Tempesta in arrivo

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Ero parecchio nervosa a dover insegnare a delle bambine le basi del cheerleading.
Ancora non capivo il motivo per cui Mrs Payton me lo avesse imposto; d'altronde non ero la più brava né il capitano, ruolo che Tracy ricopriva in maniera irreprensibile.

Indossai la divisa rossa e bianca ed uscii dallo spogliatoio mentre alcuni giocatori della squadra di football stavano andando a cambiarsi per l'allenamento serale.
Uno di loro fece un apprezzamento poco carino sul mio conto e dall'ingresso tuonò una voce scontrosa.
«Giù le zampe, Harrison»

Alzai gli occhi al cielo per il lato da cavernicolo di Calum e aprii la porta laterale che dava sul campo.
Non avevo alcuna voglia di assistere a tipici discorsi maschili, quelli di JJ e dei gemelli mi bastavano per una vita intera.

Sorrisi alla vista delle otto bambine impaurite che battevano i denti per l'agitazione e chiesi loro se fossero pronte a divertirsi.
La mia regola fondamentale era che, se dovevo proprio fare uno sport, dovevo ritornare a casa con il sorriso e non fissarmi troppo sul risultato ottenuto. Fino a quel momento non era stata una passeggiata fare la cheerleader, soprattutto per le alte aspettative che la nostra allenatrice aveva, ma in linea di massima partecipare alle partite era piacevole.

Mrs Payton mi affiancò e iniziò a contare le partecipanti e ad assegnare loro un numero, come se fossero degli oggetti.
Non mi stupivo che non sapesse trattare con i bambini.

Quando notò che ne mancavano due aggrottò la fronte e avrebbe iniziato la sua sfuriata sulla puntualità e sulla responsabilità se due pesti non fossero corse sulla linea di base.
Era assurdo, solamente mezz'ora prima ero stata in loro compagnia alla famiglia ed eccole lì, entrambe con un completino sportivo e due codini tenuti su da lacci dello steso colore della mia divisa.

Joy si avvicinò a noi, chiedendo scusa per il ritardo dovuto al traffico e mi feci avanti per evitare che la professoressa sbroccasse.
«Per questa volta non c'è problema, è soltanto la prima lezione. Si ricordi che mercoledì prossimo si inizia alle sei in punto», la informai in tono formale e mi venne da ridere quando rimase spiazzata.
«Oh, certo, saremo puntualissime», si riprese e sorrise prima di tornare in macchina e sgommare via.

«Dopo questo inconveniente possiamo cominciare. Schiena dritta, spalle in fuori, testa alta!», ordinò il sergente al mio fianco e provai dispiacere per le piccole di sei, sette anni al massimo, che eseguivano gli ordini senza fiatare. Avrebbero dovuto impedirle a prescindere di insegnare, non solo ai bambini, ma anche a noi ragazze più grandi.

Non cambiò molto nell'ora successiva e continuò a comportarsi da dittatrice per tutta la durata della lezione.
Ogni volta che mostrava come coordinare braccia e gambe lasciava a me il compito di controllare che la mossa fosse eseguita correttamente e che la postura fosse impeccabile.
Ripeteva spesso che la sua disciplina era tutta questione di equilibrio e chi più, chi meno, quelle bambine sapevano il fatto loro.

Mi meravigliai del fatto che Bridget e Soph se la cavassero abbastanza bene. Erano forse le più motivate e ogni qual volta il mio sguardo si posava su di loro si impegnavano a rendere l'esercizio perfetto.
Alla fine erano sudate e stanche, ma avevano un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra.
Erano talmente carine che fui contenta di avere la possibilità di seguirle sin dai primi movimenti, sebbene fosse faticoso.

Ragione ulteriore si presentò quando sentii Miranda, una piccoletta tutto pepe, dire a sua madre che da grande voleva diventare una «bella e brava cheerleader come Halsey»
Aspettai che tutte avessero qualcuno che le riportava a casa e andai a fare una doccia, ne avevo proprio bisogno.

Trovai Michael ad aspettarmi nel parcheggio e gli saltai addosso, grata che mi avesse fatto una simile sorpresa.
Nell'ultimo periodo era impegnato a studiare per gli esami universitari; mancava qualche mese e avremmo dovuto chiamarlo Ingegner Clifford.
«Ehi, calma, a cosa devo questa tutta questa felicità?», rise mettendomi giù.
«Sei venuto a prendermi, va bene come spiegazione?»
«Me la farò bastare», scherzò e mise in moto l'auto. Trafficai un po' con la radio vecchia e lasciai una stazione che trasmetteva i più grandi successi del momento.
«Allora, come è andata la lezione?»

Amami nonostante tutto || l.h. [ In pausa ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora