"Si dichiaravano guerra tutti i giorni, quello era il loro modo di affrontare sentimenti troppo forti da gestire. Loro due, intrappolati dai loro caratteri troppo simili e in perenne scontro, si amavano ma ancora non lo sapevano, e le loro anime era...
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HARRY
Sospirai profondamente quando vidi la preoccupazione di Alaska diventare sempre più grande. Sapevo che se le avessi confidato la storia della sua famiglia l'avrei messa ancor più in grave pericolo, e non volevo che questo accadesse. Per non parlare delle conseguenze: dato il suo carattere ribelle ed impulsivo, sarebbe scappata lontano dall'hotel e l'avrebbero potuta rapire, o, ancor peggio, uccidere.
La mia mente cercò di elaborare un discorso sensato. Serrai la mascella alzando lo sguardo verso il volto di Alaska. Come potevo dirle il perché mio padre volesse così tanto che Alaska rimanesse nell'hotel? E l'enorme pericolo che avrebbe dovuto affrontare là fuori? Ma, d'altra parte, come potevo privarla di una parte così importante della sua vita?
«Hai un fratello.» dissi tutto d'un fiato, senza ripensarci su.
I suoi occhi cristallini mi gelarono, e da essi potei percepire la confusione che aveva in testa.
«Non capisco, Harry. Ho un fratello? E perché non è mai venuto a trovarmi?» la delusione mi fece chiudere gli occhi per qualche secondo.
«Si chiama Dan ed ha qualche anno più di me. È una persona pericolosa, Alaska. Dalla morte dei tuoi genitori è impazzito. Ha minacciato più volte mio padre perché voleva averti per sé, ha fatto del male a tante..» presi un sospiro, cercando di rimanere stabile. «..troppe persone.»
Delle lacrime iniziarono a rigare il viso di Alaska, e i sensi di colpa mi invasero. Ero stato troppo diretto? Non avrei dovuto dirglielo?
«Ma perché sono rinchiusa qui?» si mise le mani fra i capelli e si alzò con grande velocità, facendomi innervosire. «Se questo presunto mio fratello avesse voluto prendermi qua in hotel, chi lo avrebbe fermato?!» le sue urla cominciarono ad echeggiare nella stanza.
«Non urlare, dannazione.» affermai con tono secco, ma basso. La sua isteria portava sempre i miei nervi alle stelle, facendomi incazzare subito, e sembrava anche che lei non credesse alle mie parole, cosa che aggravava ulteriormente la situazione.
«Se anche avesse provato a mettere piede nella hall dell'hotel, si sarebbe ritrovato un buco sulla testa.» continuai.
Dopo il mio rimprovero, sembrava essersi calmata un po'. Si rimise a sedere sul letto, e chiese. «Tu l'hai mai visto?»
«Purtroppo sì.»
«Quando?» chiese nuovamente.
«Alaska, sai quanto odio le domande a manetta, è veramente il tuo forte.» sbuffai mettendomi a posto dei ricci ribelli che ricadevano sulla mia fronte.
«Ho il diritto di fare tutte le domande che voglio, perché tu mi hai nascosto una cosa che dovevo sapere. Non mi merito tutto questo, cazzo!» il suo tono di voce ritornò alto e le lacrime iniziarono a scorrere più numerose.