Cassaforte

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P.O.V. Alessia
Dopo quel giorno, tutti i miei social furono invasi da notifiche e messaggi di persone che desideravano conoscermi e avere notizie riguardanti la mia vita. Salvatore mi aveva consigliato di essere riservata e rispondere ai messaggi in maniera generica, evitando di dare importanza alle offese. Di certo, quel mondo era lontano dal mio, ma faceva parte di quel ragazzo per il quale ormai ero dannatamente perduta.

Ayrton aveva visto tutta la scena ed era rimasto entusiasta di fronte ad un gesto così coraggioso, ci aveva attesi fino alla chiusura della fiera e Salvatore si era proposto di pagare due stanze per noi nell'hotel in cui avrebbero alloggiato gran parte degli Youtubers italiani per tutta la durata del Romics.

Salvatore non era riuscito a resistere per più di minuto da solo in albergo, infatti decise di dormire nella mia stanza e, nonostante il letto fosse singolo, stavamo comodi e intrecciati l'uno all'altra. Era come tornare bambini e avere la certezza che c'è sempre qualcuno che ci ama che dorme proprio accanto a noi, e ciò mi faceva sentire al sicuro e invincibile a qualsiasi cosa di nascondesse nel buio.

Era il contatto che più mi era mancato in tutto quel tempo.

"Piccola" disse lui nel mezzo della notte, accorgendosi del fatto che non riuscissi a dormire.

"Mh?" mugolai, mentre mi sistemavo tra le sue braccia.

"Non riesci a dormire?"

Feci segno di no con la testa.

"Devo farti vedere una cosa. Lo so che potrei aspettare un momento migliore, ma non so quando ci rivedremo, non so neanche cosa accadrà domani, dopo la dichiarazione di oggi, quindi ascoltami" disse alzandosi bruscamente dal letto e facendo cadere tutte le coperte.
Lo sentii che si muoveva al buio per la stanza, alla ricerca di qualcosa.
"Trovato!" esclamò poi accendendo la luce.

Mi porse un piccolo ciondolo d'oro, a forma di mezza luna, decorato da piccoli disegni floreali. E iniziò a raccontarmi ciò che era accaduto: del ritrovamento di tre doni da parte di un nonno che non era il loro e dell'assurda convinzione che quel ciondolo avesse un legame con me.

"Ma come può essere legato a me?" chiesi osservando da vicino il piccolo oggetto.

"Credo c'entri qualcosa Rosalia, ho la sensazione che questo sia un suo altro indizio."

"Questo ciondolo ha una forma molto strana" constatai "ma non mi è nuova, l'ho già vista" risposi cercando di mettere a fuoco nella mia testa il ricordo a cui apparteneva quell'oggetto.

Non avevo mai visto indossare nulla di simile alla nonna, ma aveva un'aria familiare. Rigirai il ciondolo tra le dita, aveva una leggera sporgenza su un lato, sembrava quasi che chi avesse realizzato l'oggetto fosse rimasto a metà opera, senza concluderne la realizzazione.

Passai le dita nella parte più interna dell'oggetto, immaginando di tastare le cifre 750, tipiche degli oggetti in oro, ma trovai, al loro posto, una sottilissima scritta.

Mi avvicinai alla luce e cercai di interpretare ciò che vi era scritto, ma era troppo piccolo.

"Aspetta, ho un'idea!" esclamò Salvatore, dopo aver capito cosa stavo scoprendo. Si alzò dal letto e prese il cellulare "proviamo a scattare una foto, così da poterla ingrandire", disse ancora. Il flash mi accecò per un momento, ma fu un'ottima idea.

Padova, 1996, Via delle palme 77.

Sbarrammo gli occhi contemporaneamente. L'indirizzo inciso indicava un posto che conoscevamo bene: Il vecchio palazzo.

"Salvatore, credo che dovremmo tornare a Padova" annunciai nel silenzio di quella stanza.

Aveva ragione lui, forse quel ciondolo era davvero legato a me.

Non esitammo e non appena conclusi i giorni di fiera, partimmo.
Direzione: Padova.

I miei genitori, ormai esasperati, non si opponevano più alle mie decisioni improvvise e lasciavano che risolvessi da sola tutte quelle faccende dalle quali escludevo chiunque.

Il mistero che ci trovavamo ad affrontare era solo nostro, e nessuno all'infuori di Salvatore, poteva venire a conoscenza di quante cose ci unissero.

Non lasciamo passare un solo minuto, sapevamo entrambi dove dovevamo andare e non vi erano altri obbiettivi.

Il vecchio palazzo dal colore verde era esattamente come lo avevo visto l'ultima volta. Ero passata a dirgli addio, prima di tornare a Roma e lasciarmi alle spalle Salvatore, la nonna e tutto ciò che era legato a quel luogo.
Ed ora ero di nuovo lì, mano nella mano con quel ragazzo per il quale il mio cuore, forse inconsapevolmente, non aveva mai smesso di battere.

Il portone di legno era stato rivestito da un nastro rosso, forse ad indicare il fatto che fosse pericolante, ma nessuno aveva avuto la possibilità di accedervi e scoprire il nostro segreto.

La sala delle fotografie venne illuminata e i giochi di luce che creavano le bottiglie mi lasciarono ancora una volta senza fiato.

"Bene e adesso?" chiese Salvatore, guardandosi intorno.

Osservai ancora una volta il ciondolo che avevo indossato: una mezza luna d'oro cosa poteva avere a che fare con quel luogo?

Salvatore sembrò avere il mio stesso pensiero.

"L'unica cosa che ci lega a questo posto sono le fotografie di Rosalia" disse e gli brillavano gli occhi per la deduzione che aveva avuto.
Si diresse verso la parete illuminata e cominciò a toccare con delicatezza le fotografie della nonna, quasi ne volesse cogliere l'essenza. Le osservava, le accarezzava ed era commosso all'idea che tanta bellezza era stata realizzata da una donna come Rosalia.

Mi avvicinai, guardando le fotografie   da dietro le sue spalle per non disturbare le emozioni che in quel momento stava provando.

Ma nel momento in cui prese la terza fotografia mi accorsi di un dettaglio a cui non avevo mai dato importanza.

Una delle fotografie tra le quali più mi erano rimaste impresse rappresentava una bambina vestita di bianco, con un cappello dello stesso colore, che rideva su una spiaggia.

"Diceva sempre che le ricordava te" aveva affermato Salvatore la prima volta che ero entrata in quel posto.

Quel dettaglio della fotografia, quella mezza luna scintillante che portava la bambina al collo era esattamente la stesso che avevo in tasca.

"Guarda Sal!" esclamai, e nel farlo staccai la foto dalla parete, mostrando ciò che vi era nascosto dietro.

Una scatola metallica di un nero lucido, grande quanto il palmo di una mano, era incastonata nel muro. Esattamente al centro di questa vi era una serratura antica, dalla forma smussata.

"Alessia é una cassaforte!" esclamò eccitato Salvatore.

"Guarda come é strana la forma della serratura" constatai con la sua stessa emozione negli occhi.

"È un serratura antica, non se ne vedono più in giro da almeno cinquant'anni. Ma la domanda é: come l'apriamo?"

Guardai la foto che avevo ancora in mano. Quella mezza luna non poteva essere un semplice ciondolo che ci avrebbe portato ad una cassaforte inaccessibile.

Lo tirai instintivamente fuori dalla tasca e lo inserii nella serratura, i due pezzi combaciavano.

Si sentì il suono metallico dell'apertura.

Quella mezza luna era la chiave di un piccola cassaforte al cui interno, forse, avremmo trovato le risposte a tutte le nostre domande.

Ciao albicocche, siamo quasi alla conclusione di questa fanfiction, il mistero è quasi svelato. Siete pronti? Lasciate le stelline e tanti commenti su ciò che pensate per supportarmi e al più presto esce il prossimo capitolo.

Un bacione ❤❤

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