Capitolo 22-I've got no money in my pocket

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Mika strinse le mani a pugno, trattenendosi a fatica dal colpire qualcosa. Appena sembrava che tutto sarebbe andato meglio, la situazione precipitava. Ricordava benissimo la sera prima, le parole della madre e le lacrime silenziose del padre. L'aveva visto piangere per lui solo tre volte:quando gli avevano diagnosticato il cancro, quando avevano capito che sarebbe morto a breve e quel giorno.
-Ci dispiace tantissimo Michael. Non abbiamo più abbastanza soldi per pagare la cura. -
Quella frase era una condanna sicura. Inizialmente aveva sentito un'ondata di sollievo pervaderlo, niente più pomeriggi all'ospedale, niente più aghi e strumenti terrificanti, niente più Jacobs. Poi era arrivata, puntuale come un orologio svizzero, la certezza che non sarebbe vissuto nemmeno per due mesi. Mancavano pochi giorni a Natale, e lui ci sarebbe arrivato così, semi-depresso e con attacchi sempre più frequenti. Aveva chiamato subito Andy, che era rimasto incredulo. Aveva tentato di pagare lui le medicine, ma nemmeno il suo stipendio unito ai risparmi di emergenza dei Penniman sarebbero bastati. Stavano cercando in tutti i modi di racimolare denaro, anche con Rose, ma non era mai abbastanza. Jacobs continuava ad alzare i prezzi, il Poenaxiphor era molto caro, rendendo i loro sforzi comunque vani.
Ed ora, chiusi nella disordinata camera di Mika, cercavano disperatamente un'idea.
-Potremmo chiamare Alex.- suggerì Andy.
-Mi ha detto chiaro e tondo che non vuole avere a che fare con me.- rispose il riccio. -Mi ha chiesto di scegliere. Te o lui. Ed io ho scelto te.-
Il biondo gli strinse la mano.
-Grazie. -
-Non montarti la testa, Dermanis. Posso ancora cambiare idea.-
-Certo, certo. Come se riuscissi a starmi lontano. Sono irresistibile. -
-Chi, tu? Ma fammi il piacere, sei...-
-Ragazze, siete molto carine, ma potremmo rimandare a dopo la vostra faida? Al momento siamo leggermente impegnati, o sbaglio? - li interruppe la ragazza. Sospirando, si chinarono nuovamente sul tavolino, spremendo le meningi per farsi venire un colpo di genio.
-Ragazzi...vi ho portato un tè e dei sandwiches, avrete fame.- disse Joannie, entrando con un vassoio in mano.
-Grazie, mamma.-
Le si poteva leggere negli occhi la disperazione, la tristezza ed anche un fondo di vergogna, per non riuscire nemmeno a pagare le medicine per il figlio.
-Mika, stasera Zuleika torna dalla Cina, avevo pensato di andare a cena fuori, per festeggiare. -
Il ragazzo sorrise entusiasta. Certo, i soldi per la sua cura non c'erano, ma erano in cinque, e non poteva essere l'unica preoccupazione dei genitori.
-Davvero torna Zuleika? Sì! Deve raccontarmi tutto della Cina! Ma vengono anche gli altri? -
-Certo!- rise la madre davanti all'entusiasmo del figlio.
Ancora sorridendo, il ragazzo addentò un panino, alzandosi a cercare un foglio.
-Mi sono venuti in mente un paio di versi.- si scusò, avendo travolto Andy mentre cercava la penna.
I want the whole world to celebrate
I wanna come home
To the only place I know
Where the trees I planted grow
I wanna come home
...
I remember those two letters
It will be okay
Everyone says now or never
I say only if it's better
Be a night like this forever...
Che ne dici?-
-Ahhh, dico che inizi a farmi sentire inferiore.- rispose l'altro stiracchiandosi.
-Pausa?- disse.
-Pausa.-
Presero tutti e tre da mangiare e da bere, lasciando da parte per qualche minuto tutto il resto. Joannie li guardava, felice. Era contenta che suo figlio, nonostante tutto, fosse tornato il ragazzo allegro di prima. La fuga di Andreas l'aveva fatto cadere nella depressione più cupa, mentre adesso sembrava un normalissimo ragazzino di diciassette anni da poco compiuti, certo, non molto ino, ma comunque un teenager.
Verso le sei, Rose tornò a casa con un suo amico, che si era presentato come "il Dottore", lasciando leggermente straniti i due ragazzi. Poco dopo, anche Andy dovette tornare a casa, lasciando Mika a prepararsi.
Il ragazzo prese un paio di jeans neri attillati e una camicia bianca, con i primi bottoni slacciati. Joannie rimase leggermente basita dalla scelta, quegli abiti erano così poco nel suo stile...poi però il ragazzo aggiunse il suo tocco personale: una giacca verde brillante e un orologio della Swatch. Non provò nemmeno a sistemarsi i capelli, era una battaglia persa. Nonostante ciò, la madre tentò lo stesso, invano, dicendo:
-Stai benissimo, tesoro, ma sembra che abbiano organizzato una festa sulla tua testa.-
-Ah,guarda, io ci ho rinunciato in partenza. -
Più tardi arrivò il resto della banda, ognuno con dei pacchetti in mano, depositati accuratamente sotto l'albero. Fortuné si avvicinò a Mika, nervoso. Cosa avrebbe dovuto dirgli?
-Che capelli hai?- ok, pessimo inizio.
- Lascia stare, non riuscirò mai a tenerli a posto.-
Sorrisero, poi il maggiore disse finalmente al più piccolo quello che si teneva dentro da ore.
-Mi dispiace, Mika. Mi dispiace un sacco, non...non saprei cosa fare, ma se avessi bisogno di me per qualsiasi cosa...non ti perderò fratellino. Non permetterò a nessuno di portarti via da me.-
Si abbracciarono in silenzio. Cosa avrebbero potuto aggiungere? Quella sera a cena, evitarono ogni argomento che avrebbe potuto portare a parlare del cancro, provocando così un moto di malcontento in Mika, che alla fine non ne potè più.
-La volete piantare di fingere che vada tutto bene? - esplose. -Non ce la faccio a vedervi fare quei sorrisi finti quando vi guardo, per poi cambiarli con espressioni rassegnate appena mi volto. Non ce la faccio a vedere che per voi sono solo un peso e una preoccupazione!-
Zuleika si avvicinò a lui, stringendogli la mano, con fare protettivo.
-Oh, Mika...noi lo facevamo per te...-
-Ragazzi, so che me ne andrò presto, molto presto, ma non potete solo provare ad essere normali? A non evitare come la peste la mia malattia? Per favore-
Gli sorrisero, stavolta con un sorriso vero. Era cresciuto parecchio il piccolo Mika.

Stardust || MikandyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora