Only you

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Guardai Massimo alla ricerca di una risposta che non isospettisse Alex, che già aveva posato il vassoio sul cassettone accanto ai profume e alle spazzole. La mia camera stava per diventare un ring me lo sentivo, si sarebbero presi a pugni sotto i miei occhi e io sarei dovuta correre ad aggiustare la situazione.

« Le ho detto io di chiamarmi per nome, essere chiamato "professore" fuori dalle mura scolastiche mi fa sentire vecchio. » Disse convinto prima di voltarsi verso di me e sorridermi; era uno di quei sorrisi prieni di parole, stava cercando di rassicurarmi.

« E perché stavate ridendo? » Chiese il ragazzo dai capelli color ebano e gli occhi castani che stava avanzando verso di noi. " E perché non ti fai i fatti tuoi? " stavo per rispondergli io, ma il bellissimo uomo dagli occhi color ghiaccio parlò qualche secondo prima che scoppiassi.

« Io e Selena abbiamo molte cose in comune ... come i libri e i cibi che odiamo. » L'aveva detto con un tocco di irritazione nella voce e un sorrisetto stampato sul volto, in fondo quelle parole erano vere; io e lui eravamo ugualissimi, in quei pochi giorni giorni estivi avevamo scoperto tutti i nostri punti in comune.

« Oh... » Disse grattandosi la nuca e abbassando lo sguardo, Alex era diventato rosso per l'imbarazzo. « ... scusatemi, avevo inteso che tra di voi c'era qualcosa. »

Scoppiai a ridere per dare a vedere che ritenevo tutto una barzelletta, a differenza di Massimo che mi guardava inorridito dal mio comportamento. « Io e... Massimo insieme? » Chiesi guardandolo negli occhi che finalmente aveva alzato dal pavimento. « É il nostro professore, Alex! » Esclamai con una punta di amarezza. " Anche se preferirei che non lo fosse " pensai mentre avanzavo un sorriso falso.

« Devo andare. » Massimo afferrò il trench adagiato su una delle sedie e se lo infilò. « É stato un piacere stare in vostra compagnia. » Disse sorridendo ad entrambi, voleva fare il calmo e cortese ma sapevo che dietro a tutto quello stava ribollendo per la rabbia.

«Anche io devo andare, Selena. Ti serve qualcosa prima che vada? » Chiese Alex avvicinandosi per darmi un bacio sulla guancia.

« No, grazie. Sto bene. »

Accompagnai entrambi alla porta e appena furono fuori dalla mia vista tira i un sospiro di sollievo, mancava poco per rovinare la vita dell'uomo dagli occhi color ghiaccio. Non volevo rovinare la sua carriera di professore ma allo stesso tempo volevo stare con lui. Ritornai in camera mia e mi buttai sul letto, di colpo quel luogo mi sembrava vuoto, senza vita, ricco di tristezza.

× × ×

I primi raggi del sole penetravano dalla finestra e mi avvisavano che era nato una nuovo giorno. Tirai le coperte sopra la testa, non volevo svegliarmi, andare a scuola, incontrare i miei amici e far finta che la vita andava avanti era davvero difficile. Misi piede a terra facendo attenzione a non inciampare nel tappeto ai piedi del letto, non mi ero ancora abituata da quando mia madre aveva deciso di posizionarlo lì non facevo che inciamparci dentro. Infilai le pantofole e mi recai in cucina dove trovai i miei intenti a preparare la colazione; papà intento nell'apparecchiare e la mamma nel preparare le omelette.

« Buongiorno. » Esultai entrando con un sorriso di felicità, avevo sempre amato far colazione con la famiglia al completo.

« Buongiorno, tesoro. » Mi salutò mio padre con un bacio sulla guancia, non si comportava così da un bel pò, più o meno da quando avevo dodici anni e non c'erano viaggi per l'azienda almeno due volte al mese. In quei periodi di solitudine capivo quanto fossero importanti per me, li chiamavo almeno due volte al giorno per raccontargli cosa succedeva, cosa che non facevo quando erano a casa, anche perché erano sempre rinchiusi nello studio e evitavo di disturbarli per cretinaggini.

« Così il ragazzo del Campo Estivo é il tuo professore ora? » Chiese mia madre mentre prendevo posto, si leggeva chiaramente sul viso che era dustrutta, le rughe si erano accentuate con gli occhi gonfi per le notti insonni e i pianti.

« Si. » Tagliai corto prendendo il piatto che mi aveva indicato. Non volevo parlarne davanti a mio padre, lui non lo sopportava infatti appena sentì la domanda gli occhi si chiusero e strinse la mascella in modo da trattenere quello che voleva dire.

« É un bel ragazzo. » Affermò la donna che mi aveva messo al mondo con un occhiolino. " Lo so e vorrei che non fosse solo il mio professore " pensai sorseggiando il latte che mi ero versata nel bicchiere.

« Non é male. » Dissi alzandomi per andare a prepararmi.

« Non lo finisci? » L'uomo seduto a capotavola mi guardò con fare interrogativo. " In verità non l'ho proprio iniziata " pensai tra me e me.

« No, sono in ritardo e questa mattina c'é il compito alla prima ora. » Inventai quella scusa per poter evitare l'interrogatorio che si prospettava in cucina.

× × ×

Camminavo come ogni mattina per la strada che conduce a scuola immersa nei miei pensieri, o quello che in quel momento mi dava il tormento. Avevo sbagliato con Massimo, non dovevo ridere di quello che c'era tra noi, ma l'avevo fatto semplicemente per allontanare Alex dalle idee che si stava facendo, non volevo che corresse dei guai per colpa mia. Ora si erano messi anche i miei con i loro dubbi; non riuscivo a dare una risposta ai miei figuriamoci ai loro.

Ormai ero arrivata davanti all'istituto che frequentavo da tre anni.

Scrutai tra i ragazzi la figura del mio principe, spalle scolpite, capelli arruffati dal vento e abbigliamento impeccabile. Feci per avvicinarmi ma era già in dolce compagnia, con la professoressa Martini. Come poteva ridere in quella maniera con una come lei? Ma l'aveva vista bene? Anche il cervello era siliconato.

Due braccia mi strinsero da dietro. « Raggio di sole, buongiorno. » Mi sussurrò all'orecchio, era Alex, l'avevo riconosciuto dalla voce.

« Giorno. » Ricambiai stringendo le mani che giacevano sul mio ventre. « A cosa devo tutto questo affetto? » Chiesi girandomi, dovevo guardarlo negli occhi e mi ritrovai di nuovo a una minima distanza dalle sue labbra.

« Sarà la felicità perché sei tornata a scuola, stare solo nel banco non é da me ... e poi da chi copiavo i compiti di matematica? » Mi guardò con un sorrisetto e io scoppiai a ridere. Non gli davo torto, i miei compiti erano anche i suoi, quelli che si potevano copiare.

« Lo so e io non riuscivo a stare senza la tua stupidaggine. » Avevo un sorriso da ebete stampato sul volto, mi piaceva stare tra le sue braccia, ma mai quanto tra quelle di Massimo.

In quello stesso istante i nostri occhi si incontrarono cercando di comunicarmi tutto l'orrore che provava nel vedermi tra le braccia di un altro, ma tutto scomparve con il suono della campanella.

Ricordati Di MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora