undici

2.1K 137 25
                                    

H A R R Y

Salutai Alaska con un finto sorriso sulle labbra e lei ricambiò, correndo poi leggermente verso il piano sotterraneo, sicuramente per andarsi a scusare con le sue dipendenti per non aver 'lavorato' oggi, e soprattutto per non averle avvertite.
Io invece, mi avviai verso l'ufficio di mio padre per prendere quello che volevo da ormai troppo tempo da lui: soldi.
Mio padre era sempre stato uno avido di denaro, e da quanto era avaro non mi aveva mai dato grandi somme, nemmeno nell'adolescenza, e detestavo questa cosa così fottutamente tanto...
Una volta arrivato all'ufficio, immerso nei miei pensieri rivolti a lui, aprii velocemente la porta senza nemmeno bussare e sorrisi beffardo, avvicinandomi a mio 'padre', il quale si trovava dietro la sua lussuosa scrivania in legno lucido, leggendo chissà quali cazzate scritte dai vecchi clienti.

«Quante volte ti ho detto che devi buss..» non gli feci nemmeno finire la sua inutile domanda che lo interruppi, iniziando a parlare velocemente.

«Come ti ho detto prima, sono uscito con lei, e devo dire che è andata bene...più o meno. Se continuassi a farla sentire come lei vuole, resterà qui in eterno.» ghignai soddisfatto, sfoderando il mio solito sorriso sfacciato. «..però mi chiedevo. Cosa mi dai tu adesso in cambio? Andiamo, sto facendo tutto io, sto sprecando il mio tempo per lei. Avrò bisogno di qualcosa in cambio, no? Oppure vuoi che io smetta di fare il gentile con lei e ritorni a trattarla male, così lei se ne andrà al volo?» gli chiesi. Mi sentivo così fottutamente potente in quel momento.

«Cosa vorresti?» mi chiese tranquillamente l'uomo davanti a me, guardandomi da sopra gli occhiali.

«Oh, andiamo. Arrivaci da solo, visto che sei così intelligente.» gli risposi, facendogli segno con le dita per fargli capire cosa realmente volevo: tanti bei soldi.

Di colpo, un assordante silenzio inondò la stanza, facendomi innervosire di brutto e no, non andava per niente bene.

«Okay, okay...» quasi tentennò, e sospirò rumorosamente subito dopo, per farmi capire che non era quello che voleva e che stava facendo un terribile sforzo in quel momento a dirmi di sì.

«500.» affermai, sicuro di me stesso, sfidandolo con lo sguardo. «Ora.»

Posò i due fogli inutili che teneva in mano sulla scrivania e si alzò dalla sua sedia in pelle nera lucida, avvicinandosi poi al suo grande cassettone, aprendolo subito dopo, per poi selezionare i quattro numeri segreti della cassaforte che fecero aprire quest'ultima in un attimo. Afferrò un piccolo mazzetto da 50 e richiuse velocemente la cassaforte, causando un tonfo sordo, che si divagò per il corridoio a causa della porta che era rimasta semi aperta; sembrava che avesse paura che io scoprissi la sua dannata combinazione.

'Ci terrà pure i coglioni lì dentro per essere così preziosa.'

Risi silenziosamente a quel solo pensiero e a quanto quell'uomo potesse essere stupido in molte occasioni: e io che lo dovevo chiamare 'papà' davanti a tutti lo ero ancora di più.

'Ah, di sicuro io non sono figlio di questo essere.' pensai rabbioso, avendo i miei motivi, i quali -in quel momento- mi sembravano piuttosto validi.

L'uomo dai capelli grigi si avvicinò a me, strascicando i mocassini sul pavimento e infilò tutti i soldi nella tasca dei miei jeans attillati neri, ritornando poi alla sua postazione, tranquillamente.
Io, non fidandomi di lui, li sfilai dalla mia tasca e iniziai a contarli velocemente, muovendo appena le labbra per mimare il numero che stavo dicendo, non volendo perdere il conto.

«Non ti fidi adesso?» mi chiese, riafferrando i fogli che aveva posato poco prima sulla scrivania, rimettendosi gli occhiali sulla punta del naso.

The Maze » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora