Una serata fallimentare

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C'è la certezza matematica che quanto più cerchi di evitare una persona, tanto più la ritrovi ovunque tu vada.

Ne ebbi la conferma il sabato sera, quando Allison mi obbligò a partecipare ad una festa a casa di un giocatore di football affinché la nostra reputazione ne giovasse - sue testuali parole.
Oppormi non era servito a nulla, la scusa del mal di testa e del raffreddore non aveva retto molto contro le sue petulanti lamentele riguardo la nostra amicizia.

Era sempre stata brava a far leva sul senso di colpa altrui, sottolineando le mancanze nei suoi confronti, come se lei fosse l'emblema dell'amica leale e perfetta.

Mi preparai contro voglia, non mi impegnai nello scegliere il capo di abbigliamento più adatto e chiesi a Michael un passaggio fino al quartiere in cui viveva Noah; il tutto accompagnato da un broncio perenne che mi fece guadagnare il nomignolo di musona dal mio autista personale.

Avevo altri piani per quella serata: volevo guardare un bel film, con mio fratello magari, e ordinare la mia pizza preferita insieme a patatine fritte e una lattina di Coca Cola. Insomma, ciò che ogni adolescente avrebbe fatto al mio posto in assenza dei genitori usciti per un'importante cena di lavoro.

Evidentemente non andava bene ad Allison perché mi minacciò di tagliare tutti i ponti con me se non l'avessi accompagnata.
Sarebbe stata la mia occasione per estirpare le cattive amicizie, ma mi ero lasciata abbindolare come una cretina pur di non ascoltarla lamentarsi.

Ah, fino a che punto mi sarei spinta per non entrare in aperto conflitto con lei? Ogni giorno che passava mi sentivo schiacciata dal peso della sua figura e rimanevo incastrata in un circolo vizioso che mi procurava più male di quanto me ne rendessi conto.

Salutai Michael e mi avviai verso la grande casa a due piani da cui proveniva della pessima musica martellante.
Se fossi stata una vicina avrei chiamato senza esitazioni la polizia per mettere fine a tutto. Erano a malapena le dieci e, a giudicare dai ragazzi che già ciondolavano per il marciapiede, la festa era iniziata da un po' e sarebbe peggiorata in un tempo veramente breve.

Speravo con tutta me stessa di riuscire a trovare un viso familiare tra la calca che occupava il salotto e parte della cucina, ma dopo che non riconobbi nessuno mi ritirai nel giardino sul retro. Almeno lì non c'era ancora nessuno e avevo la possibilità di ascoltare la musica senza rompermi i timpani.

Della mia amica non c'era traccia e mi convinsi che fosse positivo, dato che non sarei stata costretta a scambiare parole insignificanti con i possibili fidanzati che mi proponeva.
Aveva l'assurda convinzione che sarebbe stata la mia fata madrina e avrebbe combinato il mio matrimonio con uno dei suoi spasimanti. Idea molto, molto stupida.

Purtroppo per me, la solitudine non durò molto: due ragazzi sgattaiolarono dalla porta finestra e si nascosero dietro un muro per pomiciare. Rimasi ferma sulla panchina e ridussi al minimo ogni tipo di rumore per non disturbarli. Sarebbe stato parecchio imbarazzante interromperli, si stavano veramente impegnando a non strapparsi di dosso i vestiti.

Il mio piano non ebbe successo, ma non fu per colpa mia.
Calum mi vide attraverso il vetro della cucina e spalancò la porta, salutandomi ad alta voce per sovrastare il cantante che urlava in sottofondo.
Mi coprii il viso con le mani e sperai con tutta me stessa che i piccioncini non si fossero accorti di me.

Cosa alquanto improbabile, dato che girarono la testa nella mia direzione.

E fu così che lo vidi, a pochi metri di distanza.
Il ragazzo era Luke, che mi stava fissando con un cipiglio marcato e la ragazza era la stessa con cui lo vedevo andare in giro per i corridoi della scuola, una certa Megan dal comportamento strafottente e irriverente.

Amami nonostante tutto || l.h. [ In pausa ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora