13. Solangelo

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Will era steso nel suo letto, immobile. Guardava i segni rimasti sui suoi polsi, e di tanto in tanto lanciava occhiate alle catene che ancora pendevano dal soffitto. Jason non si faceva vedere da due giorni, e da due giorni Will viveva nella paura di vederlo tornare.

Will si torse le dita, sollevando di qualche centimetro la maglietta. Il segno del pugno di Leo era ancora lì, ed era doloroso soprattutto quando dormiva. Lo sfiorò, una grande macchia rosata, mordendosi il labbro, chiedendosi dove fosse Nico, e cosa gli stessero facendo.

Scese dal letto e si avviò nel piccolo bagno. Evitò la sua immagine riflessa fino a quando non si lavò il viso, poi si guardò. Le occhiaie gli segnavano la pelle pallida, e i lividi sul volto erano violacei.

Will tornò a sedersi sul letto dopo qualche minuto, passandosi le dita tra i capelli. Aveva fame, ma non intendeva pregarli per del cibo. C'erano delle scorte di nettare nel bagno di Jason, e stava cercando di farselo bastare come fonte nutritiva.

Nascose il volto tra le mani. Aveva bisogno di vedere Nico, anche solo per qualche minuto. Anche da lontano. Voleva assicurarsi che fosse ancora vivo, che non gli avessero fatti danni troppo irrimediabili. Aveva bisogno del suo amore.

«SOLACE.»

Will sussultò e si sentì assalire dal panico. Quella era la voce di Percy, l'unico che non era mai stato da lui a fargli visita. Non che gli dispiacesse. Si guardò attorno con il cuore che batteva fortissimo, poi corse a nascondersi in bagno. Chiuse la porta a chiave, spostando un vecchio mobile sulla porta, e chiuse le mani a pugno. Faceva poco a botte, ma quella volta non si sarebbe tirato indietro.

La porta della cabina si spalancò di colpo, e Will la sentì sbattere contro il muro.

«Solace, dove cazzo ti sei nascosto?!»

Will deglutì. Percy Jackson sembrava davvero arrabbiato.

Percy colpì la porta del bagno con un pugno. Will sentì le pareti tremare per la potenza di quell'unico colpo.

«Apri la porta!»

«Non ci penso neanche...» borbottò Will.

«Si tratta di Nico! Apri!»

Will si sentì male. No, no, cos'è successo a Nico? Cosa gli avete fatto?! Will spostò il mobile in fretta, senza pensare che potesse essere una trappola, e spalancò la porta.

«Cosa gli è successo?» domandò, guardando Jackson dritto negli occhi.


Nico si svegliò con un sussulto. Era steso nel lettino dell'infermeria, con la testa che gli doleva. Cercò di mettersi seduto, ma delle mani calde lo trattenerono.

«Devi restare steso, altrimenti starai ancora più male.»

Quella voce... Nico batté le palpebre e cercò il possessore di quella voce a lui sconosciuta. Individuò degli occhi celesti, splendidi, incorniciati da capelli biondo sole.

Nico fissò il biondo per un minuto.

«Tu...?» domandò, pensando di averlo già visto.

«Hai la febbre. Non muoverti.» rispose il biondo, tenendogli una mano sulla fronte.

Nico annuì leggermente, e richiuse gli occhi. Quella voce era calda, sicura, e il volto del giovane figlio di Apollo era anche simpatico, sicuro, una persona a cui affidare la propria vita senza batter ciglio. Sebbene le occhiaie.

«Come ti senti?» mormorò Will, deglutendo a fatica, accarezzandogli senza volerlo i capelli.

«Un po' meglio.» Nico riaprì gli occhi e mise a fuoco il soffitto. Riusciva a vedere solo una porzione dei capelli color del sole. «Hai fatto qualcosa?»

I ragazzi di NicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora