25. Cupido

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Il dio dell'amore guardò Apollo negli occhi mentre, alle loro spalle, Ade trascinava i due ragazzi addormentati nella cabina 13.

«Ade è il tuo cagnolino?» sbottò infine Cupido, fissando l'altro negli occhi celesti.

«No. Si occupa di suo figlio. Come farei io, ma sono occupato con te.»

Cupido rise. «Non devi occuparti di me, sai? Sono piuttosto bravo ad occuparmi di me.»

Apollo si trattenne dal tirargli un pugno. Ade gli aveva fatto promettere che non l'avrebbe pestato, e Apollo glielo aveva promesso a fatica. Voleva maledirlo, lanciargli addosso qualche nuova malattia e guardarlo soffrire bevendo una tazza di tè ai mirtilli.

Ma si trattenne. Il dio dei morti lo spaventava un po'.

«Puoi tornare al tuo aspetto normale?» sbottò Apollo, fissando il dio con le sembianze di Jason Grace. «Non dico che sei più bello nella tua forma, ma così sei inquietante.»

Cupido sorrise leggermente, prima di tornare al suo aspetto. Un ragazzo robusto, dai capelli biondo platino, e le ali spiegate sulla schiena. Era più alto dell'Apollo diciassettenne, ma meno abbronzato. E meno figo, pensò Apollo tra sé.

«Meglio?» chiese Cupido, sistemandosi una ciocca di capelli, e Apollo colse l'occasione per colpirlo dritto al naso. Il dio dell'amore boccheggiò, arretrando di un passo, alzando le mani per difendersi da un secondo colpo improvviso.

«Sì, molto meglio.» annuì Apollo, stringendo forte il suo arco di luce. Ora che aveva rotto il ghiaccio con quel pugno, si sentiva in grado di continuare. Al diavolo Ade.

Cupido arretrò di un altro passo, e sentì un tintinnare alle sue spalle, e si voltò. Si era quasi dimenticato la schiera di cadaveri pronti ad acciuffarlo nel caso avesse provato a correre via.

«Abbassa quel coso.» borbottò Cupido, mentre Apollo lo puntava con l'arco.

«Perché dovrei?» ringhiò il dio del sole, puntando la freccia in mezzo agli occhi dell'altro. «Hai fatto soffrire mio figlio. Hai lasciato che venisse stuprato, e colpito da un fulmine. Per non parlare del figlio di Ade.»

«Apollo, abbassa l'arco.» disse Ade, arrivando senza fretta. Gli scheletri lo lasciarono passare, e il dio dei morti posò una mano sulla spalla del biondo. «Ti avevo detto niente violenza.»

«Stacci tu con lui cinque minuti. È impossibile non colpirlo.»

Ade annuì. L'altro non aveva torto. Si avvicinò a Cupido, guardingo.

«Voi sapevate cosa avrei fatto ai vostri figli.» sbottò il dio, mentre le sue ali sbattevano furiosamente. «E siete stati d'accordo con me.»

«Oh no.» disse Ade, scuotendo la testa, mentre un'altra decina di morti tornava in superficie alle sue spalle. «Non avevamo affatto deciso di fare questa cosa.»

«Avete detto...»

«Cupido, ti abbiamo detto che potevi dimostrarci il loro amore. Non ridurli in quello stato!» esclamò Apollo.

«Mi avete dato carta bianca, e io mi sono solo comportato di conseguenza. La prossima volta, al posto di giocare con l'Amore, ci penserete due volte.»

Ade scoccò un'occhiataccia al dio. «Non ti abbiamo dato carta bianca. Ti abbiamo chiesto di mostrarci come i nostri figli potessero essere innamorati l'uno dell'altro.»

«Be', e l'ho fatto, no? Nonostante tutto quello che hanno subito, hanno continuato ad amarsi.»

«Cosa intendevi dimostrare in questo modo?» urlò Ade, e un'altra schiera di guerrieri fece la sua comparsa. «Con mio figlio stuprato ripetutamente, e il suo ragazzo torturato e maltrattato. Con tutte le violenze di cui sono stati vittima, non intendevi di certo dimostrarci l'amore!»

I ragazzi di NicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora