Diciassette

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Dopo quello che era successo nel primo pomeriggio, Giulia si era rifugiata sulla terrazza, lontana da tutti, per pensare. Con il lavoro era molto avanti, come al solito, e poteva anche permettersi qualche minuto solo per sè prima di mettersi sotto nuovamente.
Non riusciva ancora a credere di aver vissuto la scena di poche ore prima.
Aveva sentito nella voce di Daniele una sensazione particolare che non si aspettava avrebbe trasmesso, qualcosa che era fatto di tristezza e pentimento. Questo qualcosa era talmente forte che Giulia non era riuscita a non sentirsi orribile per essere la causa di tutto quello che lui stava passando.
I suoi pensieri furono interrotti da qualcuno che la affiancò mentre era appoggiata alla ringhiera. Era Domenico.

- Non ti ho vista nell'atrio, quindi sapevo di trovarti qui. - iniziò il ragazzo.

Giulia non rispose, presa com'era dal suo malessere. Entrambi guardavano davanti a loro.

- Ti vedo peggio del solito. - continuò lui. - È successo qualcosa? - chiese poi.

L'altra fece ancora silenzio.

- Allora? - la incalzò di nuovo lui ancora dopo qualche secondo.

- Mi sento una schifezza. - rispose lei finalmente, con le mani sulla faccia a stropicciarle gli occhi.

- È già qualcosa. - ribattè lui.

Giulia non capì. - Cosa vuoi dire? Sinceramente ne farei a meno di stare così... - disse.

- Intendo dire che, se non l'hai notato, prima eri infuriata, mentre ora ti senti in colpa nei suoi confronti. - le spiegò Domenico. Era soddisfatto, sapeva che lei non avrebbe potuto tenere il broncio a Daniele a lungo ed era convinto anche che prima o poi avrebbe pagato le conseguenze della reazione un po' esagerata che aveva avuto.

Lei riflettè sulle parole del ragazzo. E se davvero la sensazione di disagio che provava ora fosse senso di colpa? Pensò che poteva essere così veramente. Quello che sentiva ora era effettivamente diverso da quello che provava all'inizio della faccenda, nonostante non riuscisse ancora ad identificarlo.
Ultimamente aveva iniziato a pensare più spesso al fatto che lei fosse la causa dello stare male di Daniele, più che al reale accaduto. Forse lo aveva superato. Forse non era più importante e dentro di sè, lo aveva già perdonato.

- Giulia? - la chiamò Domenico, dopo un po' che non rispondeva ed interrompendo il corso delle sue riflessioni. Sicuramente, se non altro, le sue parole le avevano instaurato qualche dubbio o qualche domanda.

- Sì? - fece la ragazza dopo essersi sentita chiamare. Poi si rese conto di non avergli risposto. - È che... - esitò. - ...ho paura che tu abbia ragione. - ammise finalmente.

Domenico si sentì sollevato, ma non lo diede a vedere. Quando loro due avevano fatto pace dopo la discussione che avevano avuto sul diverso modo di vedere l'accaduto, lui era rimasto nella convinzione che tutto quel astio esagerato le avrebbe comunque fatto male in seguito, nonostante una parte di esso fosse inevitabile, ed era quello che stava accadendo proprio in quel momento. Probabilmente, presa dalla delusione, le era stato impossibile non prendersela così tanto. In ogni caso, ora lui si sentiva in dovere di fare qualcosa, per il bene suo e del suo compagno di squadra, nonchè amico. - Non pensi sia arrivata l'ora di perdonarlo, quindi? - domandò, sperando in una risposta affermativa da parte di Giulia.

Lei esitò. - Non penso che lui... - iniziò, poi si interruppe. Sentiva che se avesse continuato la frase, sarebbe scoppiata a piangere, poichè avrebbe sentito realtà il suo più grande timore.

Domenico la interpretò, però, come timidezza. - Che lui cosa? - la incalzò. Non sapeva cosa volesse dire e non poteva indovinare perchè non lo intuiva nemmeno.

- ...non mi voglia più vedere. - completò la frase Giulia, con uno sforzo enorme per trattenere le lacrime che, se fossero scese, sarebbe stato impossibile poi fermare per un po'.

Il ragazzo rimase sorpreso da questo suo pensiero. - Non è così. - ribattè allora. - Il problema è solo tuo, lui non sta aspettando altro. - aggiunse per provare a convincerla.

Ma Giulia non era sicura. - Con tutto quello che gli ho fatto, invece, sarebbe il minimo. - disse. Solo in quel momento si rese conto che tutta l'ostilità che aveva avuto in quei giorni nei suoi confronti poteva aver sviluppato in lui lo stesso sentimento. Si sentì male al solo pensiero. E se prima le avesse voluto dire proprio quello? Che non voleva più vederla e che non poteva aspettare all'infinito? La sua mente stava viaggiando e formulando diverse ipotesi.

- Giulia, ascoltami. - richiamò la sua attenzione l'altro, con tono serissimo. Poi la guardò negli occhi mentre le parlava. - Daniele ti ama, va bene? Potresti averlo trattato anche peggio, che questa cosa non sarebbe cambiata. - affermò, fermamente. Sperò di essere finalmente riuscito a farla ragionare un minimo.

Lei distolse lo sguardo e lo rivolse al pavimento. Ci fu circa un minuto di silenzio totale, rotto solamente dai rumori provenienti dalla gente che passava sotto la terrazza. - Forse hai ragione... - ma più che un'ammissione, quella era una riflessione a voce alta. Ancora non si sentiva di avere il coraggio di affrontarlo e dirgli tutto. Magari sarebbe potuta star male ancora, ma se non le si fosse presentata l'occasione, probabilmente non avrebbe fatto niente.

E questo, Domenico lo sapeva.

Giulia lo salutò, poi si girò per andarsene.

La mente del ragazzo stava già cercando un altro modo per farle capire come stavano le cose, quando lei si fermò sulla soglia della portafinestra e lo chiamò.

- Domenico? - fece lei.

- Sì? - si voltò lui.

- Grazie. - gli fece un sorriso, che venne ricambiato. Poi andò via.

Lui si tranquillizzò un pochino, felice dell'essere riuscito a fare qualcosa di utile e certo del fatto che la situazione di sarebbe smossa di lì a poco.

Ho imparato già ad amarti senza più riserva alcuna 2 - Daniele Rugani[REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora