Goodbye my lover

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Erano le undici passate quando presi conoscenza nel mio lettino, non filtrava luce dalla finestra e mi sembrava ancora notte fonda e invece era tardissimo, dovevo ancora infilare le ultime cose in valigia ma in quel momento lo sentivo l'ultimo dei miei pensieri. Tutto mi riconduceva alla sera precedente, alle parole che Massimo aveva detto sul mio conto, ma chi si credeva di essere? Forse aveva ragione quella vipera di mia cugina, gli uomini ti usano e poi ti gettano via come un fazzoletto sporco, mi faceva male dirlo, ma anche l'uomo di cui mi ero innamorata non aveva fatto diversamente con me. Mi alzai e misi qualcosa addosso, una maglietta con scritto qualcosa tipo "It's so hard be me" frase più vera di quella non poteva essistere in quel momento, presi i jeans, gli stivali e cercai di rendermi presentabile, per quel che potevo. Decisi di non truccarmi, neanche con il trucco si sarebbero coperte quelle occhiaie che ormai alloggiavano sul mio volto da un tempo indefinito. Entrai in cucina e ci trovai mia madre, seduta al tavolo intenta a leggere un libro e in quel momento compresi che tutti sapevano come in realtà stavo.

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L'ansia pre-partenza iniziò a farsi sentire, ero appena arrivata in aeroporto e percepivo che stavo per dire addio a tutti, compresa me stessa. Dovevo fare un viaggio lungo e iniziare una nuova vita lontano da tutti i miei affetti e le mie sicurezze, e al solo pensiero il mio cervello andava in tilt.

« Credo dovremmo entrare, il signor Jones starà già dentro. » Continuavo a guardarmi intorno alla ricerca di qualcuno, ma se non glielo avevo detto cosa mi aspettavo? Così ascoltai il consiglio di mia madre e entrai all'interno dell'aeroporto con un senso di solitudine, estremo. La voce che avvisava le varie partenze mi teneva compagnia nella mia camminata, continuavo a guardare le mattonelle bianche sotto i miei piedi come una depressa cronica, senza prestare il più minimo interesse alla ricerca di Gabriel.

« Eccoti! » La voce squillante americana arrivò subito alle mie orecchie e d'istinto alzai il capo per guardarlo negli occhi, dimenticando che le lacrime mi avevano tenuto compagnia tutta la notte. « Sei stata male? » La sua espessione cambiò completamente, i suoi occhi cercarono nei miei una risposta che tardò ad arrivare.

« Allergia! » Mia madre intervenne per salvare il suo cucciolo in pericolo. « Selena è una ragazza delicata. » Prese la valigia che stringevo forte nel mio palmo e si allontanò insieme a mio padre per andare a salutare Marta, che era seduta ad osservare il panorama.

« Ci credo poco a quest'allergia, anche perché non è periodo.» Solo in quel momento notai che non indossava la solita camicia e la giacca, ma un maglioncino blu che si intonava perfettamente con il suo viso, distratta ad osservare tutto ciò che aveva cambiato non prestai per niente attenzione alle sue parole. « Ti va un caffè? L'aereo parte tra più di un'ora e se non vuoi che indaghi su quest'allergia devi dirmi di si. » Disse porgendomi il braccio sinistro.

« Solo perché sono a corto di caffeina, altrimenti non accetterei. » Afferrai il braccio cercando una sicurezza, un qualcosa di saldo, che non sarebbe crollato da un momento all'altro.

« Mi sento onorato! » Mise la sua mano calda sulla mia e un brivido freddo mi attraversò la schiena, come se una scarica elettrica avesse attraversato i nostri corpi. « Anche se mi sarebbe piaciuto indagare sull'origine della tua allergia, ma in fondo abbiamo ancora molto tempo e prima o poi lo scoprirò. » Un sorriso si affacciò sul suo viso, portando così a sorridere anche me, anche se celava una grande preoccupazione. Avevamo davanti a noi tante ore di viaggio e l'autocontrollo non aveva un grande successo su di me, per questo avevo sempre bisogno di qualcuno che mi tappasse la bocca nei momenti giusti.

La sala Bar era immensa e completamente piena di sfiziosi tavolini dei colori bianchi e neri, il tutto affacciava sulle varie piste permettendo ai viaggiatori di osservare il decollo e l'atterraggio dei vari aeri. Decidemmo di prendere posto lontano dal bancone che era circondato da persone che chiacchieravano animatamente.
Gabriel mi aiutò a prendere posto, era così a modo e premuroso, ringraziai porgendogli uno dei miei migliori sorrisi. Lui prese posto proprio al mio fianco, pensavo che avrebbe preso il posto di fronte per rimanere più formale ma in fondo preferivo così.

« Credo che abbiano fatto una pessima scelta con questi colori, tu che dici? » Diceva a me? Lo guardai quasi sconvolta dalla domanda, non me ne intendevo di moda figuriamoci di arredamento.

« Dici sul serio?» Alzai un sopracciglio e storcendo le labbra cercai di fargli capire la mia risposta. « Sai, quando mi sono proposta per arredarlo mi hanno mandata a quel paese, quindi non so.»

« Voi donne siete sempre alla moda e tu non riesci a dare un giudizio sull'abbinamento dei colori? Mi deludi.» Proprio mentre io stavo per rispondere a modo alla sua affermazione arrivò al nostro tavolo una ragazza minuta per prendere le ordinazioni.

« Io un caffè, tu? » Puntò i suoi occhi su di me e attese una risposta.

« Un thè. » Non avevo voglia di aggiungere caffeina al mio organismo già in tilt di suo, la ragazza si allontanò e tra di noi piombò il silenzio, per giunta mi sentivo osservata e non sapevo perché dato che anche se mi guardavo in torno non notavo nessuno ad osservarmi.

« Ti senti pronta? » Guardava le mani come se il più preoccupato per la risposta fosse lui.

« Vuoi una risposta sincera? » Acconsentì semplicemente con un movimento del volto, come i bambini quando non sanno ancora parlare. « No, per niente, sono terrorizzata e ho paura... non so neanche io di cosa.»

« Per questo hai pianto? Non vuoi venire in America.» I nostri occhi rimasero a guardarsi per un pó, mentre cercavo una risposta al quanto sensata.

« No, no, Gabriel. L'America non c'entra.... credo.... cioè.... ho solo paura, è solo l'andare in contro a qualcosa che non si conosce. » Sorrisi e tirai un sospiro di sollievo, ero riuscita a dire cose sensate. Vidi il suo volto rilassarsi e si distese facendo stare tranquilla anche me.

« Sono felice che non c'entri la partenza, mi sarebbe dispiaciuto ritornare a casa senza di te. » Mentre lui pronunciava la sua opinione la cameriera ci portò le ordinazioni.

Così calò il silenzio tra di noi e proseguì fino alle partenza che avvenne tra lacrime e abbracci, stavo lasciando tutto ciò che fino a quel momento era stata la mia stabilità ma - in fondo - ero felice perché sapevo che il mio futuro sarebbe stato migliore del passato.

Spazio autrice:

Dopo una vita sono riuscita a pubblicare il capitolo, come al solito spero vi piaccia. Pensavo di scrivere qualche capitolo dal punto di vista di Massimo, in modo da scoprire anche il suo carattere. Voi cosa ne pensate? Ditemi la vostra!

A presto. Un bacio. 😘

Ricordati Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora