The best part of me

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« Io c'avrei scommesso che non saresti rimasto incollato a quella sedia. » Risposi girandomi verso di lui con la voglia di ucciderlo lì davanti all'entrata del locale, senza pensare ai passanti o agli ospiti seduti a quel tavolo.

« Bhe, vuol dire che in fondo ci conosciamo bene. » Mi adagiò sulle spalle la giacca nera che avevo indossato da sopra al tubino, e che sicuramente avevo lasciato dentro, ma dove avevo la testa? In quel momento sicuramente lontano, visto che quel mal di testa mi stava distruggendo. « L'avevi lasciata dentro. » Disse lasciando le mani sulle mie spalle come per ricordarmi che potevo fidarmi di lui, e che nessuno mi avrebbe sostituita nella sua vita.

« Grazie. » La infilai senza avvisarlo in modo che le sue mani ritornassero sui suoi fianchi, lontano da me. « Credo dovresti tornare dentro, ti staranno cercando. » Non volevo una guardia del corpo alle calcagne, semplicemente un pò di libertà.

« Me la sono dileguata con una scusa, ora sono a tua disposizione. Lo so che non mi vuoi parlare, ma almeno mi concedi di accompagnarti a casa? Non sopporto saperti da sola per la strada a quest'ora.» La voce non era autoritaria e dura come al solito, anzi, dolce e delicata.

« So cavarmela bene da sola non mi serve uno str... » Mentre pronunciavo quelle parole piene di rabbia e odio la testa iniziò a girarmi, la vista ad annebbiarsi constringendomi ad aggrapparmi all'uomo al mio fianco. «Massimo.» Furono le ultime parole che uscirono dalla mia bocca e poi il vuoto, nulla se non il vuoto.

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« Ti ringrazio per averla riportata a casa.» Era la voce di mio padre, ma dov'ero? Il mal di testa era passato ma il mio corpo non voleva collaborare e quindi rimasi lì ferma ad ascoltare quella conversazione. « Sai all'inizio non approvavo il vostro vedervi, ma dopo questa settimana, potete incontrarvi anche qui. L'ho vista stare malissimo in questi giorni e non ho ancora capito se é colpa tua o mia.» "Io direi degli uomini in generale" ed ecco che tornava all'attacco la mia coscienza, che aveva fatto un riposino da quando avevo visto quella scena orrenda in palestra.

« Non credo sia una buona idea, sua figlia mi odia e non voglio rovinare la sua tranquillità.» La voce di Massimo era un sussurro, infatti ci volle qualche secondo per interpretare quello che stava dicendo.

« Sono stato io a rovinare la vostra quella sera al campo, e sono stato sempre io a portarla via da lì il giorno seguente, quindi permettimi di darti una mano; finalmente ho capito quanto sei importante e fondamentale per lei.» "Selena sicura che non hai fumato qualcosa? Perché tuo padre che si comporta così é stranissimo." Aveva pienamente ragione, mio padre non si era mai comportato così verso qualcuno, se non con mia madre.

« Guardi, non so cosa dirle, non voglio rovinare la vita di Selena, se ha scelto di chiudere non posso insistere. » Continuava a ripetere che ero stata io a chiudere quella situazione, senza capire che quel "bacio" aveva segnato la parola fine alla nostra storia.

« Il weekend prossimo, come ogni anno, organizziamo una festa alla casa al mare, vieni anche tu.» " No, no, no, dici di no e riceverai una medaglia d'oro." « Puoi stare lì da noi nessun problema, sono giorni che passeremo tra famiglia e amici, quindi non farti problemi.»

« Se proprio insiste. » E dopo quelle parole il vuoto tornò ad avvolgermi.

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Mi ero ripresa da quel piccolo incidente e avevo riniziato tutte le attività prima della pausa primaverile, la situazione con Massimo era stabile, nessun passo falso da entrambi i lati. «Tesoro hai fatto? Così porto giù la borsa.» La figura di mio padre fece capolino in camera, finalmente le cose tra noi scorrevano benissimo; avevamo parlato e ammesso i vari errori che avevamo commesso nelle settimane antecedenti, liberandoci del peso che portavamo addosso.

« Si, ecco a te. » Dissi dandogli un bacio sulla guancia. « Prendo le ultime cose e scendo. Non ti preoccupare chiudo tutto io.» L'uomo mi fece l'occhiolino e se ne andò chiudendo la porta principale alle sue spalle. Raccolsi il computer, l'mp3, i libri e il cellulare, visto che la pausa durava una settimana avevamo deciso di passarla lì in Santa pace, lontano dal caos cittadino.

Il telefono che stringevo tra le mani mi avvertì dell'arrivo di un sms, incuriosita lessi. - Buongiorno raggio di sole, ci sarai anche tu domani, vero? G.- Un sorriso spuntò da uno zigomo all'altro, da quando aveva imparato l'italiano base l'allietava con messaggi di buongiorno e buonanotte. - Giorno anche a te G. Penso che dovrai sopportarmi anche lì, purtroppo non sono riuscita a trovare una scusa per fuggire. S. - Chiusi le luci e scesi dai miei. « Tutto ok, possiamo partire.»

Il viaggio fu breve visto che mi tenevano compagnia i messaggi di Gabriel e dovevo ammettere che il suo comportamento da adolescente mi colpiva, un uomo sempre impeccabile, con il suo completo Armani che scambia messaggi del tutto adolescenziali con una ragazzina. - Devo andare, siamo quasi arrivati. Se ho tempo dopo ti mando il percorso che devi fare per arrivare qui, anche se penso che il tuo autista conosca la strada. S. - La sua risposta arrivò dopo qualche secondo dall'invio. - Credo di si, non intendo disturbati oltre. Passa una felice e serena giornata. A domani raggio di sole. G. - Mi piaceva essere chiamata in quel modo, stranamente apprezzavo quel " soprannome" che mi aveva dato.

« Siamo arrivati. » Affermò mia madre con il sorriso sulle labbra, ritornare in quel posto era come riprendere fiato, rifuggiarsi tra le braccia della persona amata, era il luogo dove avevano avuto luogo i ricordi più belli. « Tesoro, guarda chi c'é? » I miei occhi si spostarono, seguendo quelli della mamma, era alto, bruno, con un sorriso smagliante.

« Marco! » Dissi scendendo dall'auto di corsa, senza attendere che papà si fermasse, la gioia di vederlo rese tutto quel viaggio stupendo. Bhe, sono sicura che ora vorreste sapere chi é questo Marco? Diciamo che non sono stata del tutto sincera quando ho detto di essere figlia unica; mio padre é stato già sposato e dal primo matrimonio é nato lui, il mio angelo custode. « Mi sei mancato da morire.» Dissi saltandogli addosso e assaporando la bellezza di quell'abbraccio, la bellezza di riaverlo di nuovo al mio fianco.

« Potevo lasciare il mio Coniglietto da solo così allungo? » Percepivo dalla sua voce la stessa felicità che alloggiava nel mio cuore da quando l'avevo visto.

« Non mi chiama più nessuno così! » Lo rimproverai dandogli una gomitata scherzosa. « Quindi trovami un altro soprannome Mr Muscolo.» Con la faccia offesa mi avviai a salutare tutto il personale che era lì ad attenderci.

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Il tramonto ormai era arrivato rendendo tutto di un rosso tendente al rosa. Avevo trascorso la giornata a disfare valigie e racconti sulla vita all'estero di mio fratello. Ero felice, finalmente si era realizzato e aveva incontrato una ragazza che lo rendeva completo.

« Cosa ci fai qui tutta sola? » Prese posto al mio fianco sul muretto bianco che affacciava sulla spiaggia ormai deserta.

« Penso a nonna. » Lo guardai, il nostro legame era troppo forte che non potevo mentigli. « Ti ricordi quanto le piaceva questa vista e questo ambiente.» La vedevo ancora lì a rincorrerci quando non volevamo rientrare, e lei ci prometteva che ci avrebbe reso più dolce il ritorno con un lecca lecca. « Ti ricordi i pomeriggi con lei? » Marco acconsentì ripensando ai bei tempi. « Mi manca da morire.» Affermai guardando l'orizzonte per non far notare gli occhi lucidi.

« Ehy, lei é sempre con te, anche in questo momento, lei é sempre qui per proteggerti e sostenerti.» Mi strinse al petto in modo da poter appoggiare la testa sulla sua spalle. « Lei é fiera di te... ne sono sicuro. »

« Lei é fiera di noi, tu per lei sei sempre stato un nipote. » Lo strinsi ancora più forte sperando che quel momento sarebbe durato in eterno.

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