Capitolo 2 - Una svolta inaspettata

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Mi sveglio e noto di essere stata messa nel letto di Ambra. Non so esattamente quanto tempo sia passato, ma fuori è già notte. Vicino alla finestra vedo la figura di Ambra nella penombra, mi dà le spalle e guarda fuori. Non credo si sia accorta che sono sveglia. Il suo sguardo è diretto alla luna e lei sembra quasi normale. Poi il mio sguardo si posa sulle sue mani, noto che stringe il ciondolo della nostra collana, il simbolo del nostro vecchio legame, un "Richiamo degli angeli". Fu un regalo di nostra madre, li indossava mentre attendeva con ansia la mia nascita e cinque anni dopo quella di mia sorella.

«Perché lo porti ancora? Lo sai che non significa più nulla, non dopo quello che hai fatto.»

Il mio tono di voce è calmo, voglio davvero sapere perché non se ne è sbarazzata.

«Lo so, ma mi ricorda quello che ho fatto e quello che ho perso - mi guarda - o che credevo di aver perso»

«Mi hai detto che non sapevi fossi sopravvissuta. Quindi non sei stata tu a trasformarmi?»

So la risposta, ma voglio sentirmela dire da lei.

«No. Ho sempre creduto di averti uccisa e persa per sempre.»

Anche se lo sapevo, fa comunque un po' male, ma ignoro la sensazione e cambio argomento:

«Chi è il bambino?»

«David è qui per caso. L'ho trovato una sera e non se n'è più andato.»

«Che cos'è?»

«Non lo so. Lui è diverso e basta»

Se almeno avessi saputo che cos'è, avrei potuto cercare un modo per ucciderlo e poi mi sarei occupata di Ambra.

«Non puoi uccidermi» afferma tranquilla.

Sembra leggermi nel pensiero e la cosa mi infastidisce.

«Prima voglio che tu sappia la verità» e nei suoi occhi scorgo la disperazione di chi cerca perdono.

«Io non voglio sapere niente da te. Come devo dirtelo? I miei occhi hanno visto la verità, io ero lì. Mi hai uccisa. Hai ucciso nostro padre. Non mi serve sapere altro.»

La voglio morta e non le darò la pace che cerca. Non posso ucciderla oggi o nei prossimi settant'anni? Bene, aspetterò il momento buono e quando quel bambino non ci sarà più, io ritornerò e completerò ciò che non sono riuscita a finire questa sera.

«Tu non saresti dovuta essere in casa. Perché non sei andata al tuo maledetto appuntamento? Perché sei rimasta a casa?»

Mi guarda e sembra sincera. Quindi secondo la sua versione, io sarei una vittima collaterale. Strano, ma non mi sento meglio.

«Quel giorno mi sentii male. Tornai a casa giusto in tempo per partecipare al tuo massacro party.» le do la spiegazione che non credo meritasse.

«Non volevo che tu mi vedessi così. Non era mia intenzione uccidere anche te. Ma ero stata trasformata da poco ed ero molto arrabbiata, non capivo nulla. Potrai mai perdonarmi per quello che ti ho fatto?»

Nella mia mente esiste una sola risposta e la dico a voce alta e senza indugi:

«No»

Penso che se lo aspettasse, ma noto comunque un velo di tristezza coprirle lo sguardo.

Ora che le chiacchiere sono finite, cerco di alzarmi dal letto, ma la ferita allo stomaco stranamente non è ancora guarita e il dolore è lancinante.

«David ha esagerato, mi spiace. Quella ferita guarirà più lentamente. Secondo lui, dovrai rimanere a letto circa tre giorni per rimetterti completamente.»

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