sedici

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Arrivai all'OLVG Hospital all'una di notte, circa. Una volta scesa dal taxi, non avevo la minima idea di dove andare o cosa fare, quindi corsi verso una delle infinite entrate dell'ospedale e chiesi informazioni sul reparto di rianimazione, dove avrebbe dovuto esserci Harry. La signorina mi spiegò frettolosamente quale reparto dovevo cercare e come arrivarci. Mi sentivo completamente disorientata, poiché non ero mai stata in quell'ospedale e tutto mi sembrava dannatamente grande. Cercai comunque di seguire le sue indicazioni alla lettera, e dopo circa un quarto d'ora di camminata lungo i soliti corridoi color azzurro pastello, trovai il reparto 9 e stanza 48, dove doveva trovarsi Harry. Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi, pensando a cosa mi sarei trovata davanti. Immaginai Harry, pieno di aghi e tubi attaccati al suo corpo massiccio, ma estremamente debole. Un brivido mi percosse per la schiena al solo pensiero di vederlo in quella situazione orribile. Appena mi avvicinai alla porta bianca della stanza, uscì un'infermiera sulla cinquantina che mi sorrise debolmente, facendomi un cenno col capo per farmi entrare, e così feci. Appena mi ritrovai davanti il corpo steso del riccio, proprio come lo avevo immaginato, aprii leggermente la bocca dallo stupore. Anche se praticamente non poteva né muoversi e né girarsi, i suoi occhi si girarono verso di me e mi squadrarono da capo a pieni, e io ricambiai lo sguardo.

I suoi occhi erano ridotti a due fessure, il colore era pallido e le borse sotto gli occhi facevano intendere quanto lui fosse stanco. I capelli erano scompigliati, e qualche ricciolo ribelle fuoriusciva dal cespuglio che si ritrovava in testa il ragazzo. Il suo corpo era ricoperto solo da un camice color verde pallido, e faceva intravedere i tatuaggi che si espandevano per tutto il suo petto. Poi c'era, sotto l'ascella e verso le costole, una fascia bianca che ricopriva la ferita del proiettile.

«Harry.» sospirai, avvicinandomi al lettino dove stava giacendo.

«Ehy.» mi disse, provando ad accennarmi un piccolo sorriso. Tutto ciò che faceva sembrava gli costasse moltissimo dolore, e questo mi faceva star male per lui.

«Io..io davvero, mi sento così in colpa. Non mi ricordo nulla, è come se la mia mente avesse cancellato tutti i ricordi di quella sera..» le parole mi uscirono dalle labbra come un treno, tremolanti e basse. Lui si tolse qualche tubino di dosso e aprì la bocca.

«Alaska, tranquilla, non è stata colpa tua.» mormorò.

«Sì, invece.» affermai, annuendo col capo.

«A..Aiutami a tirarmi su e smettila di dire cazzate.» sbuffò cercando di appoggiarsi coi gomiti sul lettino e a sedersi, senza però alcun risultato.

Anche se gli avevano sparato da qualche giorno, il suo comportamento da strafottente ancora c'era, per fortuna, e si poteva osservare dal suo sguardo e dalle sue smorfie per quanto lo infastidisse non potersi alzare da solo.
Annuì, accennando un sorriso scherzoso e mi avvicinai ancora di più al suo lettino, appoggiando il palmo della mia mano sulla sua schiena e spingendo il suo corpo leggermente all'insù. Un leggero ansimo uscì dalle labbra di Harry, sicuramente per il dolore. Mi scusai con lui, anche se alla fine riuscì a sedersi.

«Cosa ti hanno detto i dottori? Quando potrai uscire da qui?» chiesi mentre mi sedetti sulla sedia vicino al lettino.

«Mi hanno soltanto detto che l'intervento per rimuovere la pallottola è andato... bene. Non ci sono state infezioni, quindi il prima possibile sarò fuori di qui.» i suoi occhi mi scrutarono da capo a piedi.

«Scusami se sono arrivata così tardi, infatti pensavo tu stessi dormendo..»

«No, un'ora fa mi ha chiamato Janette.» sospirò e continuò. «..e mi ha detto che sarebbe arrivata da un momento all'altro, perché doveva parlarmi, quindi sono rimasto sveglio.»

The Maze » h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora