Tuoni e cioccolata calda

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L'inizio della settimana non si prospettava dei migliori. Già al mattino presto il cielo era oscurato da nuvoloni grigi e dopo la seconda ora di lezione la pioggia scese fitta sulla nostra piccola cittadina.

L'autunno stava lasciando lentamente spazio ad un inverno rigido che avrebbe portato con sé una pausa dalla scuola. Ero impaziente di restare a casa e dormire qualche ora in più del normale e, ovviamente, animare la pausa invernale con i miei telefilm preferiti.

La campanella pose fine alle mie fantasie e raccolsi in fretta quaderno e astuccio, poi mi immischiai tra i ragazzi che procedevano a passo di bradipo nei corridoi.
Posai i libri nell'armadietto e sentii una presenza alle mie spalle.

«Ciao Calum», salutai senza nemmeno girarmi; era diventata una sua abitudine presentarsi al mio fianco e accompagnarmi in mensa, sotto lo sguardo incuriosito di molti.
«Hal», rispose e aspettò che sistemassi ogni cosa e chiudessi l'anta dell'armadietto prima di mettermi un braccio sulle spalle e muovere qualche passo.

«Cosa ti ho detto sul contatto fisico?», lo ripresi, scrollandomelo di dosso.
«Dopo il matrimonio?», ipotizzò mordendosi il labbro inferiore.
«Stai già pensando al giorno che non esisterà mai?»
«Oh, andiamo tesoro, lo sanno tutti che io e te ci sposeremo»
«Sì, nel duemilacredici», andai avanti, sicura che mi avrebbe affiancata. Con quelle gambe lunghe che si ritrovava non ci impiegava molto.

Fece finta di esserci rimasto male e «almeno la mano posso tenertela?», chiese con la faccia da cucciolo, l'unica a cui non riuscivo mai a dire di no. Sospirai e gli porsi il dorso.
«E va bene, ma guai a te se ti fai strane idee»
«Giuro solennemente di non pensare ad altro se non alla bellissima ragazza al mio fianco», poggiò la mano libera sul petto in maniera teatrale e mi ritrovai ad arrossire e cercare di dissimularlo scuotendo la testa.

-

La pioggia non si era presa un attimo di pausa e all'uscita fui circondata da una grande moltitudine di ragazzi sprovvisti di ombrello che non sapevano come raggiungere la fermata dell'autobus senza bagnarsi.

Mentre stavo per lasciare la tettoia sotto cui mi ero riparata mi sentii chiamare e mi girai per vedere Calum che mi correva incontro.
Arrivò di fronte a me e appoggiò le mani sulle ginocchia, prendendo dei respiri profondi, rimasto a corto di fiato.

«Non ti facevo così poco allenato», scherzai sorridendo.
Era una bugia perché faceva parte della squadra di football e il coach Carson era noto per i suoi allenamenti estenuanti.
Alcuni giocatori lo chiamavano Mrs Payton al maschile e puntualmente pagavano per questa loro battuta.

Girava voce che un ragazzo si fosse addirittura fratturato due costole mentre stava placcando uno della sua squadra e che il coach avesse continuato a farlo giocare perché il football era una sfida a chi sopportava di più il dolore, sue testuali parole o, almeno, questo era ciò che si ripeteva tra i corridoi.

«Prova tu a cercare di schivare una massa di rinoceronti che corrono verso la libertà, poi ne riparliamo», si tirò su e si aggiustò i capelli scuri che gli cadevano disordinati sulla fronte.

Si creò una sorta di silenzio imbarazzato per non so quale ragione, forse per il fatto che ci stavamo fissando a vicenda.
Non c'era alcun motivo per cui io e Calum fossimo in imbarazzo l'una con l'altro, avevamo superato quella tappa da un pezzo.

«Cosa dovevi dirmi?», spostai il peso dalla gamba destra alla sinistra e lo incitai a parlare.
«Stai andando alla casa famiglia?»
«Sì, tra poco dovrebbe passare l'autobus»
«Ti accompagno io, devo passare a prendere mia madre»
Si incamminò senza darmi tempo di replicare e aprì il suo ombrello nero, incitandomi poi a muovere se non volevo bagnarmi.
Lo seguii e mi strinsi a lui per restare al coperto, anche se si sa che più cerchi di non bagnarti, più ti ritrovi acqua nei posti in cui non ti saresti mai aspettata.

Amami nonostante tutto || l.h. [ In pausa ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora