Fotografie

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"Quest'uomo é mio nonno!" esclamó il padre di Salvatore, osservando attentamente la fotografia che avevo visto nel corridoio. Sorrise compiaciuto mentre riponeva con cura la cornice al muro.

"Sai anche chi é questo bambino, papà?" domandó Salvatore estraendo dalla tasca la foto di Rosalia.

Il padre fissó quella seconda fotografia e interrogó con lo sguardo il figlio che aspettava attento.
Dopo qualche istante di assoluto silenzio, l'uomo inizió a camminare in direzione della cucina.

Salvatore ed io ci guardammo contemporaneamente, mentre suo padre tornava con in mano una cartellina gialla "seguitemi" disse  semplicemente conducendoci verso quello che era il suo studio.

Entrammo in una piccola stanza dalle pareti gialle, nella quale vi erano scaffali ricolmi di libri, al centro un tavolo e quattro sedie attorno. Salvatore invitó a sedermi accanto a lui.
"Guardate qui" disse il padre svuotando il contenuto della busta che aveva in mano.
Circa una decina di fotografie in bianco e nero caddero sul tavolo. Tutte ritraevano due neonati con indosso abiti da cerimonia.
"Questo sono io" disse indicando una fotografia in cui i bambini erano seduti su una poltrona, avvolti da braccia che li sorreggevano "e questa é la bambina della vostra fotografia."

"É una bambina" sussurrai fissando le foto. Ed era legata alla famiglia di Salvatore.
Turbata cercai le sue mani, ma Salvatore le stava torturando, era nervoso anche lui.

"Chi é questa bambina?" chiese guardando il padre.
L'uomo stette qualche minuto in silenzio, poi abbassó lo sguardo per posarlo sulle fotografie.
Cercava di prendere tempo, ma per cosa?

"Papà?" insistette il figlio.
"Non lo so" rispose lui combattuto "appare in tantissime foto, ma non mi hanno mai saputo dire chi fosse" accarezzó una delle foto come se fossero di un valore inestimabile " non so se era una amica, una cugina, una sorella. Ho solamente queste" alzó le spalle e uscí dalla stanza in silenzio.

"Sal ecco perché la nonna vuole che mi aiuti! Queste persone sono legate anche a te!" dissi entusiasta all'idea di scoprirne di più.

Salvatore era pallido. Continuava a fissare il tavolo, immobile e tremava.

"Stai bene?" chiesi porgendomi verso di lui.
Non rispose.
"Sal?"

"Lasciami stare" disse lui alzandosi di colpo.

C'era qualcosa che non andava nei suoi occhi.

"Lascia che ti aiuti" dissi avvicinando le mie mani al suo volto.

"Alessia, vattene" disse dopo qualche istante, allontanando bruscamente le mie mani.

Cosa? Guardai quegli occhi scuri, che tanto avevo amato, fissarmi con rabbia.

"Ehi che ti prende?" cercai di dirgli con dolcezza.

"Ho detto che devi andartene via!" urló lui, con lo sguardo di ghiaccio.

Il mio cuore sussultó.

La persona che amavo mi stava chiedendo di andare via e io non capivo.

"Perché?" pronunciai ancora, con le lacrime agli occhi.

Non rispose.

"Sal, perché?" dissi ancora.

"Non tornare mai più" rispose lui, senza dar peso alle mie domande, con il tono di voce di chi é sicuro di ciò che dice.

Non capivo.
Sentivo come se stessi morendo dentro. Con le sue parole, tutto il mio mondo mi crollava addosso.

Salvatore mi chiedeva di andarmene e non voleva darmi spiegazioni.

Non mi degnó neanche di uno sguardo, ma entró nella sua stanza e chiuse la porta sbattendola.

Il silenzio pervase quel luogo.
Non riuscivo a parlare, non volevo piangere, ma il tremore del mio corpo giustificava qualsiasi altra azione.

"Ti accompagno io" disse gentilmente il padre di Salvatore che aveva assistito alla scena dal corridoio. Annuii silenziosamente, incapace di fare altro.

Ma cosa gli era preso?
Osservai, fuori dal finestrino dell'automobile, gli edifici scuri che scorrevano davanti a me.

Fino a poco prima i suoi occhi erano colmi di felicità per il viaggio che avremmo affrontato assieme a Milano. Forse aveva scoperto qualcosa di cui aveva paura?
Non lo avevo mai visto reagire così, eppure avevamo trovato solamente delle fotografie.

Erano migliaia e confuse le domande nella mia testa, ma, quando il breve viaggio per le strade buie della notte si concluse e arrivai nuovamente a casa della nonna, compresi una cosa: non potevo più restare a Padova.

Senza Salvatore, quel luogo non era più la mia casa. Lí dove erano le sue mani, i suoi occhi e le sue labbra stavo bene, ero felice.
Ma lui non mi voleva.
Lo aveva detto chiaramente e io non potevo far altro che andarmene.

Alzai lo sguardo verso la finestra: Ayrton mi accoglieva a braccia aperte e con lui, l'indomani, il treno verso Roma.

É iniziato settembre sigh 😵
Commentate qui sotto per farmi sapere che ne pensate di questo capitolo anche se ho impiegato l'eternità a scriverlo e a pubblicarlo.
Un bacione albicoccoso a tutti ❤ e se volete aiutarmi a creare una sorta di trailer di You inviatemi su Instagram video in cui abbracciate Surry oppure qualche suo video/foto che vi piace particolarmente.

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Ps. Questa cosa mi rende molto felice:
sono diventata staffer in un server di Minecraft mc.skygear.it (se non erro é il settimo nella classifica dei server Minecraft Ita). Se volete giocare con me, mi trovate lí tutte le sere.

Ok, ho finito. Un bacio ❤.

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