Capitolo XXXVI

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Quando mi risvegliai, tastai il territorio accanto a me e mi resi conto di essere poggiata su qualcosa di morbido.

Un intenso profumo mi inebriò le narici. Un profumo che conoscevo già e che amavo alla follia. D'istinto spalancai gli occhi, ritrovandomi un viso dalla bellezza angelica e tentatrice. Due occhi di un azzurro color del cielo e del mare, di tutte le cose più belle e un sorriso da far mancare il fiato a chiunque.

«Ben svegliata, finalmente», mi disse Luke, dandomi un bacio sulle labbra. Ero poggiata con la testa sul suo braccio e mi trovavo nel suo letto. Cercai di riprendermi dall'impatto con le sue labbra, che ogni volta per me era un duro colpo al cuore.

«Quanto ho dormito?» domandai, quando finalmente riuscii a parlare e a riprendere conoscenza... e fiato.

Lui alzò un sopracciglio e sorrise beffardo. «Molto, presumo. Tutta la notte.»

Molto. Tutta la notte era molto?  In pochissimo tempo mi tornarono in mente tutti gli avvenimenti accaduti solo la sera prima, mi tastai il petto ed ogni ferita era rimarginata, sui miei abiti non era inoltre presente alcuna traccia di sangue. Strano.

Oh, no, non lo era. All'improvviso capii tutto e colpii Luke sul braccio. «Questi non sono i miei vestiti!», potrestai, qualcuno doveva avermi cambiata e potevo immaginare chi fosse quel qualcuno.

«Ahi!» si finse offeso, massaggiandosi la zona lesa; poi mi guardò e scoppiò nuovamente a ridere «Insomma, non è la prima volta che ti vedo nuda. Ti vergogni ancora di me?»

Io arrossii di botto. Se mi vergognavo di lui? Sì, lo facevo ancora. Anche un suo singolo tocco, era capace di mettermi i brividi e di farmi sentire tremendamente imbarazzata. «Ecco... lo hai fatto contro la mia volontà!»

Lui roteò gli occhi e mi fissò accigliato. «Quanto sei noiosa! Non mi sembra proprio ti dispiaccia avere le mie mani sul tuo corpo», alle sue parole arrossii di botto, perché era vero. Amavo quando facevamo l'amore e lui mi accarezzava, perché per la prima volta sentivo di appartenere a qualcuno, per la prima volta provavo sulla mia pelle un tocco che era capace di farmi stare bene, di dimostrarmi che qualcuno mi apprezzava.

«Manca una settimana al tuo matrimonio» dissi, sviando completamente la conversazione.

Il biondo sbuffò, soffiandosi una ciocca ribelle via dagli occhi. «Non ricordarmelo.»

«Cosa succederà?»

«Fosse per me ti sposerei anche subito» rispose, tracciando con un dito il contorno di una mia guancia «Ma sai che per il tuo bene non è conveniente e non farò mai qualcosa che possa metterti in pericolo, quindi...»

«I miei nonni mi riscatteranno, prima o poi, me ne andrò, non ci vedremo più, ognuno proseguirà per la sua strada e staremo bene», trattenni un singhiozzo. Insieme saremmo stati male, ma separati saremmo stati peggio. Quindi, in questo caso, cos'era meglio fare? Lui non avrebbe mai permesso la mia morte, aveva deciso per me.

«Troverò una soluzione», affermò deciso. Ma non c'era nessuna soluzione. Il nostro problema era Agatha, morta lei avremmo risolto ogni cosa. Ma l'unico modo per ucciderla si trovava in una tomba, sigillato, chissà dove. I Primi si erano premurati bene di nascondere con cura i loro "genitori".

«L'unica soluzione è stare divisi.»

«Credi che mi arrenderò così in fretta?», non l'aveva già fatto? Si era arreso a sua madre. Non davo la colpa a lui, mi rendevo conto che contro quella donna era troppo debole, non poteva niente. Le aveva già spiegato come stavano le cose e lei era rimasta impassibile.
«Adesso, però, ho una sorpresa per te».

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora