Capitolo XXIX

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Una settimana dopo ero pronta per uscire con Logan, stranamente James ci aveva dato il permesso.

Il vampiro moro mi aveva invitata una settimana prima, alla festa alla quale il mio nuovo padrone mi aveva costretta a partecipare. Ci aveva incontrati all'uscita, durante la mattina presto e aveva bloccato James, implorandolo. Probabilmente il vampiro doveva essere ubriaco, per aver accettato dopo aver ricevuto diverse suppliche.
Ed io non avevo alcuna voglia di vedere il mio pseudo e finto e inutile fidanzato. Ancor meno degli altri giorni. In realtà, nemmeno Logan si era fatto vivo molte volte. E a me stava bene così, ero contenta di non averlo fra i piedi.

«Un'ora, massimo un'ora e mezza» si raccomandò James.

«Ma anche di meno» borbottai in risposta, quando ero ormai lontana ma capii dalla sua espressione che il vampiro mi aveva sentita comunque e mi accennò un leggero e maligno sorriso.

Logan mi invitò a salire in macchina, aprendomi la portiera, quel giorno era ancor più gentile del solito. «Scusa, Eloise, ero sovrappensiero e non ho capito cos'hai detto», ho detto che potrei uscire con te anche per meno di un'ora.

«Niente di importante, ho ripetuto quanto James sia insopportabile» il vampiro mise in moto e rise, rise di gusto.

«Come ti trovi, adesso?» mi domandò poi, posando una mano sulla mia e guardandomi per qualche secondo.

«Beh...quel posto è, non lo so, non fa per me» confessai, ripeto che con lui sentivo il bisogno di essere sincera, avevo la sbagliata certezza di potermi fidare. Però non volevo essere sincera fino alla fine, non gli avrei raccontato dello stupro. Non mi sembrava il caso.

«La tua semplicità è ciò che mi ha colpito di te, ecco perché quel posto non fa per te» le sue parole colpirono me, invece e ne fui davvero contenta. Mi piaceva essere definita una ragazza semplice e mi piaceva sapere che almeno qualcuno aveva ancora una buona concezione di me. «Devo parlarti» disse poi incredibilmente serio da farmi quasi paura, i muscoli erano tesi e non si decidevano a rilassarsi. Lo sguardo dritto davanti a sé, fisso e quasi perso, spento. Notai un barlume di tristezza nei suoi occhi verdi e no, non lo avevo mai visto così.

«C'è qualcosa che non va, Logan?» chiesi in apprensione. In fondo mi dispiaceva per lui, quel ragazzo mi aveva aiutata tanto, anche se si era dimostrato diverso da come si era posto nei miei confronti all'inizio.

«Più di una cosa e avrei dovuto parlartene sin da subito, non ridurmi a questo punto.»

Spalancai gli occhi, guardandolo sorpresa. C'era qualcosa di strano quasi tetro, in lui, come anche nella sua voce. «Così mi preoccupi!» finsi una mezza risata isterica, ma nel vedere la sua faccia non riuscivo a ridere. Volevo soltanto smorzare la tensione, ma stavo ottenendo scarsi risultati.

«E fai bene a preoccuparti» sospirò, poggiando le mani sul volante e fissando la strada. Capii subito che non voleva incontrare il mio sguardo. Sembrò pensarci su, probabilmente per trovare le parole adatte, poi finalmente sparò tutto, come un turbine di notizie che uscirono a ruota dalla sua bocca, rotolando sulla sua lingua. «Ricordi il sabato in cui ci siamo conosciuti?»

Io annuii. «Luke aveva organizzato una "festa" e tu mi hai salvato dalle grinfie di James» ridacchiai un attimo «Buffo, ti ho praticamente costretto a buttarmi di nuovo nelle sue mani» anche lui trattenne appena una risata «Da lì è cominciata la nostra splendida amicizia...»
Penso che sarebbe dovuta rimanere tale: un'amicizia. Abbiamo complicato la situazione incastrandoci in un qualcosa di troppo grande che non ci appartiene, mentre avremmo potuto mantenere un bellissimo rapporto, che sarebbe stato a parer mio migliore.

«Il giorno prima, Odette e Agatha mi avevano chiamato. La padrona di casa aveva visto dei movimenti strani, una sera, presso la stanza di Luke, ma non ci aveva fatto caso. Poi, però, il giorno dopo decise di entrare nella camera del figlio e vi trovò dei disegni. Non ha mai messo in discussione la sua bravura, pur ritenendo quella pratica insulsa e di poco conto, ma in particolar modo i suoi occhi sono caduti su un ritratto. E quel ritratto era tuo. C'eri tu, nuda.»

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora