Capitolo 8 - Shopping in compagnia

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Sento un urlo provenire dal giardino. Apro gli occhi e vedo dalla luce che entra dalla finestra che è già mattino. L'urlo è seguito da alcuni passi veloci che salgono le scale. Infine la porta della mia camera si apre con forza. Devo dire che è proprio una bella camera con un grande letto matrimoniale, lenzuola e pareti blu, mobili in legno e un pratico comodino, nel cui cassetto ho già messo uno dei paletti che era nella sacca. Meglio essere sempre preparati.
Ambra ha il volto rosso, le narici leggermente allargate e mi urla contro, ma é mattina presto e ho troppo sonno, sento solo parti di ciò che mi dice:
«Cosa hai fatto! ... - ... Nuova! ... - ... sei proprio una bambina!»
L'ho fatta arrabbiare di nuovo... E dire che al nostro primo incontro sembrava così matura, quasi pronta a farsi uccidere da me. Deve essere stata la sorpresa iniziale nel vedermi viva. Mi lancia le chiavi della sua auto e capisco: ha visto la larga ammaccatura sul suo gioiellino rosso. Vorrei dirle che la colpa è di Tyler che si è fatto investire, ma non lo faccio, preferisco tenere questo dettaglio per me.
«È tua ora, contenta?»
Chi sarebbe la bambina?
Le sorrido ancora mezza intontita e con gli occhi socchiusi; lei non sa più che dirmi e se ne va sbattendo di nuovo la porta.
«Buongiorno anche a te!», le urlo dietro e ritorno a dormire.
Rimango a letto il più possibile, finché non sento di essere rimasta da sola in casa e in venti minuti faccio tutto quello che Ambra ha fatto in un'ora. Mi lavo e indosso una mia maglietta rossa con in nero scritto "I don't bite ugly people" e dei jeans. Forse dovrei indossare qualcosa di più adatto, ma in realtà mi piace e ad essere sincera è anche l'unica maglietta di ricambio che ho portato con me. Non mi va di mettere di nuovo qualcosa di Ambra, noi due abbiamo gusti diversi. Decido quindi che oggi pomeriggio dovrò fare compere.
Quando esco di casa è già tardi, ma non è un problema cisto che ora ho un'auto e in tre minuti raggiungo la scuola, giusto in tempo per sentire la campana suonare e indicare l'inizio delle lezioni.

***

Sto controllando i corridoi insieme a Will durante la pausa pranzo, ma in giro non c'è nessuno. Siamo soli e lui decide di riempire il silenzio:
«Come mai hai deciso di venire qui a lavorare?»
"Lavorare" credo che i miei studenti non userebbero quella parola per descrivere ciò che faccio durante le ore di lezione, ma gli rispondo:
«Perché no? É un posto carino... Poi è tutto così tranquillo qui», su questo non può ribattere. Non appena lo dico mi appare tra i ricordi il volto teso e preoccupato della segretaria Jeannette che cercava di insabbiare le vecchie storie sull'insegnante di matematica. Forse potrei chiedere a Will.
«Tu sai cos'è successo al signor Peterson? Insomma, com'è morto?».
Mi guarda stupito.
«Strano che tu non lo sappia ancora. Qui ha fatto scalpore. Si vocifera che qualcuno lo abbia spinto, ma secondo me è semplicemente caduto da quelle scale. - e con il dito mi indica il punto dov'è morto - Era un bravo insegnante, forse un po' severo, ma in questa città non succede mai nulla, per questo alla gente piace immaginare che sia stato uno studente ad ucciderlo» dissente con la testa, sembra disapprovare questo tipo di pettegolezzi.
«Cercherò di alzare un po' i voti al primo test, non vorrei fare la stessa fine», lo faccio ridere e dubito abbia capito che sono seria. Non alzerò i voti per paura di una ritorsione, ma perché decisamente non ho voglia di ricevere genitori infuriati e sicuri che il loro pargoletto meriti il massimo.
Passiamo davanti alla bacheca della scuola e il mio sguardo si sofferma su un volantino giallo lì appeso. Anche Will seguendo il mio sguardo lo nota:
«Sì, stasera c'è un'altra festa. Ogni venerdì gli studenti ne organizzano una. Immagino lo facciano per non suicidarsi dalla noia. Sai, a volte anche noi professori ci andiamo, almeno noi quelli più giovani, ma non aspettarti che i ragazzi ti trattino come qui a scuola».
Non ho visto altri professori giovani oltre a lui, però è anche vero che non li ho ancora conosciuti tutti. Per esempio ho conosciuto quello di musica, è così vecchio che le rughe sulla fronte gli si accumulano sulle sopracciglia, questo gli conferisce un aspetto perennemente arrabbiato, però in realtà è molto gentile. L'insegnante di teatro, se tale può essere definita, è peggio di me, non fa nulla se non vantarsi della sua carriera d'attrice. Mi ha raccontato che si è ritirata a causa dell'età, ma sono convinta, e gli studenti come me, che non trovasse altro lavoro. Il culmine della sua carriera lo ha raggiunto facendo da comparsa in un film, quindi non ha molto da raccontare e ripete sempre le stesse cose fino alla nausea. Infine, ma non ultimo, l'arzillo professore di tedesco. É così vecchio che si crede abbia vissuto in prima persona entrambe le Guerre Mondiali e si dice che sia scappato dalla Germania perché inseguito dai soldati tedeschi che lo volevano uccidere.
«Chi c'è di giovane oltre a me e te?»
Non gli sfugge il mio sguardo incredulo e ride divertito prima di rispondermi:
«L'insegnante di educazione fisica, Dean Anderson, che si occupa anche della squadra di football e poi c'è la signorina Julia Calero di spagnolo. Allora che fai, vieni questa sera?»
«Certo, non ho niente di meglio da fare»
«Ottimo! Ci sarà anche da bere gratis!»
Ci conto.
Al suono della campanella ci salutiamo e visto che per oggi ho finito mi dirigo verso l'auto. Se stasera c'è una festa mi servirà comprarmi qualcosa di decente, un motivo in più per andare a comprarmi qualcosa. Gli unici negozi che ho visto in questa città sono quelli in cui erano entrate Ambra e le sue amiche il giorno in cui le pedinai, ma mi chiedo se esista un centro commerciale da qualche parte fuori città. So anche esattamente a chi chiedere. Mi avvicino a David che sta tornando a casa.
«Ciao, per caso sai dov'è il centro commerciale più vicino?»
Sembra non volermi rispondere, poi vede la mia maglietta.
«Si, a mezz'ora di auto da qui»
Più vicino di quanto credessi.
«Perfetto, sali, tu vieni con me. Mi farai da navigatore» e inizio a trascinarlo verso l'auto.
«Scordatelo», si libera dalla mia presa. Lo afferro di nuovo e mi rendo conto che da lontano potrebbe sembrare quasi un rapimento.
«Hai di meglio da fare? - gli chiedo, ma so già la risposta - Dai, se vieni ti compro un libro».
Lo convinco, perché finge di pensarci e infine accetta:
«Vengo, ma smettila di trattarmi come se fossi un bambino. Sono molto più grande e forte di te»
«Bla, bla, bla... Si, ho afferrato. Ora sali in auto»
È chiaro che non è un bambino, ma non riesco a trattarlo come un adulto. Dovrà abituarsi, oppure dimostrarmi di essere davvero maturo come dice, ma finché accetta di venire con me in cambio di un libro, io lo tratterò come gli spetta.
Una volta in auto e partiti, metto la radio, ma lui la spegne. Ovviamente io la riaccendo e alzo il volume al massimo.
«Possiamo spegnerla?»
Gli faccio segno che non lo sento.
«Molto divertente, davvero. Hai l'udito da vampiro, ricordi? So che mi senti»
Con la testa gli dico di no e poi ritorno a guardare la strada, non vorrei che sbucasse un Tyler selvatico.  Guido abbastanza veloce e in meno di mezz'ora siamo arrivati.

«Qui a destra» e poi David mi indica anche dove parcheggiare.

«Visto che quando vuoi mi senti»

Se l'è presa così tanto?

«Si, ma è divertente prendermi gioco di te», glielo dico come se fosse una cosa ovvia e per me lo è.
«Prima o poi capirai che con me non si scherza»
«Forse. Ma per farlo dovrai uccidermi davvero, visto che pugnalarmi non è bastato» e allegra scendo dall'auto.
Come immaginavo qui è pieno di negozi, ne scelgo uno a caso e ne scelgo alcuni da provare. Man mano che il tempo scorre, David sembra sempre più annoiato e pronto al suicidio, quindi tento di fare conversazione da dentro il camerino:
«Allora, verrai alla festa di stasera? Mi hanno detto che ci sarà molta gente»
«No, non mi interessa», la sua risposta secca era esattamente quella che mi aspettavo.
«Insomma, sei un vampiro così vecchio che hai perso la voglia di vivere? Potresti spiegarmi perché te ne stai sempre sulle tue?»
«Quando raggiungerai la mia età, capirai che molte cose non hanno senso e ti staccherai da quella che tutti chiamano realtà. Sarà come vedere un film. Lo guardi, ma non lo vivi davvero e la sua durata è minima»
Credo che ciò che sta dicendo sia in un certo senso profondo.
«Quindi hai deciso di disdire il tuo abbonamento a Netflix?»
«Possiamo dire di sì, anche se hai completamente rovinato la mia metafora», ma da come lo dice non ne sembra dispiaciuto, anzi penso stia sorridendo.
«Invece tu quando avevi intenzione di raccontarmi del tuo nuovo potere?», ora è lui a farmi una domanda.
Allora ieri sera a cena lo sapeva.
«Be' prima volevo capire di che si trattasse» gli rispondo sincera.
«E vedo che ci sei riuscita» 
«Si e mi piace molto. - esco dal camerino e porto con me gli abiti da pagare in cassa - Per caso sai quanto durerà?»
«Credo un tre giorni vista la poca quantità che hai bevuto. Quindi domani non dovresti più essere capace di usarlo»
Peccato, mi piaceva così tanto.
«Potresti sempre offrirmene dell'altro», azzardo sorridendo.
«O posso ucciderti ora»
«Certo che sei proprio permaloso», gli dico mentre consegno i vestiti alla cassiera del negozio. Poco prima di pagare vedo una bellissima felpa verde da uomo e so che starebbe davvero bene a David.  Perfetta con il colore dei suoi occhi.

«Anche questa grazie» decido mentre aggiungo la felpa nella pila.

Dopo altri sei sacchetti di vestiti, ci dirigiamo in libreria. David sa esattamente quale libro vuole e va subito a cercarlo. Prende una copia nuova di "Alla ricerca del tempo perduto" di Proust, un vero mattone secondo me, ma glielo compro.
«Posso sapere come hai guadagnato i soldi? Io di solito soggiogo la gente e me ne vado», mi chiede David mentre usciamo dal negozio.
«È più semplice non pagare, ma poi quei soldi ce li rimettono le impiegate dal proprio stipendio. Ho trovato un lavoretto che mi permette di guadagnare abbastanza. Uccido altri vampiri»
Ho tutta la sua attenzione e continuo:
«Ci sono alcuni di noi che vanno fuori di testa. Io sono pagata da altri vampiri o da persone che sanno della nostra esistenza e che ne vogliono morto uno in particolare»
«Insomma sei una specie di cacciatrice?»
«Preferisco definirmi come una specie di sicario direi, dopotutto vengo pagata»
Risaliamo in auto e torniamo in città; questa volta tengo la radio spenta, ma lui mi stupisce e l'accende. Gli sorrido felice e lui si gira in imbarazzo verso il finestrino.
«Grazie per il libro», sussurra piano, ma nonostante la musica riesco a sentirlo lo stesso.
Arriviamo a casa quando ormai è buio e giusto in tempo per vedere Ambra, ben truccata e vestita, uscire mano nella mano con Mark. Non appena mi scorge aumenta il passo e corre a mettere il suo amato in salvo nella Jeep. La ignoro ed entro con i miei nuovi acquisti seguita dopo poco da David. Lui accende la luce e si siede tranquillo sul divano, comincia subito a leggere. Lo guardo divertita e salgo su a sistemarmi per la serata. Dopo una mezz'ora sono pronta, scendo e saluto David. Lui alza lo sguardo, ma invece di continuare a leggere, chiude il libro e mi avvisa:
«Vengo anche io»
Sono sorpresa di sentirglielo dire, ma ci contavo e gli lancio la felpa che gli ho comprato.
«Solo se ti cambi, non ti porto vestito cosi. Come mai hai cambiato idea?» gli chiedo dubbiosa.
«Sono sicuro che hai qualcosa in mente. Sarò lì per controllare e impedirti di fare niente di stupido»
Credo che l'unica cosa stupida sia la sua scusa per uscire, ma se gli serve ad autoconvincersi, che faccia pure. Usciamo insieme, però solo io mi preparo ad una serata piena di alcool e prede facili. David ha ragione, ho in mente qualcosa, peccato che lo scoprirà troppo tardi.

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