Una triste notizia

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"Perché?" digitai velocemente.
Nessuna risposta.
Iniziai a chiedermi se avessi lasciato trasparire qualche segno evidente di ciò che provavo o se lo avessi in qualche modo ferito, ma ero sempre stata attentissima a fare in modo che il nostro rapporto d'amicizia non subisse bruschi cambiamenti.
Mi addormentai.
"Domani sera ti passo a prendere e ne parliamo. Scusami piccola."
La sua risposta arrivó nel bel mezzo della notte, facendomi sobbalzare da quello che era un tranquillo sonno. Evitai di offenderlo pesantemente e rimandai i miei pensieri al giorno successivo.
Non badai più di tanto alla giornata scolastica, ero impaziente di capire cosa stesse accadendo con Ayrton ed ero allo stesso tempo spaventata. "Alessia Enni hai capito cosa ho detto?"
Annuii al professore che mi guardava con rimprovero.

"Allora sei pregata di spiegare alla classe la concezione che Ovidio aveva dell'amore."

Merda.
"Mi scusi professore, ero distratta.." ammisi con un filo di voce.
Si alzò in piedi con il suo modo di fare e abbassando gli occhiali iniziò a parlare dell'incombente esame di maturità e di ciò che ognuno di noi avrebbe dovuto affrontare non appena usciti da quella scuola.
Uscire da quella scuola era esattamente ciò che desideravo immensamente, era ciò che avrebbe reso la mia vita meno monotona e che avrebbe lasciato spazio da dedicare a me stessa e ai miei interessi.

Tornai a casa per l'ora di pranzo, Ayrton doveva aver finito il suo esame da almeno mezz'ora, ma non arrivó nessun messaggio da parte sua. Mia mamma sarebbe tornata di lì a poco e mentre ponevo le stoviglie nella credenza, sobbalzai allo squillare del cellulare. Ayrton.

Due soli squilli che non mi diedero il tempo di rispondere, poi staccò la chiamata. Richiamai ma rispose la voce robotica della segreteria.
Forse gli si è scaricato il cellulare, pensai mentre tornavo a mettere a posto la cucina.

Era passata quasi un'ora quando decisi di chiamare mia madre, che ancora non tornava a casa dal lavoro. Se avesse dovuto trattenersi, mi avrebbe certamente avvertita, pensai iniziando a preoccuparmi.

"Pronto amore" rispose mia madre con la voce spezzata, come se avesse da poco smesso di piangere.

"Che succede mamma?" chiesi allarmata.

"La nonna ha avuto un incidente, non ha superato il trauma" continuò piangendo "prepara qualcosa da portare con te, devi prendere il treno per Padova stasera." Staccò la telefonata.

Raggelai. Non riuscivo più a parlare, non pensavo più ad Ayrton, al suo esame o a cosa aveva per la testa.

Ero immobile, avvolta tra le coperte del letto, a fissare il vuoto.

La mia amata nonna non c'era più. Non avrei mai più goduto del suo profumo o delle storie che amava raccontarmi. Era volata via senza avvertirmi, senza neanche darmi un abbraccio più forte degli altri.

Mia mamma non disse nulla quando rientrò in casa. Prese una borsa e mise all'interno alcuni vestiti, il computer portatile e alcuni libri.

"Tesoro" si avvicinò al letto sussurrando "ho fatto fare un permesso perché tu possa restare a Padova per un mese, ma il tuo professore si è raccomandato che tu non rimanga indietro con il programma".

Non risposi. Non volevo ascoltarla, non volevo ascoltare nessuno.

Lei continuó a parlare "Ci sarà la zia a farti compagnia e appena papà torna in Europa, verremo anche noi e vedremo come fare con la casa." Mi diede un bacio sulla guancia e mi abbracciò.

"Perché é andata via senza dirmi addio? Mi manca." le dissi lasciando scorrere una lacrima sulla guancia.

"Mancherà tanto anche a me".

Passammo parecchi minuti in silenzio, abbracciate, finché qualcuno non suonò alla porta, facendo sobbalzare entrambe.

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