere in palestra che si trovava nell'edificio principale, perché fuori pioveva. Era così freddo che ero sicura che il giorno seguente ci saremo svegliati con la neve se la pioggia non si sarebbe fermata questa notte.


Dopo che mi vestii con la tuta di cattivo gusto, mi sbrigai ad arrivare in palestra. Non volevo ricevere un'altra punizione solo per il fatto che ero una ritardataria. Camminavo con tutta la velocità che avevo, traversai il settore con le capanne e uscii dal cancello. Guardai il guardiano con uno sguardo arrogante che sorvegliava l'entrata e continuai la mia via.


Non potevo credere a dove ero arrivata. Era peggio che in un carcere e la cavigliera col GPS era un modo esagerato per controllarci.


-Psss!


Mi fermai dal camminare e guardai intorno a me. Il buoi non mi aiutava molto a vedere qualcosa davanti a me e le lanterne che erano agganciate al recinto non illuminavano affatto. Osservai ad un certo punto dei movimenti nei dintorni.


-Chi c'è la? Chiesi.


Una mano mi spinse da dietro obbligandomi a fare qualche passo in avanti, per non cadere in avanti. Mi girai rivoltata e con un movimento brusco, colpii Davis con uno schiaffo in faccia. Involontariamente portai le mani alla bocca, realizzando che avevo appena firmato un atto di morte. Il mio istruttore che apparse dal nulla era più sorpreso che nervoso.


-Per cosa è stato questo? mi chiede.


-Mi dispiace. Non sapevo che eri tu.


-Ma chi pensavi che fossi?

Trattamento Speciale - Primo VolumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora